|SINISTRA|Cologno

Post N° 102


GELMONTI. NOTE DI MILITANZA SOCIALE.    Invece di Gelmini in Collegiopare che abbia detto Gelmonti.  Non so. Non ricordo. Però, se davvero è successo, il lapsus è perfetto.  LA MAESTRA A PORTA A PORTA     L’avesse fatta parlare, gliele avrebbe dette e ridette di santa ragione, gliele avrebbe spiegate a dovere con la pazienza di Giobbe. Mi riferisco alla maestra romana, in studio lunedì notte con la sua classe a Porta a porta. Vespa, il chierico del governo in carica, l’ha tirata in ballo soltanto due volte e tutte e due è rimasto disorientato. S’aspettava risposte di conferma e, invece, tranquilla e sorridente, la maestra ha mandato in soffitta le propensioni ideologiche del conduttore. La prima volta le ha chiesto se i suoi alunni, quando varca la  soglia dell’aula, scattino in piedi. «No», ha risposto con calma e sicura di sé la bella e brava maestra, «non lo fanno perché a scuola non è necessario rispettarsi in quel modo». Non è, infatti, una direttrice d’orchestra abituata al cerimoniale degli orchestrali che, dovendo dare spettacolo a teatro o in una pubblica piazza, s’alzano in piedi; né è caporale di una squadra. Dai bambini si aspetta che abbiano fiducia in lei, che imparino a dirle buongiorno, che le raccontino le loro paure e i loro sogni notturni, che le diano la mano e, magari, le gironzolino intorno. La seconda, quando ha spiegato ad un ammutolito (finalmente!) conduttore che no, lei proprio non vorrebbe rivestire il ruolo di “maestra unica”. I bambini oggi, anche i cosiddetti normodotati, non hanno bisogno di insegnanti unici, ma di persone che sappiano effettivamente prendersi cura di loro, istruirli ed educarli. Se tre maestre su posto comune lavorano collegialmente in due classi, questo lavoro di cura riesce meglio. Perché, ad esempio. durante la compresenza, -  per la signora Ministra è uno spreco -  è possibile attivare progetti di recupero e seguire, in piccoli gruppi, bambini che, pur non essendo certificati (non avendo, cioè, una diagnosi di handicap), rimangono indietro negli apprendimenti. Sì, proprio così, dott. Vespa, la compresenza, se ben usata, non è uno spreco. Le maestre non sono due autisti che stanno sullo stesso tram: uno alla guida e l’altro a girarsi i pollici. Ma stando insieme, per quattro ore alla settimana (o giù di lì), possono dividere la classe in piccoli gruppi e individualizzare il loro insegnamento. Le brave maestre – quelle come Montessori – non rivolgono più le loro lezioni ad un astratto “scolaro medio”, ma a Bruno, a Silvia, a Enrico, a Maria Stella…Ognuno/a con i suoi bisogni singolari, con i suoi ritmi di apprendimento, con il suo stile cognitivo, con i suoi livelli di autostima, con la mappa in costruzione dei suoi saperi, delle sue conoscenze e delle sue abilità. Ma esigenze così importanti e osservazioni così semplici, il conduttore governativo, il ministro Tremonti e la Gelmini che ripeteva, tirata come non mai, la lezioncina sullo “stipendificio”, non potranno capirle, preda come sono del loro delirio ideologico: «Maestro unico, libro unico, voto unico sono parte di un progetto che io sento e vivo e sintetizzo con Dio, patria e famiglia.» Parole  al Corriere della Sera di Tremonti, parole del ragioniere unico e trino. Un tempo, questo dispositivo ideologico aveva un nome: fascismo.   