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Ci risiamo.


1. Passata la Pasqua è scattato l’allarme: la speculazione è di nuovo attiva nei mercato finanziari, come se la crisi economica 2007 - 2008 non ci fosse stata. E’ il racconto che fanno in questi giorni i quotidiani, con titoli del tipo:  ‘Che cosa c’è sotto l’iceberg’; ‘Gli uomini d’oro dei titoli opachi’; ‘Banche ombra da 16 mila miliardi di dollari’; ‘Allarme swap da 2.500 miliardi’.Di che si tratta?Esattamente di quello che paventavo due anni fa, quando, si discuteva di come fronteggiare la crisi e, soprattutto, di come uscirne. 2. All’epoca, acquisito che la crisi era di sistema, era cioè di tutta la finanza, gli stati si sono caricati di debiti per fornire liquidità alle banche affinché queste alimentassero i canali del credito necessario ad avviare la ripresa. Intascate le provvidenze, le banche invece di dare credito, in parte le hanno utilizzate per impinguare i bilanci, in parte per farci operazioni speculative e lucrare guadagni. Così la crisi e le sue conseguenze sono rimaste irrisolte.Fino a qualche mese fa si pensava  che nuove regole avrebbero scongiurato la possibilità di altre crisi. Invece sembra che non sarà così. Di regole nessuno vuole sentir parlare: in America le norme attuative del c.d. ‘Dodd-FranK Wall Street Reform and Consumer Protection act’ stentano a decollare; in Europa tutto si perde nelle continue estenuanti riunioni degli organismi europei. Intanto, a sentire i giornali, la speculazione è ricominciata. Ma cosa dicono esattamente i giornali? 3. Non ci avventureremo  a considerare quanto riferiscono sui tecnicismi della finanza, in primo luogo perché ne sappiamo già troppo ed in secondo luogo perché non sono i tecnicismi che ci interessano. Ci limiteremo ad accennare ai termini dell’allarme lanciato.In generale i giornali scrivono che ‘la musica è ripresa, con la stessa orchestra e gli stessi direttori di prima’. Sono solo ‘cambiate le note e gli spartiti’. Fuor di metafora, dicono che gli speculatori che hanno causato la crisi 2007 - 2008 (grandi banche, hedge fund, assicurazioni) hanno ripreso la loro nefasta attività e, per ‘nascondersi’ (sic!) hanno solo cambiato nome ali strumenti di lavoro. Al posto di Mbs e Cdo, prodotti finanziari derivati sostanzialmente poggiati sui famigerati debiti ‘sub prime’ oggi usano gli Etf, che sono prodotti derivati di nuova generazione il cui valore segue quello di un indice prescelto (azionario, obbligazionario, valutario o sulle materie prime). E ne hanno inondato i mercati. Si pensi che solo negli USA gli ETF valgono 1.000 mld di $, nel resto del mondo circa 300 mld di $, per un totale 1.300 mld di $. Una cifra da capogiro che non lascia per nulla tranquilli.4. I mercati, infatti, stanno cominciando ad interrogarsi su questa montagna di ‘denaro di carta’, perché sanno che durerà ed avrà valore finché chi ‘lavora con le monete’ ci crederà. Quando qualcosa andrà storto, ad esempio quando la fiducia che le ‘cose vanno bene’ verrà meno, allora sarà una nuova crisi. Probabilmente più devastante di quella passata, dal momento che ancora non è passata del tutto e la nuova farà massa critica con quel che di essa ancora rimane.Se sono i mercati - cioè gli speculatori, sia detto senza tanti infingimenti - a preoccuparsi, a maggior ragione dobbiamo preoccuparci noi, gente cui il denaro serve per far la spesa  e quasi null’altro. Per questo ritengo che bene fa chi grida all’allarme (Mario Draghi ed il suo Financial Stability Board, Il Sole 24 Ore e il suo nuovo, intelligente direttore Roberto Napoletano). A noi non ci resta che sperare che non si ripeta il dramma del 2007 - 2008.