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Un Mister per la crescita.


1. “Non sarà l’eventuale accordo sulla flessibilità dei parametri UE a portare fuori dalle secche della crisi che da tempo sta attanagliando l’economia italiana ed europea.” La flessibilità è già prevista dagli accordi comunitari, a cominciare dal fiscal compact. “Da questo punto di vista sarebbe sufficiente procedere con le riforme… per ottenere le deroghe necessarie.” Così, il professor Paganetto di Roma 3 sul Sole 24 Ore del 26  luglio, che aggiunge: Renzi ha richiamato l’esigenza di “fronteggiare la grande sfida” di ritrovare l’anima dell’Europa, per dare fiducia e speranza: giusto; ma per tradurre questo richiamo in “fatti” bisogna convenire che “… l’Europa e l’Italia… stanno attraversando una fase, ormai lunga, in cui recessione e bassa crescita sono accompagnate da elevata disoccupazione, aumento della povertà e delle disuguaglianze”. Per venire a capo di simili problemi, dice ancora il professore Paganetto occorre “una politica industriale europea”  a cui il nostro paese dovrebbe associarsi, “puntando a una destinazione prioritaria in questa direzione dei fondi del programma Junker da 100 mld.  Ove la direzione unitaria sarebbe quella di mirati investimenti ad alto valore aggiunto, tipo quelli già proficuamente sperimentati in Germania. Il nostro paese potrebbe pensare, per esempio, al settore energetico, ancora suscettibile di sviluppo. In ogni caso, meglio sarebbe se chiedesse all’Europa un Mr. Growth ( signor crescita) al quale commettere un coordinamento unitario europeo degli interventi. Mi sembra una riflessione estiva. 2. I numeri dicono che la crisi italiana ‘ammonta’ a un rapporto debito/pil pari al 130%, e l’Europa ritiene che se il nostro paese non lo riduce di 1/20 all’anno, fino a portarlo al 60% come da accordi di Mastricht,  le sorti dell’Euro sono in pericolo. Ciò significa che il nostro paese dovrebbe spendere intorno a 45 mld. l’anno per 20 anni circa. Con questi dati, le risorse che potrebbero arrivare all’Italia  - dai 300 mld. promessi da Junker a tutti i paesi euro - sarebbero briciole, e tutto resterebbe più o meno come prima. A  differenza di quanto pensa Paganetto, la realtà è che paesi come l’America e il Regno Unito sono usciti dalla crisi con massicci investimenti a debito, dai quali sono scaturiti incrementi di occupazione, crescita e conseguente sviluppo.Sicché non sembra del tutto corretto pensare che chi, in virtù di questa logica, invoca flessibilità  nell’applicazione dei patti europei, tale da permettere investimenti produttivi, sia un marziano in terra. 3. A me sembra che quelli come Paganetto sottovalutano gli insegnamenti della storia, passata e presente, e la magnifica formalizzazione teorica che ne ha fatto J.M. Keynes, dopo la grande depressione del ’29. Recessione, bassa crescita, elevata disoccupazione, aumento della povertà e disuguaglianze non sono fenomeni che si accompagnano l’uno all’altro occasionalmente, ma si presentano con sequenza logica e causale tutte le volte che il ciclo è in fase discendente. Se si prescinde dalla causalità, o non si capisce bene, le soluzioni che vengono proposte possono non portare da nessuna parte. Si possono avere idee differenti sull’avvio delle crisi, ma l’uscita non può essere altra che una seria, serie di investimenti che diano in ordine: occupazione, reddito e crescita e, quindi ancora, investimenti occupazione reddito e crescita. Dalla crisi del 29 si è usciti per questa via. E per la stessa via America e Regno Unito hanno vinto la crisi  iniziata nel 2008 e da noi ancora in corso. Con questo tipo di soluzione aumenta il debito? Nulla di male: il maggiore nuovo reddito lo pagherà, e pagherà anche quello vecchio. Ovviamente nulla di male anche se per far tutto questo si ritiene che possa essere utile un Mr. Growt.