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Creato da: solosinistra_io il 01/04/2008
LA VERA SINISTRA

 

 

Il programma elettorale del PCL

Post n°3 pubblicato il 02 Aprile 2008 da solosinistra_io
 

CAPO DELLA FORZA POLITICA: Marco Ferrando, nato a Genova il 18/07/1954.

L’annuncio di una nuova era di pace e di progresso dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) è stato smentito dai 20 anni successivi.

Le contraddizioni mondiali si estendono, contro tutte le promesse di un “nuovo ordine internazionale” e la stessa “globalizzazione” non si è affatto tradotta in un miglioramento della condizione dell’umanità. Al contrario.
Le condizioni sociali e di vita della maggioranza della popolazione mondiale conoscono un arretramento progressivo a tutte le latitudini del globo: sotto la spinta di una nuova e più ampia competizione internazionale che proprio il crollo dell’URSS ha liberato e che l’emergere della Cina sul mercato mondiale alimenta ogni giorno.
Avanza ovunque un attacco radicale ai salari, alla stabilità del posto di lavoro, ai diritti sindacali, alle conquiste sociali delle generazioni precedenti.
Tornano le guerre imperialiste e le corse coloniali per il controllo di zone d’influenza, materie prime, manodopera a basso costo, col loro carico di devastazioni e di orrori.
Si affacciano enormi flussi migratori, quali fughe di massa dalla fame e dalla morte, pretesto di nuove campagne razziste e xenofobe.
Si aggrava la catastrofe ambientale e gli squilibri ecologici su scala planetaria.

Il modo di produzione capitalista ha dunque celebrato la sua “vittoria” nel momento stesso in cui non ha più nulla di progressivo da offrire alle giovani generazioni. Peraltro tutte le domande e rivendicazioni di progresso – sociali, nazionali, ambientali, di genere - che salgono dalle classi subalterne, cozzano come non mai con le regole del gioco del capitalismo mondiale e i loro riflessi nei diversi paesi e continenti.
Tanto più nell’attuale epoca storica, ogni illusione di riforma socialmente progressiva è priva di qualsiasi fondamento materiale. Non c’è un solo governo oggi al mondo che promuova riforme sociali progressive di una qualche rilevanza. Ovunque i governi– siano essi di centrodestra, di centrosinistra o della socialdemocrazia – gestiscono le medesime politiche di austerità sociale e di “sacrifici”. Le sinistre che entrano in questi governi o che li appoggiano – quando anche si definiscono abusivamente “comuniste” – si fanno complici di quelle politiche contro i lavoratori, i giovani, i popoli oppressi: dal Brasile, all’India, dal Sudafrica all’Italia.

La verità è che non c’è via d’uscita “progressiva” per l’umanità dentro il modo di produzione capitalista.
Solo una prospettiva socialista su scala internazionale può liberare il mondo dalla regressione storica che l’attraversa.


L’ATTUALITA’ DELL’ALTERNATIVA SOCIALISTA

Le potenzialità di progresso sociale contenute negli sviluppi della tecnica e della scienza, si convertono, entro il quadro capitalistico, in nuovi fattori di oppressione e disuguaglianza.
L’incremento della produttività del lavoro incorporato alla tecnica consentirebbe una riduzione progressiva dell’orario di lavoro e una distribuzione tra tutti del lavoro che c’è: e invece si combina con un aumento del tempo di lavoro giornaliero e di vita (età pensionabile), della disoccupazione, dello sfruttamento.
Grandi risorse del sapere scientifico e della ricerca potrebbero essere impiegate nella salvaguardia dell’ambiente e nella lotta contro il cancro e l’AIDS: e invece sono investite nella spesa per armamenti, che ammonta globalmente a un milione di miliardi e costituisce il principale campo d’applicazione dell’elettronica e dell’informatica.
Le potenzialità della produzione alimentare consentirebbero di sfamare la popolazione mondiale per un totale di 12 volte la sua attuale entità: e invece aumenta massicciamente la fame nel mondo secondo gli stessi dati ufficiali dell’ONU, sullo sfondo della desertificazione di intere parti della terra.

La crisi finanziaria dei mutui americani chiarisce una volta di più la natura antisociale del capitalismo: con i pescecani della grande finanza che speculano sull’indebitamento delle famiglie truffando milioni di risparmiatori; e le banche centrali (FED e BCE) che spendono enormi ricchezze, destinabili a ben altri scopi, a sostegno dei banchieri speculatori, per evitare che crolli il loro castello di truffe.

Proprio nell’attuale epoca storica si manifesta dunque al massimo grado tutta l’irrazionalità dell’attuale ordine del mondo. Tutta la moderna barbarie di un’economia fondata sul profitto che concentra nelle mani di 750 multinazionali, dei loro giochi di borsa, delle loro contese, le leve della ricchezza e delle sue destinazioni d’uso. E che affida a un pugno di grandi potenze, in concorrenza tra loro, a partire dagli USA, il controllo del pianeta.

Solo l’esproprio della borghesia, riconducendo le leve dell’economia e della scienza sotto il controllo pubblico del mondo del lavoro e della maggioranza della società, è possibile riorganizzare su basi razionali la società del mondo: restituendo alla specie umana il potere di decidere del proprio futuro.

