Spread

La crisi secondo Greenspan


1. Alan Grenspan, presidente della Federal Reserve al tempo in cui è cominciata la crisi economica, che ancora non è finita, recentemente ha pubblicato un libro dal titolo: “The map and the territory.  Risk, uman nature and the future af forecasting” (manca una traduzione italiana). Già dal significato letterale si capisce che si tratta d’un lavoro impegnativo: “La mappa  e il  territorio. Rischio, natura umana e futuro prevedibile” vorrebbe/dovrebbe spiegare cosa sono rischio e natura umana, che tipo di relazione li lega, come e dove agiscono insieme e cosa si può prevedere per il futuro. Secondo Paolo Savona, professore alla Luiss di Roma. In questo libro Greenspan passa in rassegna i successi e gli errori delle sua vita di studioso delle relazioni tra gestione del rischio e previsioni economiche, nonché di protagonista dell’alta finanza americana e mondiale. E lo fa cercando di trovare risposte alla domanda: perché i previsori non hanno previsto la crisi. E prova ad abbozzarne una in proprio, che all’incirca suona così: la vera causa della crisi - delle crisi in genere - è la complessità e l’irrazionalità dei comportamenti umani, che nella finanza trovano il terreno fertile per esprimersi al massimo della propria potenzialità. 2. Personaggio eclettico, Greenspan? Sembrerebbe di sì, se si mettono a confronto le dichiarazioni di oggi con quelle che fece al Parlamento Americano, quando la crisi aveva già pesantemente colpito l’economia del paese. “Che sta succedendo”, chiedevano i parlamentari, “Ancora non si capisce”, erano le sue risposte; “In ogni caso quello che succede non era prevedibile”. E qualche anno prima, quando la crisi era ancora nella mente di Dio: “Non capisco, ma vedo che va bene”. Ma ancora più siderale è la distanza fra queste dichiarazioni e gli atteggiamenti e i comportamenti che era solito tenere al tempo in cui la finanza era a fuoco. All’epoca tanti studiosi avanzavano idee sulla natura della crisi, ma Greenspan si accontentava di fare il banchiere centrale e, colpevolmente - visto che sapeva di non sapere (o fingeva?) - faceva anche orecchio da mercante su quanto ascoltava. C’era, per esempio Nouriel Roubini, docente della New York University che, ancora prima del sua manifestazione, andava ripetendo in tutte le lingue che di lì a qualche mese sarebbe scoppiata la bolla delle cartolarizzazioni ad oltranza. Rubini non era certo l’ultimo arrivato, ma Greenspan non ascoltava. C’era anche il meno noto John B. Taylor, professore alla Stanford University, che non solo denunciava in tempo reale il maturare della crisi, quanto, addirittura, costruendo una regola, che poi ha preso il suo nome, dimostrava che la crisi non cadeva dal cielo, ma era causata dalla politica sbagliata della Federal Reserve, che con ostinazione teneva i tassi d’interesse molto prossimi allo zero. Ma Greenspan decideva in solitaria. Ma, poi, ce n’erano davvero tanti altri a denunciare una crisi imminente, di particolare gravità.  E non erano i ‘soliti’ economisti di sinistra (P. Krugman, J. Steaglitz), ma personaggi del calibro M. Feldstein, professore di Harward, Edward Grammilich, membro della Federal Reserve fino al 2005, o esperti meno blasonati, come il nostro M. De Cecco, che avevano facile gioco ad affermare che tutta la situazione economica-mondiale annunciava tempesta; ebbene, nessuno di loro ha trovato mai ascolto. “Tutto bene, dunque?”, si domandava De Cecco, in un articolo su La Repubblica di marzo 2008, dopo aver elencato le virtù del mago della turbo -finanza, così come erano decantate in ambiente domestico. “Non proprio”, si rispondeva  “L’andamento vertiginoso dei prezzi dice che nella mela c’è un verme che presto la farà marcire; e i prezzi aumentano non solo per il gioco della domanda e dell’offerta, ma per l’enorme massa di liquidità immessa nei mercati, che è usata per fini speculativi ”. Ma Greenspan non lo leggeva. Continuava ad aver fiducia nei mercati efficienti, mentre si gloriava d’essere considerato il creatore più immaginifico della finanza di… carta. Dal canto suo, Fedstein, senza mezzi termini, sosteneva che la Federal Reserve di Greenspan “ha commesso errori madornali” nella sua attività di sorveglianza del credito (Corriere della sera, 8 marzo 2008). E  Greenspan  non si curava neanche di lui: rispondeva che i mercati avrebbero saputo trovare da soli il giusto equilibrio. E Grammilich, che era stato della partita fino al 2005? Ha speso un saggio per raccontare che nonostante i prodromi della crisi fossero già evidenti nel 2002, Greenspan imperterrito continuava a ripetere che prima o poi i mercati avrebbero aggiustato tutto. 3. Le cose, purtroppo, non sono andate come le pensava Greenspan. La crisi cominciata nell’estate del 2007 ha prodotto disastri i cui effetti dureranno ancora per molti anni, se è vero che milioni di persone nel mondo hanno perso lavoro, casa, famiglia e speranza nel futuro. Né ci si può accontentare della spiegazione che oggi ne da Greenspan, secondo il quale essa è causata dall’irrazionalità umana. Secondo alcuni studiosi  - per tutti si veda L.Gallino in ‘Il Colpo di Stato di Banche e Governi’ - le banche, comprese quelle centrali, sono state la vera causa della crisi. Taluni si chiedono se veramente responsabili come Grenspan hanno agito in buona fede e, quindi, da incapaci, oppure erano al servizio – diciamo così - della ‘finanza’ e, perciò, hanno agito in frode alla legge. Ma rispondere a simili domande non è semplice. Se qualcuno ci prova, cozza contro il feticcio dei ‘mercati’, che pochi sono disposti a identificare – diciamo così -  con le ‘banche’. La recensione di Paolo Savona, asettica com’è, non aiuta alcuna risposta.