Invidio il vento

Tornare pesci


 Guardavo l’acqua uscire dal rubinetto primaEro li per lavarmi le mani ma mi son incantatoChe genere di incantamento era? mi son chiesto poiSon stato fermo con le mani appoggiate sul bordo del lavandinoL’acqua, ho pensato, qualsiasi sia la fonte, provoca evocazioniinondazione dal pleistocene interioreIl fluido scorre e porta via, sicchè c’è un’assenza, in fondoquesto pensavo-All'eterna fluida che ci ha generato da quando il vagito non aveva la forza diesistere fino a nutrirci- I pensieri sono schegge innumerevoli e sfuggentiUna cerva che si abbevera, una ninfa che protegge la fonte,l'anguana che muove i suoi fianchi a pelo d'acquaun sasso tirato , un laghetto con dentro una balenail nuotatore di Cheever che attraversa le piscine della conteail toro che insemina la schiuma del mare da cui nascerà Venereio come Celine che guardo le navi entrare e uscire dal portola sorgente carsica del Timavo dove gettavo simboli d’amore……Guardavo l’acqua uscire dal rubinetto ed ero in questo stato di contemplazionedi rapimento e assenza, sperdimentopochi secondi e millemila frammenti mi attraversavano con un secchioMi pareva di immergermi dalla rivaprovenendo dal deserto, affondavo il visoImmergermi, ecco, come un tornareTornare pesci
Vieni anche tu, le ho dettoil desiderio andava al buco del lavandinodove tutto rifluiva, inghiottito nelle profonditàtu mi venivi dentro come fosse il tuo destinoio ad accoglierti e con te sprofondaredentro quel gorgo, gorgogliare spasmi d’amorepercorrere assieme tubi e scarichi nei muriSfociare insieme condutture e acqua dentro il fiumePochi secondi questa cosa infine è durataAncora adesso sento il tumulto del torrente tra i sassiAcqua e acqua, come il fiume e il mareAcqua e acqua dello stesso fiume pureLa congiunzione, il mescolamento, un unico elementoForse una cosa sola infine. Sentire sempre questo di te inondareAnnegami, annegami! Fai pureScioglie lingue  l'acquaToccata piano con una sola manoGeme.....amenVeniva giu l'll monaco  per l'll chiostro vecchio come l'acqua fluttuava la sua veste di silenzio
" Come bagnarci la linguanell'acqua di scolo dei poetiora che il giorno lo scagli nel fiumesasso dopo sassoDeve venire la gioia,sollevando le cortine da sopra gli occhiconfusi: quello che tu hai cercato" (Elia Belculfinè) E cosi ci trovammo dentro il buco di scarico del lavandinostretti in noi come sardine, ci cadevamo dentro, vorrrticando Forme viventi appaiono e svaniscono, grottescheSe le osserviamo con meraviglia ci cambianoCi cambiano perchè le osserviamoLa nebbia inventa l'immaginazione
 I'll, cosi si chiamava, era stretta a mein quel vortice che durò non so quantola trasformazione avvenne senza indugiproclamando il ritorno alle ere perdutele squame d'argento, le pinne, le branchie.Imparare a respirare sotto l'acqua era sempre stato anche il sogno di I'll"È il debito del mareche ci resta sulla linguaattraverso l’acqua e le sue mappe." Respiraresenza riparo, senza rimediobagnarseneScaturimmo fuori in un piccolo laghettoI'll si girò e guizzò via con uno squittio di meravigliaLa vidi di slancio mangiare un'insettoIo la seguivo ma ero goffo, imbranatol'acqua sembrava appuntirsi e graffiareParole galleggiavano qua e la dentro a piccole bolle che subito svanivanoIntorno c'era un bosco. "E' il mio" disse I'llVieni, mi disse e con una capriola s'inoltrò nel fondoAlifib, alifib era il suono dei guizzi con scaglieIl cuore si apriva come se avesse le valve di una conchigliaQuando mi innamorai di I'll sembrava non volesse altro che corrrereper sentieri scoscesi, attraversare radurepassare sotto archi di pietra, visitare spelonche sperdute adibite a templi, con monaci dai sai di silenzi