UN PROGRAMMA SOCIALISTA PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI

Sono vent’anni che le sinistre italiane, politiche e sindacali, accettano di negoziare sulla piattaforma del padronato: prima sulla cancellazione della scala mobile (anni 80 e primi anni 90); poi sui tagli alle spese sociali, sulle privatizzazioni, sull’abbattimento della previdenza pubblica (92-96); poi sulla precarizzazione dilagante del lavoro. Ogni volta si è detto che i “sacrifici” richiesti servivano a ottenere miglioramenti futuri. E’ accaduto l’opposto: ogni arretramento ha preparato la strada agli arretramenti successivi. Ogni sconfitta ha trascinato con sé altre sconfitte. Sino alla devastazione attuale: in cui i figli si vedono privati delle conquiste dei loro padri.

Noi diciamo: ora basta Ogni negoziato sui nuovi sacrifici è inaccettabile e va respinto. Proponiamo quindi di partire dalle esigenze e dalle domande dei lavoratori. Quelle sacrificate da vent’anni.

Un forte aumento di salari e stipendi per l’insieme dei lavoratori dipendenti: perché con 1000 euro (quando va bene) non si raggiunge la fine del mese.

L’abolizione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, dal pacchetto Treu alla legge Maroni, a partire dall’assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori oggi precari: per porre fine alla ricattabilità sociale di milioni di giovani, all’insicurezza cronica del lavoro e della vita di un’intera generazione.

L’abrogazione delle controriforme pensionistiche degli ultimi 15 anni, a favore del ritorno della previdenza pubblica a ripartizione: consentendo a milioni di giovani di godere un domani di una pensione decente, vincolata all’ultimo stipendio e sottratta al ricatto dei fondi pensione.

Un vero salario garantito per i disoccupati in cerca di lavoro e per i giovani in cerca di prima occupazione: per consentire loro di sottrarsi alla marginalità sociale, al ricatto del precariato, alle mani della criminalità organizzata.

Un massiccio investimento di risorse sotto controllo popolare, nella scuola pubblica, nella sanità pubblica, nei trasporti, nell’edilizia popolare, nel risanamento ambientale…: restituendo innanzitutto ai servizi sociali e alla qualità della vita tutto ciò che le politiche dominanti hanno loro sottratto per vent’anni a esclusivo vantaggio delle rendite e dei profitti.

A chi afferma che non vi sono risorse per finanziare queste richieste, rispondiamo che le risorse non solo esistono ma sono immense. Basta prenderle là dove sono.
Dalle decine di miliardi che le Finanziarie regalano alle grandi imprese private con gli ordinari trasferimenti pubblici (44 miliardi tra il 2000 e il 2006).
Dagli immensi profitti realizzati dalle grandi imprese in anni e decenni di supersfruttamento del lavoro e di bassi salari (41 miliardi di profitti nel solo 2005 da parte delle prime venti aziende).
Dai giganteschi utili realizzati dalle banche sia con attività di ordinario strozzinaggio (mutui) sia con l’espansione del proprio controllo sul grosso dell’economia nazionale (crescita del 50% dei profitti nel solo 2006).
Dal grande patrimonio finanziario detenuto dal 2% delle famiglie italiane (800 miliardi di euro tra i possessori di patrimoni superiori ai 500.000 euro).
Dai 21 miliardi di spese militari previsti dal bilancio dello stato (cresciuti del 13% con la finanziaria 2006) e destinati a costosissimi armamenti, missioni di guerra, e profitti dell’industria militare.
Per non parlare infine della famigerata evasione fiscale del grande capitale o della Chiesa: una Chiesa che grazie alla scandalosa esenzione di IVA ed ICI ed ai mille benefici di cui gode, sottrae all' erario pubblico 6 miliardi l' anno.

Una programma di governo non può limitarsi alla sola redistribuzione della ricchezza, ma chiama in causa il tema stesso della proprietà.
Il fatto che nelle mani di una piccola minoranza della società si concentrino tutte le leve di comando (industria, credito, servizi, telecomunicazioni, stampa) non suscita alcuno scandalo. Al contrario tutti i “democratici” lo considerano un fatto del tutto normale e inevitabile. Di più: negli ultimi 15 anni hanno sostenuto o avallato un gigantesco processo di privatizzazioni che ha allargato a dismisura proprietà e ricchezze del capitale finanziario, a vantaggio di poche grandi famiglie (vecchie e nuove) e a scapito di lavoratori, consumatori, piccoli risparmiatori, oltreché della moralità pubblica e dell’ambiente.

Noi vogliamo ribaltare questa politica. Per questo, a partire dalle lotte dei lavoratori, avanziamo alcune rivendicazioni elementari.

La rinazionalizzazione, sotto controllo operaio e senza indennizzo (se non per i piccoli risparmiatori), di tutte le aziende, i settori, i servizi che sono stati privatizzati negli ultimi 20 anni, a partire dai settori strategici: non è possibile costruire alcuna alternativa se innanzitutto non si libera il campo dalle devastazioni compiute. Se non si recuperano al controllo pubblico e all’interesse pubblico beni fondamentali per la qualità della vita, a partire dall’acqua.

