Invidio il vento

I calabroni di Natale


Una donna si mise improvvisamente a parlareHa detto che dorme, che deve aver fatto dei sogni.La coperta era per terra, era buio, temeva fosse caduto dal letto.E' malato, ha detto. Quando ero piccola suo padre venne da noi.C'era la grande guerra, quell'uomo non era di qui.Nessuno lo conosceva e lui non voleva andar via.Un giorno quell'uomo disse: Arrivano i calabroni.Adesso devo andare bambini, disse la donna che aveva parlato.E' cosi che sono i sogni? Non sai bene Hugo Simbergh cosa sognava.Qualche tempo dopo, mio padre ebbe la ragazza che poteva tormentare.Una che aveva portato con sè tornando su dalla vallatama non era piu una bambina adesso. Una volta entrò nella mia camera.Aveva un odore intenso quando si infilò nel mio letto, un odore forte di pane.Hugo Simbergh nel sogno udì le grida della ragazza.Lei che nel bosco si svenò con il coltello del pane.Era scivolata ancora nella sua coscienza quando sentì il doloree il sangue che usciva da lei e scorreva sui rovi di more.Hugo Simbergh immaginò fosse semplicemente sparita,dopo che mio padre l'aveva tormentata, come si svanisce nei sogni.Lei prese il coltello del pane, troppo grande per le sue mani.Tagliò scavando profondamente nella vena e stette là a guardare.Era accovacciata nel rovo di more, che erano proprio mature.Invece di tagliarsi le vene non poteva star là a mangiarsi le more?Non poteva prendere un coltello piu piccolo per non esagerare?-Credi che senta se apro la porta?-No dorme. La mamma ha detto che dorme.-E' scuro la dentro. Perchè l'ha messo proprio nella nostra camera?-Perchè è malato.-Non poteva stare nella sua baracca allora?-Si è trascinato qui da solo, stamattina. Non riusciva nemmeno a parlare. Però sembrava stesse per scoppiare a ridere ma non si è messo a ridere.-Vorrei vederlo. Come si chiama?-Hugo Simbergh.Vieni qui, amoruccio mio lo sentii dire una volta. Prendi il pane e la carne dalla credenza. Amoruccio mio, le disse, vieni qui. Portami dell'acqua calda. Voglio lavarmi.Cosa guardi tu? mi disse mentre si spogliava. Vai di la e prega, vai. A voce alta. Ti voglio sentire da qui. Hai capito? Vieni qui, amoroccio mio, vieni. Lavami.Pregavo a voce alta di là. Fissavo un ragno: aveva otto zampette prima che gliene strappassi due. Vieni qua, prendi, sentii dire mio padre, senti com'è duro. Cantavo la mia preghiera del mattino. Strappai al ragno la sesta zampetta, poi la quinta, la quarta di colpo. Io non ricordo che il rumore dell'acqua quando lei strizzava lo straccetto di spugna.Hugo Simbergh udì quelle urla nel bosco. Sarà un gallo cedrone o una tigre, gli disse una voce. Tu devi sapere come grida un gallo cedrone o una tigre quando sarai grande. Ma io sono grande e non so ancora come grida una tigre pensò Hugo Simbergh.Quando uscimmo quella sera a cercarla, vero lo stagno uscirono i calabroni. Io lo seguivo mentre andava sempre piu svelto verso il bosco. I calabroni arrivano, i calabroni sono arrivati, i calabroni hanno gridato nel bosco. Cominciò a nevicare molto forte, bianco e giallo, l'aria rintronava.Hugo Simbergh, nella febbre, vide lei distesa tra le more, immobile.Camminabva scalzo nella febbre e i calabroni coprivano il suolo.Faceva orme profonde nella neve, nel vento e nell'oscuritàmentre l'aria ronzava e gemeva e i calabroni si dissolvevano.Avevano un odore aspro i calabroni. Lui aveva la febbre ed era scalzo.Dissero poi che quel giorno era quello di Natale.Io non capisco, c'erano i calabroni e le more mature.non era meglio se stava li a mangiarrsele quelle more scure?Si ringrazia Peter Handke  per questa cover dalle sue "Storie del dormiveglia"