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abruzzo


ABRUZZO Popolazione: 1.276.040 Superficie (Kmq): 10795 Densità (Ab/Kmq.): 118 Capoluogo: L'Aquila (AQ) Altre Province: Chieti (CH); Pescara (PE); Teramo (TE).   Sulmona e le antiche leggende   Sulmona è senz’altro la più celebre località dell’Abruzzo. La città, che si trova in una magnifica conca, è inoltre una delle più vivaci e interessanti città della regione, e vanta antichissima origine. Sulmona, infatti, ha avuto il periodo più florido ai tempi di Cesare quando si arricchì di templi, di acquedotti, di terme e di un teatro. Mentre le fertili campagne circostanti, già da allora irrigate, fornivano vari e abbondanti prodotti per tutta la popolazione. Nel Medioevo Sulmona si rese famosa per i suoi preziosissimi lavori di oreficeria e per l’arte tipografica. Una tradizione persa in gran parte, mentre persiste ancora oggi indiscussa l’arte di produrre i confetti: ricoperti di carte e tulle colorati. Famosi in tutto il mondo per il loro gustoso sapore, i confetti rappresentano una consuetudine negli acquisti dei turisti, una specie di tappa obbligata. Interessanti alcune delle leggende più famose della zona legate per la maggior parte ad Ovidio, il più illustre figlio di Sulmona. Una di queste vuole che il poeta fosse perdutamente innamorato di una bella fanciulla che aveva un cuore freddo come il ghiaccio e duro come il diamante. Non riuscendo a conquistarla, si lasciava vivere nella speranza che un giorno, in un modo o nell’altro, sarebbe scoccato il colpo di fulmine. Fu così che abbandonò la casa paterna e si rifugiò nel bosco di Angizia dove, studiando giorno e notte, imparò le arti magiche. Finalmente poteva conquistare la fanciulla. Per offrirle doni preziosi cominciò a servirsi dei suoi incantesimi abbindolando gli onesti abitanti della vallata. Accumulò dunque grandi ricchezze, terrorizzando e maltrattando la popolazione locale. Il re, sdegnato e irritato di ciò, lo relegò in un paese lontano, dove la solitudine e la povertà lo riportarono a prendere la retta via. Un’altra famosa storia legata a Sulmona, riguarda San Panfilo, il protettore della città. La leggenda popolare racconta che egli da fanciullo era in contrasto con il padre: si era convertito al cristianesimo mentre il padre era pagano. L’atteggiamento del figlio irritò ovviamente il vecchio genitore che un giorno, in una crisi di follia, concepì un progetto sanguinario. Ordinò a Panfilo di salire sopra un carro e di scendere da Pacile fino alla valle del fiume Gizio. In questo punto la montagna era molto ripida e il ragazzo sarebbe precipitato con il carro. Invece, con l’aiuto degli angeli, miracolosamente gli zoccoli dei buoi e le ruote del carro affondarono nella roccia, in modo che Panfilo poté scendere lentamente a valle. Sui fianchi del monte, si racconta, ancora oggi si scorgono le orme dei buoi e le scanalature prodotte dal passaggio del carro.   La leggenda di San Martino Nella nostra tradizione San Martino è il protettore del vino e si narra una leggenda sulla sua vita per spiegare questa attribuzione. La figura del santo non ha niente a che fare con il Santo venerato dalla chiesa, ma è una figura che ricalca in modo impressionante quella di Bacco. Nella mitologia classica dal corpo di Bacco ucciso spunta la vite e questo è anche il punto centrale della figura di San Martino nella leggenda.Un'analisi attenta del testo della tradizione ci dice molto sul sincretismo pagano-cristiano ancora largamente diffuso nella nostra tradizione, tenuto conto che la festa di questo santo l'undici novembre è associataa una particolarissima festa detta "Processione dei cornuti" che è un vero e proprio relitto del Baccanale e delle feste della fertilità.La vita di San MartinoSan Martino era uno che si ubriacava sempre, un ubriacone.Una sera, era d'inverno ed era caduta un po' di neve, faceva molto freddo e San Martino era stato in una cantina e si era ubriacato. In quei giorni la moglie era incinta e stava per partorire. Mentre egli tornava a casa, gli venne uno scrupolo nell'anima.Disse fra sé e sé: "Ora torno a casa e vado a coricarmi accanto a quella poveretta,così intirizzito dal freddo come sono, ubriaco. Non voglio farla soffrire, per questa sera dormo giù nella nostra cantina."E così fece. Entrò giù nella sua cantina e si accovacciò in una nicchia scavata dentro il muro proprio dietro una grande botte. La notte, a causa del freddo, morì!Quando la sua anima giunse davanti a Dio, Dio vedendo che lui era morto per non fare del male alla moglie, lo fece santo. Intanto la moglie aspettò invano ma del marito non seppe più notizie.Ma da quel giorno cominciò ad accadere un fatto miracoloso: da quella grande botte che lei teneva in cantina, più vino cacciava e più ce ne ritrovava!Cos'è e cosa non è intanto la notizia si propagò.Venne il prete e la gente dal paese per vedere quel miracolo. Il prete volendo accertarsi, osservò bene la botte sotto e sopra, davanti e dietroŠe che trovò?Vidde il corpo del santo dentro la nicchia e vide che dalla sua bocca era spuntata una vite e questa vite era entrata dentro la botte. E come dopo guardarono dentro la botte,viddero che questa vite aveva messo l'uva e l'uva diventava vino da sola. Allora dissero: "Solo un santo può fare un miracolo come questo!" E vi costruirono una chiesa. Ecco perché San Martino è il patrono del vino.