Invidio il vento

Origami


Questa è una storia vera. Vera nel senso che una collega mi racconta di questo parente di suo marito, questo Andrea di Napoli che adesso è un artista dell'origami. Diciamo che tutto l'ambaradan sull'origami che ho in testa, inizia da questa storia. Mi dice che questo è diventato famoso e a casa non ne sapevano niente. Mi dice che studia giurisprudenza e che il padre è un avvocato. Lui fa una mostra a Napoli e la sorella per caso lo legge sul giornale. Torna a casa e scoppia lo stupore. Ma come? Allora io me la sono immaginata cosi:Stava molte ore chiuso nella sua camera. Un bravo bambino, taciturno, timido, ubbidiente; diceva di lui la madre. Studia. Lui leggeva le avventure di Stevenson, di Salgari, di Mark Twinn.Teste piene di sogni che nascondeva. Guardava la strada dalla finestra.Le grida dei bambini che giocavano gli incutevano timore. Gli piaceva star da solo. Nella sua camera.Il suo mondo segreto era in uno scrigno, protetto, dentro là.
Giocava con la carta. Se ne accorgeva la madre.Da un manuale della sorella aveva imparato l'origami.Temeva quel padre suo severo.Il padre, d'altro canto, lo considerava inetto.Non combinerà granchè nella vita.La madre diceva, vedrai, si farà. E' un bambino timido.Non avrebbe mai avuto il temperamento del padre. Un noto avvocato.Il suo mondo era protetto da ringhiere, terrazzi, balconi, porte chiuse, cassetti, silenzi, marmi e legni in cui scivolare con le pattine. La mamma aveva sempre mal di testa.
La sorella si era allontanata in un mondo che cresceva e lei si faceva femmina.Mentre giocava con la carta gli sembrava che le dita gli parlassero, o lo stessero ad ascoltare. Un confine labile con il silenzio. Nella sua testa c'era tramestio. Un'ininterrotto sciame di immagini trasognate che confluivano una nell'altra e lui ne avvertiva il gorgo. Ci stava bene in quel suo ovattamento. Anche a scuola, trafficava con le dita sopra fogli di carta. Piegava, dava forme. Era ipnotizzato e concentrato in quella fenomenologia della piega e, nel cercar nella piega la forma astraeva. Una doppia dimensione. Concentrato su quel che dicevano a scuola ma, le sue dita parlavano per conto loro. Lui le lasciava fare.
Nella sua camera si accumulavano queste creature a cui la madre non dava peso.Non le capiva, cose di carta accartocciata, piegata, sormontata. Ogni tanto gli chiedeva cosa ci facesse con tutta quella carta. Fu iscritto a giurisprudenza. Di certo non fu lui che scelse.Il padre pretendeva di dargli un indirizzo e poi tenerlo "sotto di sè".Male che andasse, c'era sempre qualche pubblica amministrazione in cui imboscarlo.Adesso ha tren'anni Andrea. Lui non credo riuscirà a laurearsi ed avere l'abilitazione.Adesso non è che gliene importi granchè.Deve seguire una grande mostra a New York. Ha questo pensiero dentro di sè, una preoccupazione.Dovrà farlo per il padre, laurearsi. Deve, non ci son requie.Quando fece la sua prima mostra, a Napoli, nessuno a casa sapeva niente.Un giorno arriva a casa la sorella e dice a sua madre:" Ma tu lo sapevi che c'è una mostra di Andrea al palazzo tal dei tali?". La madre sbigotttita: "Una mosta? Andrea?". Panico e commozione. Andea un artista? Senza dire mai niente. Non sò come la prese il padre. Adesso,con i suoi origami, viene commissionato da grandi architetti, per decori, soffitti e archi, nicchie e quant'altro.   
Ci sono lupi in mezzo alle parolepiegate d'attesedi sconfitte e di reseringhiano torvesenza via di scampoe i bambini cercano una tanadove diventaretuono e lampoParole piccoleche hanno suonoper spaventare il lupol'orso e il mariuoloParole sempre più piccoleche il bambinoPuò anche taceressssssssssssshfai solo disegniparla con le dita(simurgh)