S A T O R

(Diari intimi - XXII) Charles Baudelaire


Quanto a me, che mi sento talvolta ridicolo come un profeta, so che non troverò mai in me la carità d'un medico. Perduto in questo mondaccio, urtato dalle gomitate delle folle, sono come un uomo spossato, che veda dietro a sé negli anni profondi solo delusione e amarezza, e, davanti, solo una tempesta che nulla racchiuda di nuovo, né insegnamento né dolore. La sera in cui quest'uomo ha rubato al destino qualche ora di piacere, cullato nella sua digestione, dimentico, - per quanto è possibile, - del passato, contento del presente e rassegnato all'avvenire, inebriato del suo sangue freddo e del suo dandysmo, orgoglioso di non raggiungere la bassezza di coloro che passano, dice a se stesso, contemplando il fumo del sigaro: che m'importa dove vadano queste coscienze?