PREMI E RICONOSCIMENTI SOCIALI               Sempre a Porta a porta, la Gelmini che sembrava, ha ragione mia figlia!, la signorina Rottermaier, verso la fine, invitata dal parroco massmediale, ha scritto sulla lavagna 7.000 euro lordi. E’ la “premialità”,  così l’ha chiamata, che verrà riconosciuta ai docenti nel 2012, a operazione di macelleria sociale terminata. Insomma, dopo aver disoccupato d’ufficio, nel triennio 2009-2011,  più di 150.000 persone (tra docenti e non docenti) e aver risparmiato più di 8 miliardi d’euro, ne restituisce 2 al 30% dei docenti “meritevoli”. Sulla pelle dei loro colleghi  precari, finalmente avranno un po’ di gratificazione economica e riconoscimento sociale. Perché, come ha spiegato il direttore-giornalista, convocato in suo soccorso, Vittorio Feltri, il denaro non è tutto nella vita, ma qualcosa fa. Settemila euro lordi sono, nel 2012 (campa cavallo!), all’incirca 200 euro netti al mese. Coi tempi che corrono, meglio che niente. Ma a quale prezzo?  Che possano poi dare riconoscimento sociale è semplicemente ridicolo. Ai signori del salotto televisivo, bisognerebbe ricordare che queste categorie intellettuali non hanno mai avuto grandi riconoscimenti sociali, neanche al tempo del maestro unico. Io che ne ho avuto  uno bravo, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, lo ricordo con le toppe ai gomiti. In una società agricola e con  alti tassi di analfabetismo, il maestro scriveva anche le lettere ai contadini, sbrigava pratiche burocratiche, compilava per loro bollettini di versamenti. Era “uomo di penna” di cui si aveva bisogno e come tale lo si rispettava. In quel periodo poi saper scrivere e, in generale, la cultura letteraria e scientifica erano percepiti come privilegi e momenti di emancipazione sociale. Ma oggi che si esiste solo se si appare in televisione e che molti papà e mamma, per fortuna,  hanno il loro sudato o non sudato diploma, il bisogno di rivolgersi rispettosamente alla maestra dei propri figli non viene avvertito. I conduttori televisivi le guardano dall’alto in basso. Anche in situazioni drammatiche, come quella di vedersi tagliare proditoriamente 150 mila posti di lavoro,  non si dà loro neanche la parola come capita, ad esempio, ai piloti e alle assistenti di volo.  Le  si invita nei salotti per fare al massimo le belle statuine. I genitori, quando va bene, le trattano da pari a pari. Il più delle volte, però, “precarizzati” dall’attuale mercato del lavoro, le guardano con invidia e le considerano delle privilegiate. Cosa vogliono dalla vita? Lavorano soltanto una ventina d’ore alla settimana e si fanno due mese di ferie. Meglio di così! Io non ho mai sentito i miei genitori criticare il maestro che si faceva 4 mesi di ferie (ai miei tempi la scuola cominciava il 1° Ottobre e chiudeva nei fatti il 31 Maggio). Se poi ci si mette pure Brunetta a dare in pasto alla cosiddetta opinione pubblica, in un sol fascio, i “fannulloni”di Stato, capirai quanto riconoscimento sociale potrà riversarsi sugli insegnanti. Già c’è chi vorrebbe insegnare alle maestre a fare le maestre. Se, dopo una laurea in scienze della formazione (questo è il titolo di studio oggi richiesto per insegnare nelle scuole elementari), ci si mette pure Tremonti a diffondere pillole di docimologia e populismo pedagogico spicciolo, il discorso è chiuso. Altro che riconoscimento sociale! Questa intellettualità ritenuta “bassa”, questi strati popolari, quasi tutte donne, verranno semplicemente schiacciati. Il fatto triste è che certi non capiscono che schiacciare le proprie maestre è come schiacciare i propri figli, è dare loro meno futuro. Una scuola primaria (e dell’obbligo) più povera produrrà quasi certamente un futuro più povero per le giovani generazioni.   