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Se le idee scaturiscono dal pensiero.


1. Nel suo intervento su ‘Il Sole 24 Ore’ di oggi Paul Krungman, seppure in maniera succinta come è solito, svolge il seguente suggestivo ragionamento.Si dice che spesso gli economisti sbagliano previsioni. E’ vero. Ma altrettanto spesso è vero che un errore non è sufficiente a far pensare ad una loro generica incapacità di fare il loro mestiere. Quello che, forse, si può dire,  con maggiore approssimazione alla verità, è che molti economisti ragionano più sulla teoria, che non sulle esperienza concrete, ancorché non conformi, o non del tutto conformi, alla teoria.In una crisi economica, se si interviene con misure espansive, cioè fornendo liquidità ai mercati, a prescindere dalla disponibilità di forze produttive inutilizzate (impianti, manodopera ecc.), quasi certamente, anzi molto probabilmente, si va incontro a un processo inflattivo. Ma se le misure espansive incrociano situazioni di disponibilità di forza produttiva inutilizzata, l’inflazione non scatta. Ne abbiamo un esempio nella crisi corrente: da quando è scoppiata, banche centrali e stati hanno inondato i mercati di liquidità, ma l’inflazione non si vede. Anzi, il timore è per il contrario, e, cioè, per la deflazione. Basterebbe prendere atta di questa verità, e la via per l’uscita dalla crisi sarebbe già imboccata.2. Come, si potrebbe dire.L’inflazione non scatta, perché la liquidità di cui si parla giace nelle casse delle banche che l’hanno utilizzata, o in quelle delle banche centrali che la tengono a disposizione: il tutto per paura dell’inflazione. Se si credesse invece che ci sono impianti produttivi fermi e forte disoccupazione, si metterebbe in moto il processo virtuoso: ripresa del credito, investimenti, lavoro, produzione, crescita e sviluppo, necessario per vincere questa crisi.3. Perché non si crede a questo.Perché la teoria monetarista (quella della cosiddetta scuola di Chicago)non lo prevede, e la teoria keynesiana che l’ha dimostrato (nella la crisi del ’29, ma non solo), non soddisfa i desiderata dei mercati, cioè, del capitalismo, per dirla con Galbrighth.In conclusione Krugman ritiene che il vero errore che commettono alcuni economisti è quello di fidarsi più delle teorie acquisite, che non dell’esperienza, per definirne di nuove. Senza mai farsi tentare dal dubbio e, conseguentemente, senza mai aver voglia di correggersi.