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«Studiato in tutto il mondo, tu sei stato quasi dimenticato in Italia. Forse oggi anche la sinistra italiana non ama più il pensiero, forse anch'essa è salita sul carro della cultura intesa come esibizione e spettacolo»  - [GIULIANO GRAMSCI - lettera al padre Antonio Gramsci]

 

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IL CASO MORO

16 marzo: alle ore 9,15 un commando di brigatisti rossi (composto secondo le risultanze dei processi, da nove persone più una vedetta) tendono un agguato in via Mario Fani ad Aldo Moro, Presidente del Consiglio nazionale della DC, mentre va a Montecitorio per il dibattito sulla fiducia al 4° governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci. In pochi secondi i brigatisti uccidono i due carabinieri che accompagnano Moro e i tre poliziotti dell'auto di scorta. L'on. Moro viene caricato a forza su una fiat 132 blu. Poco dopo, le Brigate Rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa...

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COMINCIAMO DA NOI

Post n°78 pubblicato il 20 Aprile 2008 da sinistracologno

Dopo il crollo della Sinistra Arcobaleno, ci rivolgiamo ai militanti e ai dirigenti del Pdci e del Prc e a tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia

Siamo comuniste e comunisti del nostro tempo. Abbiamo scelto di stare nei movimenti e nel conflitto sociale. Abbiamo storie e sensibilità diverse: sappiamo che non è il tempo delle certezze. Abbiamo il senso, anche critico, della nostra storia, che non rinneghiamo; ma il nostro sguardo è rivolto al presente e al futuro. Non abbiamo nostalgia del passato, semmai di un futuro migliore.

Il risultato della Sinistra Arcobaleno è disastroso: non solo essa ottiene un quarto della somma dei voti dei tre partiti nel 2006 (10,2%) - quando ancora non vi era l’apporto di Sinistra Democratica - ma raccoglie assai meno della metàdei voti ottenuti due anni fa dai due partiti comunisti (PRC e PdCI), che superarono insieme l’8%. E poco più di un terzo del miglior risultato dell’8,6% di Rifondazione, quando essa era ancora unita. Tre milioni sono i voti perduti rispetto al 2006. E per la prima volta nell’Italia del dopoguerra viene azzerata ogni rappresentanza parlamentare: nessun comunista entra in Parlamento. Il dato elettorale ha radici assai più profonde del mero richiamo al “voto utile”:risaltano la delusione estesa e profonda del popolo della sinistra e dei movimenti per la politica del governo Prodi e l’emergere in settori dell’Arcobaleno di una prospettiva di liquidazione dell’autonomia politica, teorica e organizzativa dei comunisti in una nuova formazione non comunista, non anticapitalista, orientata verso posizioni e culture neo-riformiste. Una formazione che non avrebbe alcuna valenza alternativa e sarebbe subalterna al progetto moderato del Partito Democratico e ad una logica di alternanza di sistema.