TREMONTI DOCIMOLOGO   In un articolo destinato a diventare una pagina memorabile dell’ideologia sfascista della Destra italiana, l’economista barone Tremonti, dopo aver sostenuto che un «ritorno al passato e all’800» può essere indizio di un «nuovo futuro» (incredibile, ma vero!), si è prodotto in un insieme di proposizioni psico-pedagogiche al cui confronto quelle di mio padre (contadino) erano di una complessità, raffinatezza ed eleganza insuperabili. Tanto i contadini sapevano essere astuti ed intelligenti e, all’occorrenza, tacere quanto gli economisti alla Tremonti sanno essere presuntuosi, arroganti e sproloquianti. Ma ecco un assaggio di pensieri populisti del professore in cattedra improvvisatosi, per l’occasione, docimologo e psico-pedagogista: «Il 68 ha portato via i voti sostituendoli con i giudizi. I numeri sono una cosa. I giudizi sono una cosa diversa. I numeri sono una cosa precisa, i giudizi sono spesso confusi. Ci sarà del resto una ragione perché tutti i fenomeni significativi sono misurati con i numeri. Un terremoto è misurato con i numeri della scala Mercalli o Richter. Il moto marino è misurato in base alla scala numerica della “forza”, la temperatura del corpo umano ancora in base ai “gradi”. La mente umana è semplice e risponde a stimoli semplici.» (Corriere della Sera, 22/8/2008). Ognuna di queste affermazioni è falsa o incompleta. La prima, ad esempio, è falsa. Il Sessantotto non ha portato via i voti. Nella scuola elementare sono stati sostituiti dai giudizi nel 1977 con la legge 517, scritta e approvata da quel fior fiore di sessantottini che erano ministri e onorevoli democristiani dell’epoca. Questo segmento scolastico, comunque, sia pure con la valutazione espressa in giudizi, era e continua ad essere d’eccellenza, ai primi posti delle classifiche internazionali. Mentre la situazione della scuola media superiore e dell’Università, dove forse il barone Tremonti insegna e dove la valutazione espressa in decimi o in trentesimi non è mai stata abolita, è semplicemente disastrosa. Il voto, quindi, c’entra come il classico cavolo a merenda. Che i “numeri” e i “giudizi” siano una cosa diversa è una scoperta degna di monsieur La Palisse o, come avrebbe detto mio padre, dell’acqua calda. Non so, però, se a Tremonti sia mai capitato tra le mani una scheda di valutazione delle scuole elementari o medie inferiori. Relativamente alle discipline i giudizi sono espressi con gli aggettivi seguenti: insufficiente, sufficiente, buono, distinto, ottimo. Siamo, come pure un economista potrà capire, di fronte ad una successione di valori. L’unica differenza è che si sta utilizzando una scala ordinale, invece che cardinale. Davvero il Ministro crede che i genitori e i ragazzi non capiscano cosa voglia dire “sufficiente” in Italiano? Quanto alle scale dei terremoti, oltre ai numeri dei “gradi” (scala Mercalli) o della “magnitudo” (scala Richter), esse classificano “caratteristiche” (la prima) o “energia in joule” (la seconda) e descrivono “effetti” (sempre la prima) o “eventi umani e naturali” (ancora la seconda). Così, ad esempio, per la scala Mercalli un terremoto di grado IX è “rovinoso” e comporta il “crollo di alcune case”, “l’apertura di voragini nel terreno”, “lo scoppio delle tubazioni”. Sono nato in Irpinia e di terremoti, modestamente, me ne intendo!...Nel caso specifico Tremonti rappresenta per l’economia del nostro Paese e della nostra istruzione un terremoto di grado XI: è molto disastroso. E con ciò si spera che il barone abbia capito la differenza tra “misurazione” e “valutazione” e tra diversi tipi di scale. Conclusione: «La mente umana è semplice e risponde a stimoli semplici». Sì, forse quella di Tremonti. Ammesso che sappia di cosa stia parlando.   DON MILANI E IL NULLISMO DEL SESSANTOTTO   Sempre nella trasmissione di Porta a Porta di lunedì 22 settembre, fra una girandola e l’altra di cifre, allo spettatore è stata offerta una scheda (si chiama così), di maestri unici (nel senso di esemplari). Fra questi, il priore di Barbiana, don Lorenzo Milani. Toh, ho pensato, il nullista! Perché Tremonti, che accusa di “nullismo” il Sessantotto, sicuramente saprà che Lettera ad una professoressa è stato il libro più letto, amato, vissuto e praticato dalla generazione contestatrice del Sessantotto. Parlo di quella italiana. La cosa incredibile e che, per certi