SLIDING DOORS

Suite 23


Scendo dall’aereo, accendo il cellulare arriva un tuo messaggio: “Aspettami all’aeroporto, passo a prenderti”.  Prendo il bagaglio e vado in sala di attesa. In piedi, di spalle all’entrata. Non voglio vederti arrivare, ma voglio riconoscere la voce, il tocco delle tue mani, il tuo profumo.  Sei in ritardo, come sempre.  Per ingannare il tempo, mi metto a sistemare la borsa. Passa qualche minuto quando ti sento arrivare, fermarti dietro di me: con le mani mi stringi le braccia e appoggi le tue labbra sul mio collo. Un bacio, un brivido. “Ciao Tesoro, ben arrivata. Sei sempre bellissima”. Mi giro e ricambio il tuo bacio sfiorandoti la guancia. Sei splendido, abbronzato. Prendi la mia valigia, saliamo in macchina e ci avviamo verso il mio hotel. Sorrido pensando che ogni volta è la stessa emozione: i primi minuti insieme siamo sempre imbarazzati, come se fosse il nostro primo incontro. Mentre guidi il tuo sguardo ogni tanto cade sulle mie gambe accavallate,  con le calze a rete che ti piacciono tanto, ma non vuoi fartene accorgere.  Sciocco. Dall’aeroporto all’hotel ci sono una quindicina di chilometri attraverso una campagna meravigliosa. E’ il tramonto e la luce  ha un effetto aureo.  Allungo una mano sulla tua coscia e, mentre stai guidando, mi avvicino e ti bacio. “Fai la brava, non distrarmi, tra poco arriviamo”. No, non ho voglia di fare la brava, lo sono stata fin troppo in questi due mesi. Mi avvicino ancora, ti bacio di nuovo, ti lecco le labbra. Voglio sentire quanta voglia hai di me, la mia mano sale, ti accarezzo attraverso la stoffa…  Sento la tua eccitazione, mi desideri e ti desidero anche io. Cominci ad accarezzarmi anche tu, la tua mano sulla gamba, le dita sfiorano le maglie delle calza, sale…  questa volta non porto autoreggenti ma collant. Sembri deluso, hai più difficoltà a raggiungere lo slip, ma ti accorgi che oggi non lo porto. Infili le dita nella rete, mi senti: sono eccitata anche io.  Porti le dita alle labbra con un sorriso compiaciuto. Siamo arrivati. Adoro questo posto:  immerso nel verde, tranquillo, il profumo dei gelsomini… mi sento a casa. Entriamo, il proprietario ci saluta, ci consegna la chiave: la solita suite 23. Il facchino prende il mio bagaglio e ci accompagna: apre la porta, entra, lascia la valigia e ci saluta. “Buona permanenza”. Non fa in tempo ad uscire che mi abbracci e mi spingi contro il muro; ti appoggi a me, ti sento.  Mentre ci baciamo, cerchiamo, tocchiamo iniziamo a spogliarci: ti sbottono  la camicia, tu mi sfili la maglietta, fai scendere la cerniera della  gonna che cade ai miei piedi. Un piccolo passo e resto solamente con le calze. Mi guardi, mi prendi tra le braccia e mi porti sul letto.  Ti voglio.  “ Prendimi subito, non farmi aspettare. Non sfilarmi le calze, strappale...”