single tea-set

SEMAFORO ROSSO


Passeggiando per la strada mi vengono incontro i segni della civiltà del XXI secolo. Il ragazzino imbronciato che incrocio, in barba alla mia avanzata età e al bastone che mi sostiene, si guarda bene dall’agevolarmi, così mi tocca scendere dal marciapiede e fargli strada – largo ai giovani!- Ci mancherebbe altro, dato che il futuro non sembra essere roseo per loro, che almeno gli si faccia spazio per la strada, no? Passandogli vicino cerco di  incontrare il suo sguardo, lui svicola e butta per terra la carta della pizza. Non posso trattenermi: - Ehi! Guarda che c’è  un cestino lì che aspetta te!- non mi risponde, forse shockato dalla mia uscita, forse troppo abituato al silenzio-assenso dei suoi genitori. Avendo perso la favella, alza la mano in un segno inequivocabile. Accetto il consiglio e, continuando la passeggiata, mi faccio i fatti miei.La macchina è stata parcheggiata così bene che poggia solo una ruota sul marciapiede: non riesco a passare, così mi tocca circumnavigare il mezzo e mentre lo faccio mi chiedo se l’invadente automobilista, quando ritorna pedone, possa avere questo tipo di problema, ma forse lui/lei è automobilista dentro e se ne frega, forse prende l’auto per fare poche centinaia di metri in barba allo spreco energetico e all’inquinamento atmosferico e  se non gli interessa l’ecosistema e il benessere dei suoi simili come potrebbe interessargli la sua invasione di campo e la fatica che sto facendo?Il mio bastone batte sul selciato e mi dona tutto il suo appoggio, mi avvicino al semaforo e spingo il bottone rosso. Da quando appare il verde  ho poco tempo per attraversare la strada, ogni volta mi sembra che ci siano meno secondi e cerco, come posso, di raggiungere la parte opposta fidandomi del codice stradale e affidandomi alla buona sorte.La frenata mi fa chiudere gli occhi e affrettare ancora un po’ il passo.- Ma ti vuoi muovere?- il conducente, parente elettivo dell’invasore di marciapiedi,  si sporge dal finestrino con aria arrogante, ovviamente dimenticando l’uso del “lei”, abbasso la testa e muovo il passo. Non appena gli è possibile mi sfreccia dietro sfrontato e smarmittato, pigiando sul pedale per farmi capire chi è il padrone lì. A nulla servono i miei capelli bianchi e l’incedere incerto.Sembra che la strada non possa essere di tutti, ma solo dei prepotenti, dei maleducati e degli insolenti. Io cerco di ritagliarmene un pezzetto, quello della fermata dell’autobus, perché mi è sparita la voglia di passeggiare e spero che sul 56 barrato qualcuno mi ceda il posto a sedere.