Invidio il vento

La margherita


 La Margherita è una storia di Tiziano Scarpa. Questa è una libera riduzione e adattamento. I disegni sono di Enri Bilal: un mostro sacro per me.
Stò aspettando un bambino. Mica ci pensi al parto finchè non stai in cinta e la pancia è vuota. Lui non mi terrà la mano in sala parto. Voleva abortissi. L’ho mandato a cagare. Ci vuole coraggio anche per essere vigliacchi., ho scoperto di seconda mano. Sono andata a vedere la partita di rugby domenica scorsa perché è uno di loro che vorrei come padre del bimbo che aspetto. Sogno di giocare e mi immagino in spogliatoio con loro, rispettata come una alla pari, un’ala veloce e guizzante. E’ cosi che ho scoperto che anche i maschi sanno partorire, li ho visti, sgravano all’aperto. Immagina piu di un quintale di carne buttata per terra, è cosi che fanno i padri partorienti, si ammassano, uno sopra l’altro, in un mucchio e stanno fermi un po’, schiacciati finchè si irritano e allora si divincolano dalla catasta come se il nascituro spingesse da sotto. E cosi il mucchio esplode, si sfalda, sboccia con petali da quintale, strappano via dalla corolla e ognuno se ne frega degli altri, lavora per sé, l’importante è estirparsi dalla catasta. Non c’è collaborazione, non c’è un metodo e nessuno da direttive, sembra un casino.
E’ una confusione che fa parte del travaglio maschile. Cosce, avambracci incastrati in cumuli vengono disincagliati a strattoni affondando i tacchetti sul collo di chi capita e l’altra scarpa sulle pancie di chi è sotto. Come un grande ventre si staccano le doglie teste toraci braccia e gambe, si rimettono in piedi uno alla volta e trottellano via zoppicanti. Una confraternita di padri ha dato alla luce un neonato di due metri peloso e sporco di fango con sulla schiena il numero 22. E’ cosi che li fanno, già adulti. L’uomo neonato rimaneva la a terra stringendo al petto la palla di cuoio ovale, un uovo appuntito. Che storia! E’ uno di quelli che voglio!
 Il numero 22 dava sempre un’occhiata da steso riaprendo gli occhi dopo la mischia al paesaggio. Contemplava per pochi secondi tra un dente incisivo, un ciuffo di capelli attaccati al cuoio capelluto, un lobo, un orecchino, paradenti, paracoglioni ma non si era mai trovato davanti al naso una margherita, sopravissuta alla mischia sopra il suo stelo, intatta e candida da far paura. Rialzandosi in piedi tutto era uguale a prima ma tutto era cambiato e lui era un uomo diverso. Quel po po di quintale e passa d’uomo col numero 22 sulla schiena per piu di mezz’ora aveva seminato lo scompiglio del forsennato, caricato a testa bassa e sfondato i piloni, fracassato costole, ha placcato, deragliato e messo il pallone oltre la linea della meta per tre volte. Era un dio! L’allenatore era ammutolito, la cicca spenta tra le labbra a bordo campo, lasciava fare, non servivano piu gli schemi ne darsi da fare. Stava a guardare. Ammirava il 22. In quel momento l’arbitro comanda una mischia proprio vicino al fiorellino.
Due testuggini da venti schiene si formano e impattano incastrandosi tra loro ma un solo uomo come un trattore, trascinerà la mischia lontano dalla margherita. Poco dopo trasformerà un calcio piazzato in mezzo ai pali. Erano in vantaggio di un punto adesso e la coppa la sentivano gia in mano. L’allenatore a bordo campo con la cicca spenta in bocca esultava. Succede che all’ultimo minuto un avversario si fa largo e corre agile scansando i piloni con il suo uovo di cuoio tenuto al petto. Alza lo sguardo e vede la faccia feroce del 22 che sapeva l’avrebbe steso e maciullato come una busta di grissini schiantata da un pugno. Aspettava solo l’impatto e tenta un’inutile finta e poi sente le sue gambe che corrono ancora e gli pare impossibile ed è cosi che va a mettere l’uovo oltre la meta. Si gira e vede il 22 ancora fermo dov’era che si accuccia ad accarezzare qualcosa.
"Un uomo cosi, ecco, uno cosi è quello che voglio” dice la donna incinta di otto mesi. Un titano che sprizza rabbia e sudore, un bestione romantico . Ma perché gli uomini che difendono le margherite alla fine della partita non vengono in tribuna a domandarmi come mi chiamo? O che è tutta la partita che mi tengono d’occhio e che hanno giocato soltanto per me. Ho protetto quella margherita per venirtela a portare. Robe cosi…mai. Come mai il 22 è andato dritto verso il suo allenatore gli ha levato la cicca spenta dalle labbra, gli ha inforcato la margherita sull’orecchio e l’ha abbracciato teneramente? Perché gli ha infilato la lingua in bocca?