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Il ricatto della banche all'Italia


1. Alla fine del 2011, per collocare i titoli di nuova emissione, il nostro paese doveva pagare quasi il 6% in più della Germania, e i mercati (cioè le grandi banche momdiali, cioè ancora, i principali compratori) erano sul punto di abbandonarci,e migrare verso lidi più sicuri. In quel mese di novembre abbiamo corso il rischio che persino stipendi e pensioni non fossero pagati. Come è noto, il governo Berlusconi di allora si dimise e, fretta e furia, fu messo in piedi un Governo Monti, con l’incarico di bloccare il fallimento. A distanza di oltre tre anni, quando sembrava che l’obiettivo fosse stato centrato, si sta scoprendo come si è operato, e quello che si capisce non è rassicurante: il pericolo di un fallimento del nostro debito pubblico è stato semplicemente spostato in avanti. In soldoni.2. Per convincere le grandi banche a continuare ad acquistare i nostri titoli, il Governo ha accettato di rinegoziare le garanzie (derivati) che aveva sottoscritto a suo tempo, senza accantonamenti di bilancio a sostegno, e con una perdita potenziale di circa 39 mld (e forse di più). Per ora, intorno al nostro debito pubblico è bonaccia, grazie alla Banca Centrale Europea e al Quantitative Easing. Ma quando la bonaccia finirà, e finirà perché il Quantitative Easind non durerà in eterno, e imercati dovessero decidere di passare all’incasso, nei nostri conti pubblici ci sarebbe un buco almeno da 39 mld. che, per altra via, molto lunga da spiegare in questa sede, ci porterebbe ugualmente al fallimento. Per chi avesse voglia di saperne di più, in fondo e con numeri spiegherò come si arriva a questa conclusione. Ma chi non avesse questa voglia, può non continuare a leggere, senza perdere niente della sostanza del ragionamento che precede. Quello che qui preme evidenziare è che davvero – come, peraltro, si pensa – il nostro paese vive sotto ricatto delle grandi banche internazionali. Che continuano ad acquistare titoli del nostro debito pubblico, si, ma solo perché:-  se gli interessi sono bassi come oggi, pagando comunque 100 punti di interesse in più della Germania, L'Italia è una cuccagna; - se gli interessi salgono, incassano gli importi dei derivati. E’ vero che quello che ho chiamato ricatto è oggetto di continue, estenuanti trattative. Ma in una trattativa del genere chi è più forte? E, in ogni caso, è un fatto che le grandi banche non perdono mai: o guadagnano con gli intessi; o guadagnano con i derivati. Ma poi: “Con l’uso dei derivati il Tesoro sta veramente riducendo il rischio” del nostro debito pubblico, o sta arricchendo le grandi banche, gurda caso, sempre tanto generose ad assumere ex funzionari del nostro Tesoro? (Il Sole 24 Ore del 3 marzo 2015). Ed ora i numeri. 3 Come è noto il nostro paese ha circa 2.000 mld. di debito pubblico. A fronte di questo cifra, a fine 2014 il M.ro del Tesoro possedeva  derivati per 159,5 mld. (8,95% del debito). Valutati al prezzo corrente (c.d. Mark-to-market) del 2014, hanno realizzato una perdita sul valore iniziale di 39 mld circa, e forse più. Questa perdita per ora è solo potenziale. Ma può realizzarsi quando le grandi banche invece di tenersi i contratti dei derivati, dovessero decidere di passare all’incasso (E’ già successo in precedenza, e la Procura di Trani sta indagando). Perché? E’ presto detto. I derivati di che trattasi funzionano così: quando gli interessi sul debito pubblico salgono, lo Stato spende di più, ma sa che può incassare il derivato; quando gli interessi sul debito pubblico scendono, lo stato spende di meno, ma perde il derivato. Oggi lo Stato sta perdendo perché gIi interessi, in termini di spread con i titoli tedeschi, sono scesi di 500 punti base (600 del 2011, meno 100 di oggi). E ancora: i derivati italiani avevano scadenze a lunghissimo termine, e la possibilità di realizzare perdite era lontana nel tempo. A fine 2011 le scadenze sono state accorciate. Non è forse possibile che se lo spread dovesse risalire (come peraltro è prevedibile) domani e non fra dieci anni, l’Italia potrebbe essere chiamata a  pagare 39 (e forse più) mld. o, comunque, la  cifra che risulterà al momento del pagamento? Oltre ai derivati in cassa, l’Italia possiede diritti di acquisto di altri eventuali derivati per un valore di circa l’1% del debito totale. Ebbene, dal 2011 ad oggi  tali diritti, in quantità considerevoli sono stati venduti.  Perché? Forse per non destinare il ricavato al contenimento del buco? E’ una bella complicazione. E non si capisce bene se davvero siamo stati costretti ad immergerci in una simile palude, o se, invece, non c’è stato anche il concorso dell’azione umana. La magistratura sta indagando sui fatti del passato. Speriamo che faccia luce anche sul presente.