L’unificazione sotto controllo pubblico dell’istruzione e della sanità: scuola privata e sanità privata non solo contraddicono la necessaria universalità e gratuità di servizi pubblici fondamentali, ma sottraggono grandi risorse al servizio pubblico. Spesso, oltretutto – come nella sanità – per truffe e speculazioni ignobili sulla pelle dei malati. E’ inaccettabile. Istruzione e sanità debbono essere pubbliche e laiche.

La nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori delle industrie in crisi, che inquinano, che licenziano. Migliaia di aziende prendono soldi dallo Stato per realizzare ristrutturazioni antioperaie, portare all’estero gli impianti, lasciare sulla strada i dipendenti. E’ intollerabile. E’ necessario unificare le 4.500 lotte di resistenza oggi in corso nelle fabbriche in crisi a difesa dei posti di lavoro in un ampio fronte unitario di lotta. E’ possibile solo se la parola d’ordine della nazionalizzazione delle aziende in crisi è fatta propria dal movimento operaio italiano. Come in settori d’avanguardia e lotte radicali di altri paesi.

La nazionalizzazione delle assicurazioni e delle banche. Banche e assicurazioni sono l’architrave del potere economico in Italia. Ma anche strumento di oppressione verso ampi strati popolari: attraverso il nodo scorsoio di mutui usurai, il raggiro di correntisti e piccoli risparmiatori, i legami con la criminalità, la partecipazione, da protagonisti, a truffe gigantesche e scandali nazionali (Cirio, Bond Argentini, Parmalat). La nazionalizzazione delle banche e la loro unificazione in un unico istituto di credito sotto controllo popolare, sarebbe non solo un fattore di eliminazione di irrazionalità e sprechi: ma anche una leva di igiene morale e di liberazione dallo strozzinaggio per un’ampia parte della società. E un colpo severo a mafia e camorra.

A chi obietta che queste misure, nel loro insieme, sono “incompatibili” con le leggi economiche dell’attuale società e dell’attuale Unione Europea, rispondiamo semplicemente che è vero. Infatti ci battiamo per un’altra società e per un’altra Europa.
Solo un’economia europea democraticamente pianificata, basata sul controllo delle leve della produzione e del credito da parte dei lavoratori può consentire una riorganizzazione dei rapporti sociali in funzione dei bisogni dei molti e non del profitto dei pochi.
Solo un’economia democraticamente pianificata, può affrontare in Italia la moderna questione meridionale, impiegare e valorizzare tutte le capacità di lavoro sull’intero territorio nazionale, riconvertire l’industria bellica o inquinante con piene garanzie occupazionali per i lavoratori, ampliare e qualificare la spesa sociale in direzione di case, scuole, università, ospedali, ricerca, programmare un ampio sviluppo dei servizi per l’infanzia, promuovere il riassetto idrogeologico del territorio. E una battaglia per l’alternativa anticapitalistica in Italia è parte della lotta per un’Europa socialista, oltreché un contributo importante in questa direzione.

Infine il nostro programma di governo non sarà mai realizzato nell’attuale quadro istituzionale. Richiede una trasformazione costituzionale per un altro governo e un altro Stato.
Noi ci battiamo per un altro Stato. Perché ci battiamo per il potere reale dei lavoratori e delle lavoratrici. Naturalmente lavoriamo per la difesa di tutti i diritti e gli spazi democratici che la classe operaia e le masse popolari hanno conquistato e strappato con durissime lotte. Prima contro il fascismo. Poi contro i manganelli dell’attuale “democrazia” borghese. Ed anzi lottiamo per ampliare (o recuperare) questi diritti contro l’involuzione in corso, rivendicando il ritorno a una legge elettorale pienamente proporzionale, la difesa e sviluppo delle libertà sindacali (dei singoli e delle organizzazioni), la difesa dei diritti e delle libertà delle donne, la parità di diritti tra lavoratori italiani e immigrati, contro ogni forma di xenofobia, la parità dei diritti degli omosessuali e di tutte le minoranze oppresse, contro ogni cultura e discriminazione omofobica. Ma non ci limitiamo a questo.
Non ci limitiamo a difendere diritti e spazi di tutti gli oppressi dentro l’attuale democrazia. Rivendichiamo una democrazia dei lavoratori, delle lavoratrici, della maggioranza della società: l’unica peraltro che può realizzare sino in fondo le stesse aspirazioni democratiche. Rivendichiamo in fondo la democrazia reale: quella in cui la maggioranza della società non ha solo il diritto di votare ogni 5 anni chi la governerà in Parlamento, ma ha il potere di decidere le condizioni della propria vita e del proprio futuro.
Per questo rivendichiamo una democrazia fondata sull’autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi e delle larghe masse popolari, con rappresentanti eletti direttamente nei luoghi di lavoro e sul territorio; con il più ampio e libero confronto tra diverse proposte, candidature, organizzazioni , partiti, sulla base del principio proporzionale e del comune riconoscimento del potere popolare; dove ogni eletto è permanentemente revocabile dai suoi elettori e privo di qualsiasi privilegio sociale, economico, giuridico rispetto alla sua base elettiva; dove il potere politico concentra nelle proprie mani sia le funzioni legislative che esecutive; dove tutte le articolazioni del potere e gli stessi strumenti di difesa del nuovo ordine sociale sono basati sulla forza organizzata dai lavoratori stessi e sono posti sotto il loro controllo.
A chi obietta che è una proposta arcaica, rispondiamo che è l’unica risposta progressiva, reale, straordinariamente attuale, alle stesse istanze di moralità pubblica, trasparenza, efficienza, economicità che la propaganda dominante oggi solleva in modo ipocrita e distorto, e spesso reazionario.
“Costi della politica”? Nessuna soluzione è più economica dell’eliminazione degli stipendi faraonici agli attuali parlamentari (o consiglieri regionali); della assegnazione ad ogni deputato del popolo di uno stipendio da lavoratore; della soppressione del bicameralismo (quanto costa il Senato?).
“Efficienza”? Nessuna soluzione è più efficiente di quella che unifica poteri legislativi ed esecutivi, che smantella l’enorme parassitismo dell’attuale burocrazia dello Stato, che affida alla forza organizzata dei lavoratori e alla loro mano pesante (e non ad amministrazioni colluse o impotenti) la repressione della mafia e della grande criminalità organizzata.
“Moralità e trasparenza dello Stato”?
Nessuna soluzione è più trasparente di quella che cancella ogni forma di segreto di Stato; che abolisce la diplomazia segreta; che abbatte la separatezza dello Stato, restituendolo alla società civile. E nessuna soluzione è più igienica e morale di quella che, abolendo il potere della borghesia e il cinismo del profitto, estirpa alla radice il fondamento stesso della corruzione e del malaffare.
La politica è oggi un costoso strumento di raggiro e di privilegio. Solo il potere dei lavoratori può edificare uno Stato trasparente e a buon mercato, rifondando la natura stessa della politica e trasformandola in strumento di gestione collettiva e libera del bene comune.

