Invidio il vento

Ekki Mùkk


 La necessità della lentezzadelicata architettura della spiraledentro c'è il Minotaurol'utero, il labirintoche la lumaca sfidapiano accerchia e stringenella costruzione della sua spirache prima allargapoi torna e decresceAngelus NovusNel suo sguardomortale Medusala via d'uscitala sua piccola buferariportando al centro il marginela lenta spiralecircolare che trattienedi ogni andare il ritornocome l'Angelus ascendeo sprofondaun perdersi nell'apicecala la spiraleottavo ipogeosottosuolo e controcantoesegesi della spiraleche dagli inferi saleun Ulisse in ognunouna semantica della fugal'utero e il filo di Ariannal'embrione e il germoglio il cordone ombelicaleIntorno al collo(simurgh)
            Un uomo trasognato nei suoi pensieri con lentezza nell’erba alta cammina assieme a loro è in altro luogo. Ha un grande piede che poggia e piega l’erba verso la terra. La lumaca lo vede, muove circospetta le antenne, si orienta, ascolta, poi teme, gli angeli malati che sente nell’erba che geme, una soffitta, i giocattoli, un trenino di legno, una scatola di Lego, una scatoletta di legno, come uno scrigno con dentro un Ussaro di stagno che, una volta, lui metteva sotto il cuscino. Un cancello, si ferma, un confine delimita, più oltre erba ancora, un pascolo, alta quell’erba , nasconde in un fruscio dentro  i suoi passi, e freme l’intorno, le foglie, i legni, i vermi per terra, le cerva ai margini del piccolo bosco e la lumaca lo sente, muove le antenne e striscia la sua bava e lui pensa alle tettine tremanti della bambina, ai piccoli capezzoli induriti dal freddo. L’uomo aveva perso la strada per casa. Da quattro giorni camminava senza meta. Non era cosi sveglio, se cosi si puo dire, quell’uomo. La lumaca viene presa su dagli occhi dell’uomo, dall’erba, tra le dita, nel palmo lei posa. Lui da sempre, negli occhi lo stesso stupore, come sfugge l’impermanenza delle cose e questo, per lui è qualcosa che spinge verso quell’inquietudine che cerca la pace. Come ogni uomo, l’andare. La testa piena di piccoli sonni, un argine separa, da cui non sa mai se il suo è un’essersi svegliato e allora, quel guardarsi attorno ogni volta., in quella sorta di sgomento cova stupore., come ogni strada persa che riporta a casa.  "IrrealeTu sei apparsa a meA nessun altroE tornata ( ad essere) niente"Sigur Ross)...il racconto continua nello spazio dei commenti