 Quando mi innamorai di I'll stava in alturacercava dove iniziava il bianco e come si distendee guardala adesso, mi dicevo, guarda che robaLa seguivo e mi sembrava di sprofondare al fondo di me stessoStrato dopo strato, come cieli sovrapposti, attraversarne lo spazionel cadere la perdita decompormi e rinascereSul fondo mi mostrò un polombaroIl palombaro allargò le braccia come a mostrar meravigliaPoi le sollevò, come a dire finalmenteProveniva dalle terre emerseEra convinto che in breve sarebbero scomparsecosi, com'eran saltate fuori sarebbero state sommerseCosi s'era messo a fare il guardiano del piccolo lagoSembrava contento. Mi sono abituato. Diventerò un pesceGuardò I'll e disse "Tu sei quella che tirava i sassi. Quella che buttava le mentine Frisky alla balena"Dov'è la balena? Chiese I'll. Dov'è?"Tu sei quella della rosa galleggiante con la sua fiamma.La balena è li" disse, indicandola con la mano.Aveva lo stesso colore dell'acqua. Poggiava il ventre sul fondo.La piu grande balena degli appennini dormiva? Io, intanto vedevo occhi scuri in quei fondaliMi guardavano sospettosi, lo capivo, eravamo intrusiLa luce, dalla superficie scendendo tremolavapoi adagiandosi si fletteva e spariva dentro quegli occhi scuriDentro l'acqua si deve star attenti a far domandeMi appoggiavo ruotando le direzioni del mio corpoNon era come spingere piu in su il cielo con le maniMi sentivo un pesce fuor d'acqua. I'll no, non lo eraEra forse perchè mi trovavo al fondo di me stesso che sentivo tutto quel peso che gravava senza fiato ?Oppure era solo l'immaginazione che avviluppava le cose a quel modo imprigionandomi in me stesso?Io non ero convinto di star tanto la sottoma senza I'll non volevo stare. Mi sentivo insicuro I'll, invece si vede che è sempre stata un pesce fuor d'acqua(dovrebbe continuare)  Quel mondo sott'accqua, mi è venuto da CalvinoCome Murakami che dice" Quel mondo lo aveva tratto dal romanzo di Faulkner -La crisalide d'aria- ma ormaiera diventato completamente suo." Per gioni cosi, quelle immagini e invenzioni hanno allagato i mei pensieri.Mi veniva una storia che adesso vorrei finire. Non sapevo all'inizio come si sarebbe sviluppata.Parti a scrivere poi pian piano si forma   da “Tutte le cosmocomiche” di Italo Calvino:“Le condizioni di quando la vita non era ancora uscita dagli oceaninon sono molto mutate per le cellule del corpo umanobagnate dall’onda primordiale che continua a scorrere nelle arterieIl nosro sangue ha una composizione chimica analoga a quella del mare delle origini,da le prime cellule viventi e i primi esseri pluricelllulari traevano ossigeno e gli altri elementi necessari alla vita.Con l’evoluzione di organismi piu complessi, il problema di mantenere il massimo numero di cellule a contatto con l’ambiente liquido non potè piu essere risolto semplicemente attraverso l’espansione della superficie esterna. Si trovarono avvantaggiati gli organismi dotati di strutture cave, all’inbterno delle quali l’acqua marina non poteva fluire. Ma fu solo con la ramificazione di queste cabvità, in un sistema di circolazione sanguigna, che la distribuzione dell’ossigeno venne garantita all’insieme delle cellule, rendendo cosi possibile la vita terrestre.Il mare in cui un tempo gli esseri viventi erano immersi, ora è racchiuso entro i loro corpi”