E’ giunto il tempo delle scelte: questa è la nostra


Non condividiamo l’idea del soggetto unico della sinistra di cui alcuni chiedono ostinatamente una “accelerazione”, nonostante il fallimento politico-elettorale. Proponiamo invece una prospettiva di unità e autonomia delle forze comuniste in Italia, in un processo di aggregazione che, a partire dalle forze maggiori (PRC e PdCI), vada oltre coinvolgendo altre soggettività politiche e sociali, senza settarismi o logiche auto-referenziali. Rivolgiamo un appello ai militanti e ai dirigenti di Rifondazione, del PdCI, di altre associazioni o reti, e alle centinaia di migliaia di comuniste/i senza tessera che in questi anni hanno contribuito nei movimenti e nelle lotte a porre le basi di una società alternativa al capitalismo, perché non si liquidino le espressioni organizzate dei comunisti ed anzi si avvii un processo aperto e innovativo, volto alla costruzione di una “casa comune dei comunisti”. Ci rivolgiamo: -alle lavoratrici, ai lavoratori e agli intellettuali delle vecchie e nuove professioni, ai precari, al sindacalismo di classe e di base, ai ceti sociali che oggi “non ce la fanno più” e per i quali la “crisi della quarta settimana” non è solo un titolo di giornale: che insieme rappresentano la base strutturale e di classe imprescindibile di ogni lotta contro il capitalismo; -ai movimenti giovanili, femministi, ambientalisti, per i diritti civili e di lotta contro ogni discriminazione sessuale, nella consapevolezza che nel nostro tempo la lotta per il socialismo e il comunismo può ritrovare la sua carica originaria di liberazione integrale solo se è capace di assumere dentro il proprio orizzonte anche le problematiche poste dal movimento femminista; -ai movimenti contro la guerra, internazionalisti, che lottano contro la presenza di armi nucleari e basi militari straniere nel nostro Paese, che sono a fianco dei paesi e dei popoli (come quello palestinese) che cercano di scuotersi di dosso la tutela militare, politica ed economica dell’imperialismo; -al mondo dei migranti, che rappresentano l’irruzione nelle società più ricche delle terribili ingiustizie che l’imperialismo continua a produrre su scala planetaria, perchè solo dall’incontro multietnico e multiculturale può nascere - nella lotta comune - una cultura ed una solidarietà cosmopolita, non integralista, anti-razzista, aperta alla “diversità”, che faccia progredire l’umanità intera verso traguardi di superiore convivenza e di pace. Auspichiamo un processo che fin dall’inizio si caratterizzi per la capacità di promuovere una riflessione problematica, anche autocritica. Indagando anche sulle ragioni per le quali un’esperienza ricca e promettente come quella originaria della “rifondazione comunista” non sia stata capace di costruire quel partito comunista di cui il movimento operaio e la sinistra avevano ed hanno bisogno; e come mai quel processo sia stato contrassegnato da tante divisioni, separazioni, defezioni che hanno deluso e allontanato dalla militanza decine di migliaia di compagne/i. Chiediamo una riflessione sulle ragioni che hanno reso fragile e inadeguato il radicamento sociale e di classe dei partiti che provengono da quella esperienza, ed anche gli errori che ci hanno portati in un governo che ha deluso le aspettative del popolo di sinistra: il che è pure all’origine della ripresa delle destre. Ci vorrà tempo, pazienza e rispetto reciproco per questa riflessione. Ma se la eludessimo, troppo precarie si rivelerebbero le fondamenta della ricostruzione. Il nostro non è un impegno che contraddice l’esigenza giusta e sentita di una più vasta unità d’azione di tutte le forze della sinistra che non rinunciano al cambiamento. Né esclude la ricerca di convergenze utili per arginare l’avanzata delle forze più apertamente reazionarie. Ma tale sforzo unitario a sinistra avrà tanto più successo, quanto più incisivo sarà il processo di ricostruzione di un partito comunista forte e unitario, all’altezza dei tempi. Che - tanto più oggi - sappia vivere e radicarsi nella società prima ancora che nelle istituzioni, perché solo il radicamento sociale può garantire solidità e prospettive di crescita e porre le basi di un partito che abbia una sua autonoma organizzazione e un suo autonomo ruolo politico con influenza di massa, nonostante l’attuale esclusione dal Parlmento e anche nella eventualità di nuove leggi elettorali peggiorative. La manifestazione del 20 ottobre 2007, nella quale un milione di persone sono sfilate con entusiasmo sotto una marea di bandiere rosse coi simboli comunisti, dimostra – più di ogni altro discorso – che esiste nell’Italia di oggi lo spazio sociale e politico per una forza comunista autonoma, combattiva, unita ed unitaria, che sappia essere il perno di una più vasta mobilitazione popolare a sinistra, che sappia parlare - tra gli altri - ai 200.000 della manifestazione contro la base di Vicenza, ai delegati sindacali che si sono battuti per il NO all’accordo di governo su Welfare e pensioni, ai 10 milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno sostenuto il referendum sull’art.18.

Auspichiamo che questo appello – anche attraverso incontri e momenti di discussione aperta - raccolga un’ampia adesione in ogni città, territorio, luogo di lavoro e di studio, ovunque vi siano un uomo, una donna, un ragazzo e una ragazza che non considerano il capitalismo l’orizzonte ultimo della civiltà umana.