versi, fa specie, è vedere come tutto fa brodo nel frullatore televisivo. Così si decontestualizza l’operato di figure come Montessori, Manzi, don Milani e lo si ricontestualizza portandolo a sostegno di tesi che vanno in tutt’altra direzione (destra), hanno tutt’altro colore (nero) e sapore (olio di ricino). Che c’entra la pedagogia scientifica e l’attenzione alle differenze individuali della Montessori con la voglia di distruggere la scuola statale della Gelmini? Che c’entra l’attenzione agli analfabeti e agli ultimi di Manzi con la volontà di restaurare ottocentesche gerarchie sociali di Tremonti? Che c’entrano le riforme proposte dai ragazzi di don Milani per la scuola dell’obbligo con la litania sul “merito”della ministra (che poi, si sa, non disdegna sedi di concorso più facili)?...Nulla, ovviamente. Ma, quando nelle alte sfere governative e delle lobby interessate, si è deciso, pregiudizialmente, che bisogna scippare agli italiani la scuola primaria, i chierici della propaganda televisiva devono adeguarsi e tutto deve servire allo scopo. Facimme ammuina!...si dice a Napoli. Confondete le idee, intorbidate le acque. Oggi  la TV e il sistema mass-mediale serve a questo. Per i giovani allora e per quelli un po’ più anziani ma smemorati, l’invito è a  riaprire il libro dei ragazzi di Barbiana. A rileggerlo dalla prima all’ultima pagina. Qualcosa non va, ma la sostanza rimane attuale. Per esempio, ecco, a pagina 80, le riforme che proponevano: «Perché il sogno dell’eguaglianza non resti un sogno vi proponiamo tre riforme:           I – Non bocciare.           II – A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo.           III – Agli svogliati basta dargli uno scopo.» Qualcuno sa dirmi cosa c’entra tutto questo con la segheria sociale del duo Tremonti-Gelmini e con la propaganda tutta ideologica della divisa, del voto di condotta, ecc. ecc.? Nulla di nulla. E il perché si sa. E’ difficile trovare a destra maestre e  maestri esemplari dalla parte dei deboli e degli ultimi. I loro uomini e le loro donne stanno sempre dalla parte dei più forti e degli arrivisti.       LA SCUOLA DEGLI ARRIVISTI   La scuola che ama Gelmini è stata efficacemente descritta nelle pagine di Lettera ad una professoressa. E’ quella “normale” degli arrivisti:   «Anche il fine dei vostri ragazzi è un mistero. Forse non esiste, forse è volgare. Giorno per giorno studiano per il registro, per la pagella, per il diploma. E intanto si distraggono dalle cose belle che studiano. Lingue, storia, scienze, tutto diventa voto e null’altro. Dietro a quei fogli di carta c’è solo l’interesse individuale. Il diploma è quattrini. Nessuno di voi lo dice. Ma stringi stringi il succo è quello. Per studiare volentieri nelle vostre scuole bisognerebbe essere già arrivisti a 12 anni. A 12 anni gli arrivisti son pochi. Tant’è vero che la maggioranza dei vostri ragazzi odia la scuola. Il vostro invito volgare non meritava altra risposta.» (pag. 24) SONDAGGITE E PASSAPAROLA   Il giorno dopo la trasmissione di Porta a porta, una maestra allarmata mi fa: «Ma hai visto che sondaggi “bulgari” a favore delle proposte di Gelmini?...» «Fregatene!...» le rispondo. «Il 68% degli italiani è a favore del maestro unico e io devo fregarmene?...» «Sì, devi fregartene!... I sondaggi sono strumenti di costruzione del consenso. Vogliono farci credere che siamo minoranze ostinate, demoralizzarci, costringerci ad abbassare la guardia. Tanto per dirtene una, il giornale della Confindustria, Il Sole 24 Ore, lunedì 15 settembre  pubblicava un altro sondaggio secondo cui gli italiani bocciano il maestro alle elementari con un secco 4 e mezzo. Anche il ritorno del grembiule non è che sia vissuto con un grande entusiasmo. L’apprezzamento è appena 5. Il ritorno dei voti nelle scuole elementari e medie 5,5.  