Quindi in sintesi proponiamo sei punti azione da cui partire per trasformare il nostro paese:
1) la retribuzione di un deputato sia uguale al salario medio di un lavoratore e l’abolizione del Senato;
2) Contro la barbarie degli omicidi bianchi nei posti di lavoro, l’inasprimento delle pene per i padroni responsabili dell’insicurezza, l’esproprio senza indennizzo per le imprese e sotto controllo operaio;
3) Contro l’usura dei mutui contratti da milioni di lavoratori, la nazionalizzazione senza indennizzo delle banche (ovviamente senza toccare un euro al piccolo risparmio); la creazione di un’unica banca pubblica sotto il controllo popolare, come mezzo di sostegno a lavoratori e artigiani, piccoli commercianti, oggi torchiati e truffati dalle banche;
4) il ritiro immediato delle truppe italiane da tutti i teatri di guerra e comunque da tutti i paesi esteri in cui sono attualmente; la nazionalizzazione senza indennizzo dell’industria bellica; il riconoscimento del diritto alla resistenza di tutti i popoli oppressi e l’abolizione dei servizi e della diplomazia segreti;
5) contro l’offensiva oscurantista reazionaria del Vaticano contro la scienza e le donne, il rafforzamento del diritto all’autodeterminazione delle donne; l’abolizione dei fondi pubblici alle scuole e università confessionali, la tassazione progressiva del patrimonio ecclesiastico (oggi esente da IVA e ICI), l’esproprio delle grandi proprietà immobiliari della gerarchia vaticana da destinare ad uso sociale;
6) la massima libertà per la ricerca scientifica perché solo la scienza ha favorito il benessere dell’umanità migliorando le tecniche e aumentando il controllo della natura; ma per migliorare la scienza e la tecnica è necessario liberarle anche dalle pressioni del mercato, eliminando i brevetti e l’utilizzo privato delle scoperte scientifiche.

Per realizzare questo programma, il Partito Comunista dei Lavoratori indica come capo della propria forza politica Marco Ferrando, nato a Genova il 18/07/1954.

 
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La posizione del PCL su Tibet e Cina

Post n°2 pubblicato il 01 Aprile 2008 da solosinistra_io
 

In risposta alla lettera circolare di vari gruppi/associazioni

(1 aprile 2008)

Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto questa mail che chiedeva di precisare la nostra posizione in merito alla Cina ed alla questione Tibetana:

Lettera aperta ai candidati/e Premier

Egregio/a Candidato/a

Ad oggi non ci è ancora dato sapere quali proposte il Suo partito/coalizione intende avanzare per affrontare alcuni temi che noi riteniamo fondamentali per garantire sicurezza, sviluppo e lavoro al nostro Paese. Per questa ragione La invitiamo a rispondere ad alcune semplici domande che cercano di riassumere le preoccupazioni di molti elettori che condividono con noi da tempo l´impegno per affermare la libertà e la giustizia sociale nel mondo. Le Sue risposte crediamo condizioneranno quindi le scelte di migliaia di uomini e donne che non si accontenteranno della propaganda elettorale per valutare i programmi del Suo partito. Avremmo molte domande da porLe ma ci limitiamo a riassumere in pochi quesiti le nostre preoccupazioni:

Nel caso in cui Lei assuma la Presidenza del Consiglio:

- Quando intende dare attuazione alle risoluzioni approvate dal nostro Parlamento il 30 Ottobre 2007 volte ad impedire che il Partito Comunista Cinese continui a detenere illegalmente milioni di uomini e donne nei campi di rieducazione denominati "Laogai".

