Invidio il vento

Elegia al cadere


  «E noi che la felicità la pensiamo in ascesa, sentiremmo la commozione, che quasi ci atterra sgomenti, per una cosa felice che cade» (Rainer Maria Rilke,Elegie Duinesi, X, 110-114)Elegia al cadereAllora so: del caos delle paroledel perchè cadano davanti ad un'energia nuovadel perchè cadano gli amanti e i testimoniAllora so: di quel caos la rivelazionecome dalla rupe sulla scogliera l'amante trova paceAllora so: di quel che prima non era statodella felicità che succedeva al caos prima datoAllora so: di quello sfrecciare di un aneurisma sulla stataledi quello sguardo che passeggiando si apriva all'immensità del mareAllora so: che è cadere che voglio in questo abissoNella felicità schiantarmi come rocce dalla rupeAllora so di quando cosa ch'è felice cadee a quel cader io mi consegno per trovarmi poi smarritodi simurgh che non sa mai, quando parte, del come infine poi gli vadano a finireDella violenza la forza, quel devastare che il sentimento, nell'irrompere, sconquassa. Di quel silenzio il frastuono che poi infine placa. Le parole sono suoni, almeno per me, tante volte che vanno oltre i significati e cercano il loro potere nel saper evocare. Come puo esserlo un quadro per esempio. Un'imprecisione che dilata e che sa trovare nell'altro, che incrocia ed attraversa, una sorta di assonanza, un sentire che va oltre il senso, per farsi infine solo incontro. Quasi come se le parole fossero solo un  pretesto che ti porta piu in la di esse, in un altrove dove ci si ritrova con emozione.."Allora sò che quando cosa ch'è felice cade". Di quel cadere voglio dire. Di Rilke, per dire, di quelle parole innanzi tutto è la potenza che avverto, prima ancora del loro senso. In fondo a me basta questo: l'emozione che avverto senza parole che dentro mi esplode. Beh, esplode dai diciamo che son come quelle micciette che gli si da fuoco a capodanno. Piccole illuminazioni sulla via per Damasco.