CI SONO STRADE CHE DIVENTANO MEMORIAI Monti della Laga sono arcane piramidi di arenaria nera in mezzo alle bianche dolomie del Gran Sasso e dei Sibillini. Il versante ascolano è il più impervio. Il Castellano, il fiume dove giocavo da bambino, nelle cascate del quale ho imparato a nuotare, che nel centro di Ascoli si ricongiunge col suo fratello maggiore Tronto, crea dirupi, forre e strapiombi. Roba da contrabbandieri, da briganti, da partigiani. Questa è terra di frontiera. Sembra un controsenso, siamo nel bel mezzo del Centritalia, ma il ponte sul Castellano, un fiume sconosciuto ai più, divide o unisce due mondi, come a Mostar la Neretva. Il Castellano è stato per secoli un confine tra i più longevi d’Europa. Tra Romani e Sanniti, tra Goti e Bizantini, tra Longobardi e Carolingi, poi tra l’immobile e ordinato Stato Pontificio e lo scombinato e fantasioso Regno delle Due Sicilie. Qua i centocinquant’anni di unità d’Italia non si sentono mica tanto. Di qua siamo ancora “i papalini”, di la sono ancora “i regnicoli”.Dopo Acquasanta la strada sembra perdere qualsiasi direzione e smarrirsi in un mare di curve irregolari. La strada è deserta, un vuoto umano totale, nemmeno una luce. San Martino è incastrata proprio su una curva del Castellano. Nove abitanti, nove cristiani come li chiamano qui. Quattro case, una chiesa e un cane enorme in mezzo alla strada vegliano su un traffico di cercatori di funghi, pescatori di trote e cacciatori di cinghiali. Le vecchie pietre del “maniero dei briganti” che sovrasta il paese appaiono come sull'orlo di una scarpata dantesca. Al tempo del censimento del 1951 al paese abitavano quasi trecento persone e tremila nel comprensorio. Oggi nove in paese e meno di cento nel comprensorio.Ora però quelle pietre hanno ripreso vita, c'è una locanda, che è anche bar, alimentari, farmacia, giornalaio, emporio, internet point,con stanze per gli ospiti sistemate nelle vecchie case restaurate.
VIAGGI NEL TEMPO
CI SONO STRADE CHE DIVENTANO MEMORIAI Monti della Laga sono arcane piramidi di arenaria nera in mezzo alle bianche dolomie del Gran Sasso e dei Sibillini. Il versante ascolano è il più impervio. Il Castellano, il fiume dove giocavo da bambino, nelle cascate del quale ho imparato a nuotare, che nel centro di Ascoli si ricongiunge col suo fratello maggiore Tronto, crea dirupi, forre e strapiombi. Roba da contrabbandieri, da briganti, da partigiani. Questa è terra di frontiera. Sembra un controsenso, siamo nel bel mezzo del Centritalia, ma il ponte sul Castellano, un fiume sconosciuto ai più, divide o unisce due mondi, come a Mostar la Neretva. Il Castellano è stato per secoli un confine tra i più longevi d’Europa. Tra Romani e Sanniti, tra Goti e Bizantini, tra Longobardi e Carolingi, poi tra l’immobile e ordinato Stato Pontificio e lo scombinato e fantasioso Regno delle Due Sicilie. Qua i centocinquant’anni di unità d’Italia non si sentono mica tanto. Di qua siamo ancora “i papalini”, di la sono ancora “i regnicoli”.Dopo Acquasanta la strada sembra perdere qualsiasi direzione e smarrirsi in un mare di curve irregolari. La strada è deserta, un vuoto umano totale, nemmeno una luce. San Martino è incastrata proprio su una curva del Castellano. Nove abitanti, nove cristiani come li chiamano qui. Quattro case, una chiesa e un cane enorme in mezzo alla strada vegliano su un traffico di cercatori di funghi, pescatori di trote e cacciatori di cinghiali. Le vecchie pietre del “maniero dei briganti” che sovrasta il paese appaiono come sull'orlo di una scarpata dantesca. Al tempo del censimento del 1951 al paese abitavano quasi trecento persone e tremila nel comprensorio. Oggi nove in paese e meno di cento nel comprensorio.Ora però quelle pietre hanno ripreso vita, c'è una locanda, che è anche bar, alimentari, farmacia, giornalaio, emporio, internet point,con stanze per gli ospiti sistemate nelle vecchie case restaurate.