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Il QE di cui si parla.


1. Un paio di anni fa, o forse tre, quando si temeva per una debacle della moneta unica, il Governatore della BCE Mario Draghi, per rassicurare i mercati, pronunciò una frase che è passata alla storia politica ed economica dell’Europa: “we’ll do whatever it takes”, cioè, ‘faremo tutto il necessario’, per garantire l’euro. Che, poi, fra parentisi, è la condizione prima perché l’economia europea torni alla crescita e dia occupazione. Draghi ha mantenuto la promessa. Tante misure sono state prese da allora e, quando si è visto che non bastavano, è stato sparato il ‘bazooka’, cioè, è stato programmato il c.d. Quantitative Easing (QE), che consiste nell’acquisto di titoli per circa 65 mld. il mese, fino a quando l’inflazione, da sottozero che era, non arriverà alla soglia del 2%, che è il livello-obirttivo. Posto che il tempo del programma è poco meno di un anno e mezzo, a partire da marzo scorso, alla fine il QE immetterà (o, come vedremo, immetterebbe) sul mercato quasi 1.200 mld. di euro. C’è speranza di raggiungere l'obietivo? Ancora è troppo presto per rispondere. Ma alcuni indizi non sono conforteanti. 2. Intanto, dove è gstato sperimentato (America, Giappone), il QE, dopo un breve fuoco di paglia, ha prodotto effetti deludenti. Anche nel Regno Unito, dove non c’è stato un QE vero e proprio, ma una provvista di liquidità al sistema produttivo, i risultati si stanno dimostrando modesti. Evidentemente non si sbaglia chi pensa che queste misure non sono il rimedio giusto contro la crisi. E, poi, va anche aggiunto che per un QE all’europea forse non c’erano neanche le condizioni. E qui alcuni fatti ci sostengono. Primo. Da un po’ di tempo i rendimenti dei titoli europei sono decrescenti (solo in questi ultimi giorni stanno risalendo). Questo denuncia la loro scarsità, e pare che la BCE non ne stia comprando abbastanza. E’ vero, davvero? È probabile. Se non ci fossero altre prove, c’è almeno quella che in molti mercati del vecchio continente mancano, o quasi, i c.d. (CDO), i titoli cartolarizzati che sono la massa critica delle disponibilità mobiliari. Per questa ragione, tanti pensano che il QE in Europa non avrà successo. E già! Perché gli acquisti della BCE non si fanno alle aste, come in America e in Giappone, ma riguardano titoli in possesso delle banche, e queste non li vendono, o non li vendono tutti: se ne servono come garanzia per ottenere il credito di cui hanno bisogno. Secondo. In alcuni paesi, a cominciare dalla Germania, l’inflazione, anche se lentamente, ha ripreso a salire. E’ quanto basta per far pensare che il QE potrebbe presto dimostrarsi inutile, e fermarsi molto prima della scadenza prevista. 3. Ma allora siamo alla frutta? Secondo me, si. La crisi che ci accompagna da oltre sette anni non è finita, e le dichiarazioni del nostro Governo, basate sugli zero virgola delle rilevazioni statistiche, più che certezze, sono autoincoraggiamento. E’ vero che le aspettative (positive) aiutano la crescita; ma aiutano a due condizioni: - che siano desumibili da dati consolidati; - che la crescita non sia bloccata. Che è quanto nel nostro paese non si verifica. La storia economica insegna che le crisi sono state vinte sempre, e solo, con investimenti nell’economia reale, tali da creare lavoro. Finché il QE darà soldi alle banche, invece  che a un’agenzia, magari ad hoc, che li dia, a sua volta, alle imprese, noi dalla crisi non usciremo mai.