www.comunistiuniti.it

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Commenti al Post:
pdac.milano
pdac.milano il 03/05/08 alle 01:09 via WEB
Non ha fallito la sinistra comunista, ha fallito la sinistra governista COSTRUIAMO INSIEME UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA ANCHE A COLOGNO MONZESE Basta con questi appelli per ripetere le stesse esperienze, gli stessi fallimenti. La sinistra riformista raccoglie i frutti di due anni di attacchi ai lavoratori Dopo che per due anni la sinistra governista - Rifondazione comunista, Verdi, Comunisti Italiani in primis - ha sostenuto attivamente e diligentemente il governo di Confindustria, i nodi sono arrivati al pettine. Le elezioni politiche hanno sancito la morte della Sinistra Arcobaleno, il cartello elettorale che raggruppava le forze della sinistra radicale di governo e che ha candidato alla presidenza del Consiglio Fausto Bertinotti. A nulla sono valsi i disperati tentativi di riprendere credibilità allo scoccare dell'ultima ora: i lavoratori, a differenza di quello che pensano ministri e burocrati riformisti, non hanno memoria breve. Non basta qualche distinguo nell'aula parlamentare alla vigilia del voto per cancellare due anni di sostegno incondizionato e appassionato a finanziarie lacrime e sangue, all'aumento delle spese militari, al finanziamento delle missioni coloniali, all'aumento dell'età pensionabile, ai tagli alla scuola pubblica e ai finanziamenti alle scuole private, a decreti razzisti. La fedeltà di Rifondazione comunista, dei Comunisti Italiani e delle altre forze dell'Arcobaleno a tutte le manovre padronali ha portato prima allo sfaldamento del quadro militante di quei partiti, per poi tradursi persino nella perdita di un bacino elettorale che, seppur con varie oscillazioni, era superiore all'11% (sommando le percentuali ottenute alle scorse elezioni politiche dai partiti che compongono l'Arcobaleno). Oggi la Sinistra Arcobaleno si ferma al 3% e perde ogni rappresentanza parlamentare. Al di là delle sirene del voto utile di Veltroni - che avranno sicuramente attratto parte di quell'elettorato impossibilitato, a causa di un'omogeneità di fatto, di distinguere tra Pd e socialdemocrazia - gran parte dei delusi dalle politiche governiste ha optato per l'astensione. Governi di centrodestra e governi di centrosinistra fanno le stesse politiche e lo hanno dimostrato!! Le politiche antioperaie del governo Prodi, con la conseguente perdita del potere d'acquisto dei salari e l'impoverimento di fette crescenti della popolazione, hanno aperto la strada alla vittoria della destra populista e reazionaria. L'ampia affermazione, anche tra gli operai, della Lega Nord - che non ha caso, oltre a riproporre la solita retorica xenofoba, ha fatto appello al voto dei lavoratori tartassati dal precedente governo - è il frutto acerbo di due anni di politiche di sostegno ai profitti di pochi e di sistematico attacco ai lavoratori. La collaborazione attiva a queste politiche da parte della sinistra riformista, oltre a decretarne il fallimento, ha privato i lavoratori di un punto di riferimento per le loro rivendicazioni: la politica concertativa delle burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil in combutta con la cosiddetta sinistra radicale di governo ha determinato il più basso numero di ore di sciopero, a fronte del più pesante attacco ai diritti dei lavoratori. Addirittura, si è arrivati a mettere in discussione conquiste storiche della classe operaia, come il contratto collettivo nazionale di lavoro. Tutto questo è avvenuto senza nemmeno l'ombra di un grande sciopero generale (se escludiamo quelli indetti dal sindacalismo di base, necessariamente minoritari). Se le destre hanno vinto con un ampio margine non è per caso: è perché il centrosinistra, col pieno appoggio delle forze socialdemocratiche dell'Arcobaleno, ha rincorso la destra sul suo stesso terreno, aprendo così la strada alla sua vittoria. Il fatto che, in campagna elettorale, Pd e Pdl si siano presentati con programmi fotocopia e abbiano fatto a gara a chi presentava il maggior numero di candidati confindustriali e guerrafondai (da Colaninno a Ichino, da Calearo al generale Del Vecchio) è la riprova che non esistono differenze sostanziali tra i due schieramenti: centrodestra e centrosinistra rappresentano gli stessi interessi di classe, quelli delle grandi banche e della grande borghesia italiana. Dopo il fallimento del riformismo, occorre cambiare rotta. Si tratta, fin da subito, di rilanciare la battaglia per cacciare il governo delle destre, costruire comitati di lotta in tutti i luoghi di lavoro e nei quartieri per fermare gli scontati attacchi del