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Quando si dice austerità.


1. Al festival della Scienza di Roma (17 - 20 gennaio 2012) Amartya Sen ha tenuto una conferenza sul tema: ‘Infelicità ed Istituzioni Europee’, cominciando con una domanda: “Perché questo contrasto tra la vita limitata delle maggior parte delle donne e degli uomini e le grandi imprese che riescono a compiere?” Perché, insomma”le nostre potenzialità di vere una vita buona di essere appagati, felici, liberi di scegliere il tipo di vita che vogliamo eccedono di lunga quelle che riusciamo a realizzare”?La vulnerabilità umana ha diverse cause - egli ha sostenuto - “ma sarebbe difficile capire la condizione degli esseri umani coinvolti in questa tragedia - la chiama così - senza studiare come vi abbia contribuito, in modi diversi, il malfunzionamento delle istituzioni che ne governano la vita, il ruolo dei mercati e delle istituzioni a essi collegati, ma anche le istituzioni statali e delle autorità regionali. Nella brutale recessione che il mondo, e l’Europa in particolare, sta attraversando c’è un numero enorme di persone disoccupate, dai redditi drasticamente ridotti che non possono permettersi beni e servizi essenziali e hanno poca libertà di gestire la propria vita, mentre altre prosperano” .Di quì un’altra domanda, strettamente legata alla prima: perché l’Europa si trova in queste condizioni?2. Amartya Sen ha risposto e non ha fatto sconti. Per due problemi - ha  detto - : “l’inflessibilità della moneta unica nella zona euro e la gestione della recessione attraverso le politiche di austerità, scelte da potenti leader politici e finanziari europei”.Poi, entrando nel merito, ha continuato. La crisi iniziata nel 2008 è cominciata in America e si è trasferita in Europa. L’America quasi da subito ha pensato di affrontarla in termini di aiuto ai mercati, in primis quelli finanziari. L’Europa, al contrario ha adottato “una filosofia immensamente contro-produttiva”: l’austerità. E’ difficile vedere nell’austerità la via d’uscita.  Non è neanche utile per ridurre il debito pubblico. E’ una politica fallimentare oggi in Europa, come lo è stata in America negli anni trenta. Molto meglio sarebbe stata, e sarebbe ancora, una politica di rapida crescita, di tipo Keynesiano, che non lo scempio attuale. E dire che nella storia del mondo abbondano… le prove che l’austerità non è stata mai risolutiva, mentre politiche di investimenti intensivi, specialmente in presenza di risorse inutilizzate ha dato buoni frutti.3. Poi Sen ha voluto volare alto, e senza mezzi termini ha affermato che con le responsabilità civili di oggi, non ci possiamo accontentare solo di venire a capo della violenta crisi che ci opprime, rimettendo in piedi il sistema così com'era allo stato pre-crisi. “Sarebbe sensato - ha argomentato - avvalerci delle buone ragioni di Keynes, ormai fanno parte del pensiero economico comune (anche se sono ignote ai leader europei), ma per quanto riguarda la totale inadeguatezza dell’austerità ce ne sono altre.  Dobbiamo andare oltre Keynes e chiederci a che cosa serve la spesa pubblica. E qui è il filosofo che parla. In un mondo civile la spesa pubblica non può essere soltanto uno strumento sofferto di stabilizzazione o ristabilizzazione del ciclo economico, piuttosto, ma diciamo pure anche, essa deve contribuire a salvaguardare e soddisfare i bisogni delle persone. L’economia del benessere può - come insegnava A.C. Pigou - e, in ogni caso, deve essere considerata compatibile con il libero mercato.4. Che dire: i liberisti di ogni colore sono pagati.