- Quali iniziative diplomatiche intende intraprendere ,d´intesa con i Paesi democratici,per impedire che il Governo della Repubblica Popolare Cinese continui a tenere in ostaggio tutte le Istituzioni Internazionali impedendo l´approvazione di ogni misura volta ad affermare i diritti umani ed il diritto internazionale nei paesi dove il regime comunista ha interessi economici e finanziari da tutelare.

- Quali azioni intende proporre in sede internazionale per affermare il diritto all´autodeterminazione dei Popoli Tibetano, Mongolo, Uiguro e Mancese e porre fine alla dominazione coloniale del regime comunista cinese su queste Nazioni.

- Quali iniziative intende assumere,d´intesa con i nostri partner europei, per contrastare la concorrenza sleale di paesi quali la Repubblica Popolare Cinese; concorrenza basata essenzialmente sullo sfruttamento dei lavoratori/trici cinesi che ha già prodotto la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro nel nostro Paese.

- Quali misure intende prendere, d´intesa con l´Unione Europea, per tutelare la salute e la sicurezza dei consumatori italiani ai quali oggi è persino negato il diritto di conoscere la provenienza di molti beni di consumo prodotti nella Repubblica Popolare Cinese in totale assenza di controlli igienici e sanitari.

La ringraziamo sin d´ora per le risposte, anche sintetiche, che vorrà dare ai nostri quesiti. Al testo che ci vorrà trasmettere daremo la massima pubblicità , pubblicandolo tempestivamente su tutti i siti e gli organi di stampa delle associazioni e dei gruppi firmatari della presente richiesta.

(Marzo 2008)

Seguono le firme:
Claudio Tecchio, Campagna di Solidarietà con il Popolo Tibetano Angelo Montali, Movimento Cristiano Lavoratori Antonello Brandi, Laogai Research Foundation Italia Aldo Forbice, Fondazione Ignazio Silone Bruno Portigliatti, Centro di Informazione Buddista Vincenzo Rizzo , Associazione Incontri Italiani Pasquale Totaro , Comitato Storico-Umanitario "Un Giardino per tutti i Martiri e i Giusti a..." Antonio Attisani, Seminario di Filosofia delle Arti Dinamiche "Carmelo Bene" Tamding Choepel ,Tibet Culture House Italia Tenzin Thupten , Comunità Tibetana in Italia Dechen Dolkar, Tibetan Womens Association Italia Dhundup Chomphel Gelek Yakar, Students for a Free Tibet-italia Angelo Gazzaniga, Comitati per le Liberta Gunther Cologna, Associazione Italia-Tibet Andrea Cartelloni,Centro cattolico di documentazione di Marina di Pisa Alberto Serena, Ass. Culturale "Nuovamente" Don Bruno Lima, Ass Culturale "Uomo e Società" Lorenzo Martinelli, Ass.Culturale " Libertà e Società " Franco Nerozzi ,Comunità Solidarista Popoli - Onlus Walter Pilo, Ass. Culturale "Uomo Libero" Gianfranco Pietrobono ,Circolo Lasprugola Antonio D'ettoris, Fondazione D'Ettoris Giuseppe D'Aquaro, Ass. Culturale" Narsil" Gersenio Boccabella ,Ass.giovanile "Cisterna Neronis", Associazione "Persona e società " Massimiliano Baldacci ,Ass." Raido" Paolo Zanlucchi, Ass. culturale "Libertà e Persona" Marco Scurria ,Ass. "Modavi" onlus Beninatto Luigino ,Fondazione Villa Benzi Zecchini Andrea Mascetti, associazione culturale "Terra Insubre" Associazione culturale "libertà e azione"


LE RISPOSTE DEL PCL

Le posizioni del PCL sulla questione cinese in generale e tibetana in particolare sono state espresse pubblicamente in queste settimane in diverse interviste e prese di posizione del Partito e del nostro candidato premier, Marco Ferrando. Rendendoci conto che comunque queste interviste e questi comunicati non sono state spesso ripresi dagli organi di stampa (per usare un eufemismo), riprecisiamo come da vostra richiesta alcune posizioni del PCL.

1) Il Partito Comunista dei Lavoratori, partito che ha nella sua matrice fondativa l´antistalinismo e la battaglia contro le degenerazioni burocratiche postrivoluzionarie, si è sempre battuto contro i "Laogai", anche prima della risoluzione del Parlamento italiano. Come nella nostra tradizione sempre è stata presente una battaglia contro gli universi concentrazionari dello stalinismo, più o meno ortodosso, da Vurkuta a Goli Otok.

Anche perché molti sono i compagni/e della nostra tradizione politica che hanno vissuto sulla propria pelle la realtà di questi campi di concentramento, vecchi e nuovi, battendosi contro lo stalinismo anche quando questa era incensato da tanti socialdemocratici oltre che da molti che oggi fondando il PD. Come nella nostra tradizione politica è sempre stato evidente il carattere stalinista dell´esperienza cinese e maoista, anche quando questa era sostenuta e ripresa da tanti che oggi magari militano in Comunione e Liberazione.

