Invidio il vento

La guarnigione


 La guarngione si forma, reclutata negli avamposti, al tavolo fuori, sotto la tettoia del Foster, una combriccola, come fossimo all’Urbe, in una corte pretoria, uomini assolti. Io dico di Clint Eastwood, di Charles Bronson, anche se non abbiamo un sovrano, ognuno per sè, cercando il braccio sulla spalla dell’altro.  Quando serve, quando ce n’è bisogno. Pochi, sparuti, come incursori. Ad ognuno un’assalto, ad ognuno la difesa delle sue piccole frontiere. Un manipolo specializzato, come i frombolieri siriani o gli arcieri arabi. Un nucleo radunato sotto un vexillum. Pensavo a questo mentre parlavano tra loro. Uno aveva una storia, la raccontava. Stanotte dopo l’una, steso sul letto mica dormiva. Sentiva dei fruscii li fuori, rumori maldestri, stranei e s’era allertato. Matteo è un uomo della palude. Ha dato un’occhiata dal balcone. Due nell’ombra gli stavano ciurlando la benzina dalla macchina con una tanica. Allora pian piano è sceso, ha bussato al cognato, dalla porta di dietro. Un cenno con la testa, poche parole. Li hanno presi alle spalle. Neanche il tempo di dire bah. Matteo che nel giorno aveva lavorato in giardino, aveva preso su il badile appoggiato al muro. Erano due albanesi con una Bmw nuova di palla. Lo verrà a sapere dopo, quando arriverà polizia e carro attrezzi. Con il badile in mano, Matteo, 30 anni, sposato da poco, e con una bambina di pochi mesi, quando l’albanese si accorge, lui è gia partito con il colpo. Una badilata sulla gamba gli butta fuori l’osso dalla carne. Si vis pacem, para bellum.L’altro gli si dirige contro. Parte un altro colpo di badile. Lo prende sul muso, di fianco. Per fortuna di striscio. Gli avrebbe staccato la testa sennò. Domani sarà sui giornali. Per noi era un’eroe questa mattina.
In una scaglia d'estate, ad infilar perle di sangueSentirsi un manipolo con il suo abiuroStabilavamo le variabili dell'assonanzaHo pensato alla nostra fede politica. L’architetto ed io comunisti (se cosi si puo dire) Gli altri fascisti, ma non son cose che tra noi pesino o valgano.Mi viene in mente "Chagi-Murat", di Tolstoj. Un racconto, un breve romanzo. E la guerra dei Russi ad occupare la Cecenia nella metà dell’ottocento. “Non abbiamo mai visto gli occhi dei montanari ceceni, lustri come more mature, o simili a quelli degli agnelli: non abbiamo mai ascoltato questa allegra sinfonia di voci, di urla, di sguardi accesi, di spari di carabine urlanti e crepitanti come cosa viva, non abbiamo mai conosciuto quest’aria fresca, pulita e trasparente, che rende vivissime queste catene nevose”Allora vai al bar, ti siedi con quelli della tua legione, gente che si vede cosi, per bisogno di cortile, di registrare affinità, sintonia, forme rudi di affetto, a loro modo cosi pudiche nel manifestarsi, specifici rituali. Legami che avverti formarsi e compattarsi e allora quella sorta di cameratismo, in cui si riconoscono le gerarchie, i temperamenti, i ruoli di ognuno. Una consorteria che, se non ci troviamo, mi mancano mi accorgo."L'acqua è insegnata dalla seteLa terra, dagli oceani attraversatiLa gioia dal doloreLa pace dai racconti di battagliaL'amore, da un'impronta di doloreGli uccelli dalla neve"(Emily Dickinson)