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Proposte tagliadebito


1. Il Debito Pubblico italiano (DP) è un problema perché: A) è troppo elevato (quasi 2.200 mld di Euro); B) aumenta di anno in anno, essendo le spese pubbliche maggiori delle entrate. Il limite massimo di un qualunque DP coincide con il debito che uno stato, se richiesto, può pagare, ed è legato alla sua credibilità presso gli investitori. Pagare interamente il nostro DP è impensabile; né ci è richiesto. I vincoli europei (il famoso fiscal compact) ci obbligano a portarlo al 60% del PIL (DP/PIL = 60%), tagliando la differenza fino al 100% di 1/5 all’anno. Posto che il 60% del nostro PIL è pari a 1.200 mld circa, per tagliare poco meno di 1.000 mld. (40%) ci vorrebbero, alternativamente: a) un incremento del PIL tale che DP/PIL fosse uguale a 60; b) risultati di blancio positivi per diversi anni, tutti da destinare a riduzione progressiva del DP, fino a portarlo al 60% (del PIL); c) manovre di bilancio di circa 40 – 50 mld all’anno, come chiesto dalla UE, per ridurre annualmente le spese e ottenere b). La realizzazione del punto a) implicherebbe una crescita adeguata, che per il momento non è all’orizzonte. Quella del punto b) è impedita da quanto detto al punto B) (spese sempre maggiori delle entrate). Le manovre del punto c) sono impossibili nell’attuale recessione economica; a meno di non accettare di finire come la Grecia di qualche anno fa. 2. Come se ne esce? Ci sono delle proposte. Per esempio quelle del Professor Paolo Savona (Il Sole 24 Ore del 15 agosto), che non andrebbero sottovalutate. 3. La prima proposta, forse la più sicura, vede in campo la UE e si articola come segue: a) attivazione di un impegno degli stati al pareggio di bilancio con un intervento strutturale una tantum, e mantenimento dello stesso nel tempo; b) promozione di una garanzia europea per il debito eccedente il 60% del P.I.L. da rimborsare secondo un piano asseverato dalla Banca Centrale Europea (BCE). E’ evidente che la proposta non è nuova. C'è, però, la novità che il progetto complessivo avrebbe la supervisione della UE, il programma di rimborso del debito eccedente il 60 % del PIL avrebbe l’asseveramento della BCE e il progetto riguarderebbe tutti gli stati dell’Unione. Ma è noto che rispetto a misure del genere la UE (leggi la Germania) è sorda. 4. La proposta alternativa sostanzialmente è una riproposizione della prima, limitata al nostro paese, e da realizzare in casa. Differisce rispetto alla prima per la riformulazione del punto b) come segue: garanzia del rimborso del debito eccedente il 60% non più tramite la B.C.E., ma con la creazione di un fondo nel quale vincolare una quota adeguata del nostro patrimonio pubblico, da gestire economicamente e, poi, alienare per finanziare il rimborso. Per convincere i mercati della bontà di un tale progetto bisognerebbe far loro tutta una serie di concessioni in sede di alienazione degli asset del fondo. Se la UE facesse sua la prima proposta, risolverebbe la crisi in atto e dimostrerebbe di volere davvero L’Europa unita. Se i mercati accettassero la seconda, concorrerebbero a migliorare le condizioni economiche dell’Italia e potrebbero contare su un paese in cui sarebbe conveniente investire.Della prima proposta si parla da tempo, ma senza costrutto. Sulla seconda proposta aleggia scetticismo. Sempre a Ferragosto, infatti, Isabella Bufacchi, valente giornalista dello stesso giornale, ha scritto che, dopo le dismissioni operate dai governi dal 1992 al 2000, restano pochi gioielli di famiglia da mettere nel fondo destinato a rimborsare il debito e, comunque, un fondo del genere se da un lato potrebbe dare qualche risultato immediato sul fronte della riduzione (del debito), da un altro lato finirebbe per ridurre le entrate di bilancio, con conseguente aumento del deficit e, alla fine, del debito stesso. Per queste ragioni, la giornalista ritiene che la via da seguire sarebbe quella di un intervento dell’Eurozona, sostanzialmente secondo le indicazioni della prima proposta del professor Savona, sulla quale l’UE è sorda. 5. Proprio nulla da fare, allora?Personalmente ritengo che Il DP del nostro paese debba essere aggredito con altro debito, per finanziare – secondo uno schema Keynesiano – investimenti, capaci di creare posti di lavoro. Il risultato sarebbe un aumento del PIL col quale pagare il debito: quello vecchio e quello nuovo. Spiego meglio queste cose nel post n. 111 di questo blog.