Spread

L'ultimo libro di P.Krugman.


1. Con il suo ultimo libro ‘Fuori da questa crisi, adesso!’, Paul Krugman, premio nobel per l’economia 2008, ha fatto ancora una volta centro. In controtendenza, sosiene che l’intellighenzia che ancora cerca le cause della crisi economica in atto, fa un lavoro, improduttivo, e più interessante sarebbe pensare a come dalla crisi si esce. Egli ci prova con questo libro. La tesi di fondo, incastonata in un panorama vastissimo di tesi e informazioni, è che essendo, quella corrente, una ‘crisi di domanda ‘- e non ‘di offerta’, come si crede - per venirne a capo, in qualche modo, bisogna ritornare ad una moderna ‘ricetta Keynesiana’. Nnella speranza che il termine non sia ancora scaduto, visto che la carenza di domanda ha prodotto la volatilizzazione della fiducia (nessuno si fida di nessuno, il credito è scomparso, non si fanno investimenti) e una disoccupazione in continuo aumento.2. Dire altro sull’ultima opera - necessaria - di Krugman, significherebbe fargli torto, essendo quasi impossibile sintetizzarne il contenuto. Meglio leggere il libro.Tuttavia, per chi non lo dovesse farlo, perché, magari, ha scarsa dimestichezza con la ‘scienza triste’, aggiungo solo le seguenti rapide notazioni, che, comunque, avrebbero bisogno di essere più approfondite.‘Crisi da domanda’ per gli economisti significa cattivo andamento dell’economia, a causa della mancanza, o almeno della carenza di:- investimenti di capitale in attività produttive, capaci di creare posti di lavoro, che diano salari e stipendi da spendere;- spesa di salari e stipendi (consumi) che garantiscono la continuità produttiva.‘Crisi di offerta’,  invece, per gli economisti significa che il cattivo andamento dell’economia dipende da condizioni  non favorevoli agli investimenti, e crearle occorre ridurre la presenza pubblica in economia, il debito pubblico  e i tassi di interesse.‘Ricetta keynesiana’ (da J.M.Keynes, economista al tempo fra la prima e la seconda guerra mondiale), significa che quando c’è carenza d’investimenti (privati),  si deve sopperire con investimenti pubblici; anche quando il debito pubblico è alto. Perché solo così si rimette in moto il processo produttivo inceppato, e solo così c’è anche la possibilità di far crescere il famoso PIL,  e migliorare il suo rapporto col debito.3. Con questa nota, però, volevo  accennare ad argomento contenuto nel libro, che, secondo me, deve essere spunto per altre riflessioni. Krugman si chiede: “…c’è un processo di causazione diretta… tra disuguaglianza del reddito e crisi finanziaria?...”.  In proposito ci sono due tesi (scientifiche). La prima è che quando la ricchezza si concentra in poche mani, poiché le classi medie spendono di meno e i ricchi non possono spendere più del ‘loro’ necessario, si ha un calo della domanda complessiva. Donde la crisi da domanda e quello che consegue.L’altra tesi è che, con la concentrazione di ricchezza, i ricchi spendono sempre più, e le classi sottostanti, a cascata, si indebitano, nel tentativo di imitare gli stili di vita dei ricchi. Donde l’aumento del debito, la crisi , ecc.Ma c’è una terza tesi, che è di Krugman, secondo la quale tutto è frutto di azione politica, cioè, delle scelte, che la politica fa, o non fa. La deregolamentazione, per esempio, è stata una delle cause principali della crisi; ma anche dell’arricchimento delle poche persone che hanno avuto la via spianata per concentrare le risorse (copiose) nella facile finanza, piuttosto che nella dura industria.E , qui, l’autore si fa triste: “…torna a suonarci nelle orecchie la celebre frase di Upton Sinclair:  - è difficile indurre un uomo a capire una determinata cosa quando il suo salario dipende dal fatto di non capirla - “.