E tanto più oggi ci battiamo contro la repressione cinese, quando questa da elemento stalinista di controllo sociale della casta di partito diventa strumento di oppressione di classe in un nascente capitalismo cinese, andando a colpire operai e contadini che lottano solo per vedersi riconosciuti i propri diritti sindacali, un salario un occupazione un lavoro.

Ma la nostra battaglia di ieri contro le degenerazioni staliniste e di oggi contro una repressione che è anche strumento di ricostruzione di un modo capitalista di produzione in Cina, è sempre una battaglia per uscire a sinistra dallo stalinismo, per proseguire l´esperienza rivoluzionaria costruendo una democrazia consiliare, in cui il potere sia mantenuto dalla classe lavoratrice per un progetto di trasformazione socialista della società.


2) Non è il governo della repubblica Popolare Cinese ha tenere in ostaggio tutte le istituzioni internazionali. Sono tutte le istituzioni internazionali, a partire dall´ONU e dalle sua agenzie per arrivare al WTO o alla WB, che sono state costituite con statuti, ordinamenti e strutture organizzative antidemocratiche, centrate come sono sull´asse dei vincitori del 1945. Non delle organizzazioni democratiche quindi, ma una nuova forma di regolazione delle egemonie mondiali da parte delle principali potenze economiche e militari, uscite come tali dai 30 e più anni di guerra tra l´inizio del secolo ed il cosiddetto secondo conflitto mondiale. Il potere di veto dei cinque "grandi" nel Consiglio di sicurezza dell´ONU, ad esempio, non è che la traduzione giuridica di questo stato di cose e di questi rapporti di forza. Non a caso la Cina è stata inserita nei primi anni 70 in questo ristretto club, dopo le partite di pingpong ed il viaggio di Nixon in Cina, utile ad un nuovo riequilibrio della politica statunitense nel suo processo di continuo isolamento dell´Urss. Ed infatti praticamente mai l´ONU ha giocato un ruolo progressivo o positivo nelle crisi internazionali, dalla Corea al Bangladesh, dall´Irak alla ex Yugoslavia. O è stato docile strumento delle politiche imperialiste o è rimasto congelato nel gioco dei veti reciproci fra grandi potenze.

E di conseguenza pensiamo che non sia possibile condurre nessuna azione per ridurre questo potere "d´intesa con i paesi democratici", perché proprio i principali paesi democratici (Francia, Usa, Gran Bretagna) detengono oggi questo potere e non intendono minimamente rinunciarci. Anzi, loro per prime lo utilizzano o minacciano di utilizzarlo ogni volta che l´ONU o altri organismi internazionali interferiscono nelle loro politiche.

Quindi, come dire, alla vostra domanda è impossibile rispondere in quanto fate nel testo due affermazioni, dando per scontata che da una consegua l´altra, che per noi sono in contrapposizione: cioè nel momento in cui affermate giustamente che la Cina ha un potere di ricatto nella diplomazia mondiale, per difendere sè ed i suoi protetti, affermate contemporaneamente che i paesi democratici potrebbero/dovrebbero agire per limitarlo. Ma questa conseguenza per noi non esiste. Anzi. Se e quando i "paesi democratici" si battono contro il "potere di ricatto" della Cina non è per difendere e applicare un principio di regolazione internazionale, ma per difendere ed applicare i propri interessi specifici ed il proprio potere di ricatto. Potere di ricatto che magari dispiegano completamente, anche sul piano militare, dentro e fuori i confini politici dell´ONU, proprio nel conflitto contro questo o quest´altro "asse del male", contro questo o quest´altro "potere di ricatto" in quel momento contingente non conforme ai loro interessi. Così ci sono regimi e dittatori che oggi difendono la democrazia e domani sono nazisti ricattatori o narcotrafficanti (da Noriega a Saddam Hussein). Così oggi una strategia per costruire la democrazia in Medio Oriente viene attuata a partire da un regno teocratico con potere assoluto della famiglia reale e repressione religiosa interna (l´Arabia Saudita) e da una dittatura militare che incarcera e tortura ciclicamente ogni opposizione politica più o meno radicale presente nel paese (l´Egitto). E cito solo gli esempi che coinvolgono gli USA in quanto principale paese democratico e potenza mondiale, ma altrettanto si potrebbe dire sulle politiche Francesi in Costa d´Avorio, in Ciad od in Ruanda. O di quelle inglesi nelle Falkland, in Irlanda del Nord, ecc ecc.

La battaglia contro i poteri di ricatto della Cina, per il Sudan come per qualunque altro paese, non è modificabile d´intesa con i paesi democratici. E questo tanto più oggi e ancor più domani, dal momento che sempre più è evidente il ruolo rilevante che la Cina gioca negli equilibri e nella sopravvivenza dell´attuale mercato mondiale: il peso che oggi formalmente detiene la Cina nell´ONU e negli altri organismi è solo destinato a crescere, accompagnato dalle armi (metaforiche e reali) che il nuovo capitalismo cinese si sta dando: come non è un semplice appoggio tra regimi quello che lega la Cina al Sudan, ma vera e propria proiezione economica e militare, a partire dalla Cnoc e dalle altre compagnie petrolifere cinesi per finire alle diverse migliaia di soldati cinesi che stazionano intorno agli oleodotti del paese. Una proiezione che, seppur ridotta per dimensioni e significato, è difficilmente distinguibile in via di principio da quella statunitense in Irak od in altri paesi del mondo.