governo, con l'obiettivo di un grande sciopero generale per l'aumento dei salari, la cancellazione delle leggi precarizzanti, l'aumento delle pensioni. Ora che il progetto dell'Arcobaleno è morto nel peggiore dei modi, assistiamo al grottesco tentativo - da parte degli stessi dirigenti che per due anni hanno gestito, seduti al fianco dei rappresentanti della grande borghesia italiana, le politiche antioperaie - di gettarsi sul cadavere del riformismo per rianimarlo sotto una nuova veste. E' il caso di Diliberto e del gruppo dirigente dei Comunisti Italiani, che fanno appello all'unità dei comunisti sotto le loro bandiere, per dare vita a un nuovo partito riformista che intende ripercorrere la stessa strada fallimentare (lo stesso Diliberto lamenta il mancato accordo elettorale col Pd, ciò col partito di Calearo e Colaninno!). Ferrero, dopo essere stato per due anni ministro alla Solidarietà sociale di un governo che dava la caccia agli immigrati, ora si fa paladino di una battaglia per salvare "Rifondazione comunista", mentre Giordano e Vendola annunciano di voler proseguire la "costituente della sinistra". In tutti i casi, un dato è certo: nessuno dei dirigenti dei partiti della sinistra di governo mette in discussione la strategia politica, che era e resta quella di tornare al governo con i partiti della borghesia, Pd in testa, come dimostra il fatto che, a livello locale, le alleanze di governo non sono state messe in discussione ma, anzi, ribadite in occasione delle ultime amministrative. Impegniamoci per costruire insieme, nelle lotte, una sinistra rivoluzionaria Per salvare la sinistra comunista in Italia occorre cambiare radicalmente rotta: bisogna prendere atto che le politiche riformiste sono politiche di collaborazione di classe, che lasciano l'economia e il potere nelle mani dei padroni, a danno dei lavoratori: tanto più in una fase di crisi del capitalismo, l'alleanza dei partiti dei lavoratori col padronato si traduce nella vittoria di quest'ultimo, senza che sia possibile strappare nemmeno delle briciole. L'abbattimento del capitalismo è oggi l'unica prospettiva credibile per difendere realmente gli interessi dei lavoratori, degli immigrati, delle donne, dei tanti giovani precari. Bisogna costruire fin da subito le lotte contro tutti i governi dei padroni. Ma, per fare ciò e per contrastare il radicamento della destra populista, serve un partito comunista con influenza di massa, basato sull'indipendenza di classe dalla borghesia e dei suoi governi: è un partito che oggi non esiste e che non abbiamo la pretesa di rappresentare, ma alla cui costruzione intendiamo impegnarci. Occorre un partito rivoluzionario che intervenga nelle lotte - per il salario, le pensioni, le condizioni di lavoro - per legarle a quella prospettiva di alternativa di società. Occorre un partito che, con un lavoro paziente, si impegni per costruire i rapporti di forza - che ancora oggi non ci sono - per un'alternativa di società. Facciamo appello a tutti i comunisti indignati dalle politiche di governo - cioè dalle politiche riformiste che si traducono inevitabilmente nel sostegno agli interessi del padronato - a costruire una sinistra rivoluzionaria in Italia, che rifiuti per principio la partecipazione ai governi dei padroni, che miri a rovesciare il sistema capitalista, per un governo dei lavoratori. L'unità dei militanti va costruita su questi basi rivoluzionarie, le uniche in grado di sviluppare le lotte nell'indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi. Per questo vi facciamo la proposta di costruire insieme a noi, fin da subito, comitati in tutte le città contro il governo Berlusconi: serve l'unità dei lavoratori contro il padronato. La realtà quotidiana ci dimostra che la prospettiva rivoluzionaria è l'unica realistica: il capitalismo, comunque governato, da governi di centrodestra o di centrosinistra, con o senza il concorso della sinistra socialdemocratica, si traduce in miseria, guerra, sfruttamento, devastazione ambientale, discriminazioni razziali e sessuali. L'unica difesa possibile dei lavoratori è quella di rovesciare questo sistema economico e sociale, il capitalismo, per dare ai lavoratori il controllo dell'economia e della produzione. Mettiamo insieme le nostre forze, riprendiamoci i luoghi di lavoro per dire no ai governi di Confindustria, per una prospettiva anticapitalista. -------------------------------------------------------------------------------- per contattarci scrivi a pdac.milano@gmail.it o telefona ai compagni di Cologno Monzese 3931138384 Visita il nostro sito, ogni giorno nuovi articoli: www.alternativacomunista.org
 
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