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Disconnessi


Pare un assurdo, eppure è esattamente vero che, essendo tutto il reale un nulla, non v'è altro di reale né di sostanza al mondo che le illusioni (Giacomo Leopardi) Siamo sempre pronti a mettere etichette soprattutto addosso alle cose che non comprendiamo.. Le definizioni si sprecano e se le nostre figlie assomigliano troppo alle nostre madri pensiamo subito al gap generazionale: un buco, un anello mancante che ci ospita e che non ci fa capire né le une, né le altre. In sociologia la definizione di “generazione” raggruppa un insieme di persone che hanno condiviso le stesse esperienze all’interno di un lasso di tempo definito. Negli ultimi sessant’anni, siamo passati dalla beat generation, segnata dalla fine della seconda guerra mondiale, alla generazione y post muro di Berlino, dalla generazione x, la prima definitivamente libera dall’incubo della bomba atomica, all’internet generation, senza confini, ma spesso senza un’identità precisa; non una vera e propria generazione, ma piuttosto un insieme di vecchi, uomini, donne e bambini passati quasi tutti indenni attraverso i cambiamenti epocali, una moltitudine di persone che utilizzano la rete con modalità e tempi strettamente legati all’età anagrafica e che, nonostante il Web abbia portato il mondo più vicino, non ne avvertono quasi più l’odore attraverso lo schermo del monitor. Gli ultimi scombussolamenti storici sono rimasti quelli della ricostruzione postbellica, del boom economico e della fine della guerra fredda, eventi che hanno totalmente coinvolto il mondo occidentale con le stesse paure e le stesse speranze, abbastanza lontani da capirne i meccanismi, troppo vicini per non avvertirne ancora gli effetti.L’era digitale, invece, è stata stigmatizzata dalla tragedia dell’11 settembre, un evento storico non raccontato, ma seguito in TV e in streaming come fosse stato un telefilm pieno di polvere e dolore. La dematerializzazione del mondo come lo conoscevamo è cominciata davanti ad un dramma in diretta che ha determinato una contrapposizione tra occidente ed oriente con, da una parte, l’apparente libertà infinita di internet e, dall’altra, l’oscurantismo comunicativo bucato solo occasionalmente da qualche tentativo di rivoluzione.Da quel momento in poi la nostra esistenza si è circondata sempre di più di schermi, quelli della TV, del telefonino, del pc, del tom tom, dell’MP3, del tablet, dell’Ipod e dell Ipad, della videocamera e della macchina fotografica; l’onnipresenza dei pixel ci fa vivere in una sorta di avvolgimento digitale in cui l’immagine non è più una rappresentazione, ma un vissuto, siamo eternamente connessi ad una realtà esterna che non tocchiamo e che rischiamo di considerare sempre più un videogame.Assieme alla sensazione di poter raggiungere il mondo con un dito e di poterne conoscere tutti i segreti, l’era digitale nasconde un lato oscuro i cui contorni sono difficili da individuare compiutamente.Non sappiamo ancora dove ci porterà la virtualità in cui stiamo scivolando, al momento possiamo solo cercare di individuarne e riconoscerne le inesattezze e falsificazioni dell’informazione, il potere nascosto e confortante dei motori di ricerca e dei social network, le vite parallele vissute in rete, poiché quelle reali non ci corrispondono, il pensare di essere politicamente ed eticamente attivi solo perché clicchiamo su un “mi piace” o un “non mi piace più” o perché firmiamo petizioni di ogni tipo, il furto di dati ed identità, i comportamenti scorretti dei nuovi capitani dell'impresa digitale, la concreta possibilità di essere osservati, valutati e trattati sempre più come “prodotti” e sempre meno come esseri umani.