Il massimo impegno del PCL, al contrario, è dedicato alla costruzione di un modo di produzione e di un sistema internazionale realmente democratico, che a partire dal riconoscimento all´autodeterminazione e dalla massima trasparenza delle relazioni internazionali possa rappresentare le diverse popolazioni della Terra. E noi questo sistema lo chiamiamo socialismo.


3) Il PCL riconosce il diritto all´autodeterminazione di tutti i popoli, senza distinzioni di interesse geopolitico od economico. Quindi ci siamo battuti e ci battiamo, nel nostro piccolo e nelle nostre possibilità, sostenendo il diritto all´autedeterminazione del pololo Tibetano, Mongolo, Uiguro e Mancese.

Come ci battiamo per il diritto all´autodeterminazione dei ceceni, dei palestinesi, dei kurdi, del popolo basco e di quello corso, di quello altoaltesino come di quello sardo, ecc ecc. E la lotta per il diritto all´autodeterminazione, a nostro parere, deve essere condotta in primo luogo da quei popoli, con ogni mezzo che ritengano necessario, senza che questo possa mettere in discussione la nostra solidarietà.

A Lahsa saremmo stati con i ragazzi sulle barricate e negli scontri di piazza, non solo con chi invoca la non violenza e le pressioni internazionali per risolvere la questione "sul piano diplomatico" (che per esperienza vorrebbe dire trovare l´accordo e la quadra tra i diversi interessi delle grandi potenze, siano questi più o meno simili agli interessi ed alle volontà delle popolazioni coinvolte).

Una lotta per l´autodeterminazione che per noi può diventare un percorso di liberazione sia dal colonialismo esterno sia da quello "interno", cioè una lotta di liberazione da quei rapporti sociali che sottomettono la maggioranza della popolazione, siano essi di carattere "feudale" e "precapitalistico" come in alcuni di questi territori, siano essi pienamente capitalisti come in molti territori europei. Una lotta contemporaneamente di liberazione nazionale e di rivoluzione politica interna, una "rivoluzione permanente" per una società socialista contro borghesie compradore e borghesie nazionali, apparati militari, organizzazioni teocratiche e partiti religiosi che spesso negli ultimi anni si sono espansi in molte di queste società. Contro il fondamentalismo come contro gli intrecci tra strutture religiose e potere politico, qualunque matrice questi intrecci e queste politiche fondamentaliste abbiano: siano essi cattolici, islamici, indù o buddisti.


4) La "concorrenza sleale" del nuovo capitalismo cinese è esattamente identica alla "concorrenza sleale" che per molti anni ha retto il miracolo italiano e l´espansione capitalista degli anni 60 nel nostro paese.

Il punto non è aprire una nuova guerra protezionista, da scaricare sempre e comunque sulle frazioni più deboli dei lavoratori, siano essi italiani o cinesi. Guerra protezionista che, fra parentesi, è comunque uno dei più concreti sviluppi delle relazioni internazionali di fronte a noi, dettata dall´incipiente crisi americana e dalle conseguenti logiche economiche che da essa discendono, del resto anticipate dal fallimento del Doha Round.

Il punto è eliminare la logica economica della concorrenza, sia essa più o meno apertamente "sleale", in quanto "sleale" lo è sempre nel modo di produzione capitalista, non essendoci nessun principio regolatorio di fondo dell´attuale apparato produttivo eccetto il profitto. Ed il conflitto che questo genera con i tentativi per tenerlo sotto controllo.

E´forse "leale" la concorrenza che l´Eni, o l´ENEL o la Fiat praticano oggi in Italia o nel mondo? E´ "leale" l´appoggio alle dittature praticato dall´Eni a Kasangian o nel delta del Niger? E´ forse "leale" l´accordo monopolistico da essa stretto per il controllo del metano in Italia? E quelli dell´Enel per le tariffe elettriche o, quando era proprietaria di Wind, di quelle telefoniche? E´ forse "leale" il risparmio che Fiat ha fatto in questi anni sulla sicurezza del lavoro, pagata anche con la recente morte a Melfi? O è forse "leale" l´utilizzo nella maggioranza degli stabilimenti italiani della Fiat di un sistema di controllo dei movimenti, il TMC2, che è stato dimostrato da USL e tribunali che aumenta esponenzialmente malattie e disturbi sul lavoro, dalle tendiniti all´artrite? E´ "leale" che per anni il sistema bancario italiano (a partire da Intesa) abbia considerato Telecom e Pirelli due entità economiche non collegate (quando così non faceva, ad esempio, la SECamericana), per non esser costretta a sommare i debiti delle due società e quindi, per l´attuale legislazione italiana, costringere Bancaintesa e soci al rientro del debito in Telecom? Ed è "leale" che praticamente nessun giornale, televisione, ente politico o morale abbia fatto una compagna di moralità pubblica ed economica su quella che allora era la principale impresa italiana per capitalizzazione?

Il punto diventa quindi per noi battersi contro questo modo di produzione, non sostenere l´una o l´altra parte nella loro competizione omicida. Siano cinesi od italiani i soggetti coinvolti.