E’ vero che si può cambiare opinione da una settimana all’altra, ma non esageriamo. Il fatto banale è che quel giornale lo leggono pochissime persone, mentre Porta a porta viene vista da una platea molto più ampia. Allora si usa  il sondaggio e  la TV per spostare opinione…Profezia che si auto-adempie.»  «Davvero è così?...» «Ma certo!...Non scoraggiarti! Tu resta ferma nelle tue opinioni e continua il passaparola.» Ha ragione Baudrillard pensavo, alla fine, tra me e me: «I cittadini sono sondati così spesso che hanno perso ogni opinione.» Ecco, all’inizio del terzo millennio, lo scopo della cosiddetta governance: farci perdere ogni opinione, renderci docili, servili e…capitalisticamente produttivi.       DECISIONISMO E RESISTENZA   Guardando la maestra tenuta in silenzio nel salotto di Vespa, pensavo al Sud. Non solo perché moltissimi insegnanti provengono da quelle regioni e sono stati offesi arrogantemente da una ministra; pensavo al Sud perché, come ha sostenuto in un recente articolo, l’opinion maker Galli Della Loggia, il Sud è silenzioso. «E santo cielo lo zittite! Non l’ascoltate! Non lo fate parlare!» Mi dicevo, commentando rabbioso. E riandavo con la mente alla discarica che vogliono allestire in Irpinia, sul Formicoso, tra Bisaccia e Andretta. Pensavo allo scempio che vogliono fare di una terra già tanto martoriata, alla difficoltà di far valere le proprie ragioni, di “bucare” la cortina di menzogne e smog sociale diffuso nei mass-media. Durante l’estate ho sperimentata questa difficoltà insieme ai miei amici e compaesani. Per avere un articolo sulle pagine nazionali dei quotidiani si è dovuto mobilitare Vinicio Capossela. Per il resto, niente. Indifferenza, silenzio assoluto. Ecco, ormai penso che i governi siano in guerra con le popolazioni, con i ceti sociali medio-bassi, con gli umiliati ed offesi: ora contro gli immigrati con la scusa della sicurezza, qualche giorno dopo contro le popolazioni di paesi semi-abbandonati e qualche altro giorno dopo ancora contro le maestre di scuola elementare, intellettualità  notoriamente “bassa” che non ha baroni e lobby in paradiso. E’ in atto una vera e propria “guerra sociale”, una pervicace volontà di portare oppressione, paura, morte. Quando si definisce un territorio “d’interesse militare” (o giù di lì) come si è fatto col decreto sulla sicurezza è come se si dichiarasse l’intenzione di volerlo conquistare e riservare ai propri fini, che non sono quelli delle popolazioni o degli strati sociali interessati, ma di quel “complesso industriale, finanziario e militare” che ci governa. Sappiamo che intorno agli inceneritori girano lobby affaristiche. Sappiamo che con la scusa di assicurare salute e igiene alle popolazioni si costruiscono termovalorizzatori e si allestiscono discariche per  alimentare l’economia legale ed illegale dei rifiuti. Questo, anche quando, argomenti alla mano, un’altra politica è possibile: ridurre l’ingombro, differenziare, riciclare, ecc.  Un’altra politica dei rifiuti o un’altra politica della scuola. Ma l’altra politica  non si fa.  Si preferisce la logica commissariale (o dittatoriale?) dell’emergenza. Si interviene con decreti di urgenza, quando si sostiene che vi sono masse di rifiuti accumulati per le strade. Ma si interviene  con decreti di urgenza anche quando non c’è nessuna urgenza. Si torna al “maestro unico”, come se ci fosse in atto un alluvione o un terremoto. Tutto ciò non può non preoccupare ognuno di noi. Asor Rosa nel mese di agosto, in suo articolo parlò di “fascismo”. Non so se esagerava.  Certo è che il piglio decisionista del governo in qualsiasi settore della vita sociale  è tipico di chi vuole imbavagliare preventivamente  e di chi vuole stroncare sul nascere ogni diritto di resistenza. Sbaglio o ci aspettano tempi duri?  DONATO SALZARULO SETT. 2008