Skizopsycho

1944


“Sembravamo personaggi di un film di Ridolini.”, mi racconta a volte la zia Ida, “tanti robot indaffarati che correvano velocemente da una parte all’altra, lavorando meccanicamente. Senza sapere nemmeno il perché”.“In quei nove mesi, ho visto mia madre tre volte, e solo perché ero riuscita a farmi assegnare alla distribuzione del cibo. Una volta mi diede un foulard perché potessi ripararmi dal freddo la testa calva, e mi raccomandò di non tornare mai da lei con quel fazzoletto addosso. Me ne dimenticai e quando entrai nella sua baracca, una donna - forse polacca - me lo strappò via imprecando contro di me”.“Allora capii che mia madre lo aveva rubato. Era diventata ladra per me, la sua figlia minore. Da quel giorno non l’ho più vista”.Ida non dimentica ed io con lei. Si arrotola la manica sinistra e mi mostra un numero, a perenne ricordo. Quando ero bambina, mi diceva “prova a telefonare, vediamo chi risponde”.Oggi, forse, potrebbe rispondermi un novantatreenne praticante avvocato. O un magistrato militare di sorveglianza dalla memoria corta.