5) Di nuovo, sembra che si sottolinei il carattere cinese di un problema (che certamente coinvolge la Cina), senza accennare o considerare la natura generale del problema. Molti altri paesi e realtà, il nostro compreso, hanno problemi nel "conoscere la provenienza di molti beni di consumo prodotti in "totale assenza di controlli igienici e sanitari".

Il problema è quale politica di sostegno intendiamo dare ai nostri presidi di controllo sanitario, che tra parentesi proprio dall´Unione europea spesso ricevono pressioni per l´eccesso di controllo che praticano e vogliono praticare sulla carne o sui diversi altri prodotti. Non è l´unione europea che ha stabilito che si può chiamare cioccolato anche quello che ha meno del 30% di burro di cioccolato dentro, magari utilizzando invece come grassi l´olio di colza o "olii di vegetali vari"? E dall´Unione Europea che riceviamo partite di carne, pesce, verdure biologiche e non prodotte nei nuovi territori senza alcun controllo sanitario? Non è in Unione europea che si è diffusa per anni la "mucca pazza", con il silenzio la timidezza la complicità di autorità pubbliche e sanitarie che subivano la pressione degli interessi dei grandi allevatori e delle aziende alimentari?

Non è in Europa che si sta assistendo ad una lenta ma progressiva diminuzione dell´età della pubertà? E questo quanto può essere collegato alla presenza di estrogeni e altro ormoni nel latte, nella carne, ecc ecc?

E la mozzarella campana? La diossina sarà entrata dalla spazzatura in questi giorni o sarà un problema di contaminazione decennale (se non più) di un territorio in cui, come molti servizi giornalistici e scientifici hanno dimostrato, non esiste controllo igienico o sanitario (non solo e non tanto nelle bufale e nelle sue mozzarelle, quanto nel latte materno, nel terreno, nell´aria che si respira e di conseguenza nei suoi prodotti).

Ed alla base, non c´è un sistema economico in cui la produzione del cibo e la sua commercializzazione è determinata dalla logica e dall´obbiettivo del profitto, ed in cui di conseguenza l´adulterazione dei prodotti è uno strategia praticata generalmente e diffusamente? Non siamo noi ad aver prodotto il vino al metanolo? Od i tedeschi negli annni 20/30 il "giallo burro" ed i conseguenti tumori intestinali? O le compagnie americane ad aver imposto commercialmente l´utilizzo dell´ammoniaca nelle sigarette, per incentivare la trasmissione nel sangue della nicotina?

La Cina (come i paesi del est europeo, come molti paesi africani ed asiatici) hanno il difetto di essere entrati "oggi" nel mercato mondiale della produzione alimentare ed utilizzare pienamente strategie di posizionamento nel "mercato" che le nostre imprese hanno conosciuto decenni fa e che tuttora, quando possono e riescono nelle pieghe della legislazione od in violazione ad essa, utilizzano a piene mani.

Allora certamente è importante, qui ed ora, incrementare i controlli sanitari ed igienici sulle produzioni alimentari, per rendere trasparente al consumatore il contenuto del cibo (produzione ed ingredienti, ogm e conservanti), per controllare e vietare rigorosamente l´adulterazione del cibo come l´utilizzo di sostanze tossiche (nei cibi come in tutti i prodotti). Ma questo deve valere per le imprese cinesi come per quelle campane, per quelle italiane come per quelle statunitensi (rispetto alle quali, proprio sul cibo, molte cose sarebbero da dire).

Ed è per noi importante battersi nel medio e lungo periodo per un modo di produzione che prescindendo dal profitto e dalla valorizzazione del capitale, possa produrre non merci, me beni per le persone. Un modo di produzione che noi definiamo socialista

 
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COMUNICATO STAMPA

Post n°1 pubblicato il 01 Aprile 2008 da solosinistra_io
 

Esposto del PCL per il diritto alla presenza televisivaComunicato Stampa di Marco Ferrando - Portavoce naz. del Partito Comunista dei Lavoratori

Il Partito Comunista dei Lavoratori ha presentato un esposto all’Autorità per le comunicazioni affinché venga garantito il diritto del Pcl alla presenza televisiva, oggi inferiore allo 0.1%

A meno di tre settimane dal voto il Partito Comunista dei Lavoratori continua ad essere discriminato dalle emittenti radiotelevisive e dai grandi telegiornali nazionali.

Abbiamo, quindi, presentato un esposto all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, affinché venga ripristinata la c.d. “par condicio” anche nei nostri confronti, essendo presenti con nostre liste per Camera e Senato in tutta Italia.
La situazione è talmente grave che, secondo i dati forniti da Isimm Ricerche all’Autorità, veniamo discriminati non soltanto nei confronti delle due grandi coalizioni, ma la nostra presenza è assolutamente inferiore anche a quella di tutte le altre liste “minori”.

Nella settimana dal 10 al 17 marzo il Pcl ha avuto nei Tg Rai 21’’ (0.08%) , nei Tg Mediset 18’’ (0.09%), e 2’’ nel Tg7. (0.03%).

A fronte di tale situazione abbiamo ritenuto di richiedere l’intervento dell’Autorità affinché venga ripristinato un minimo di reale pluralismo informativo.

 
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