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Interruzione della gravidanza e obiettori di coscienza.


La legge 194 del 1978, per tanti più conosciuta come legge sull’aborto, aldilà della lettura che ne fanno i detrattori a vario titolo (maggioranza della Chiesa cattolica, medici e paramedici obiettori, intellettuali - credenti e non credenti - comunque obbedienti alla Chiesa), a mio parere è una legge che:1. prima di ‘regolamentare l’aborto’, guarda alla vita come bene prioritario da salvaguardare;2. è responsabile verso la condizione delle donne in stato di gravidanza e, quando queste dovessero decidere d’interrompere la gravidanza, perché è in pericolo la loro salute fisica e/o psichica, se le assiste nella decisione;.3. è sensibile alle istanze legate all’obiezione di coscienza.La conferma ci viene dalla lettura dell’impianto normativo.Punto 1. Prima di parlare di interruzione della gravidanza, la legge dichiara di voler garantire “il diritto alla procreazione cosciente e responsabile…il valore sociale della maternità e (la) tutela della vita umana dal suo inizio” Dichiara, inoltre, che “l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite.” (art 1)Chi mastica un po’ di diritto sa che il contenuto del primo articolo di una legge, è una dichiarazione di intenti sulla finalità della legge stessa.La legge 194, dunque, è una legge preordinata alla vita e non è un mezzo per controllare le nascite.Punto 2. La legge non lascia sola la donna che deve decidere sull’interruzione della gravidanza.L’art. 2, infatti, recita: “I consultori familiari assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza…”.L’art 3 aggiunge:“per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati, il fondo (di dotazione ordinario dei consultori), è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000 annui”.E gli artt. 4 e 5 completano l’impianto: “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico. Il quale,oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza. (Solo) quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza, la donna può ottenere la interruzione della gravidanza”, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.Punto 3. L’art. 9 sancisce che “il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di (interruzione della gravidanza) quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione”.(Ma) gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste di interruzione della gravidanza richiesti.(A tale scopo) la regione controlla e garantisce l'attuazione (del ‘servizio’) anche attraverso la mobilità del personale."Ci si domanda: come mai, con una legge così chiara, sia ancora possibile che una donna che si rivolge ad una struttura autorizzata, per interrompere la gravidanza, debba, o, soltanto, possa incontrare personale medico, o paramedico obiettore? Ovviamente, con tutto ciò che ne consegue, in termini di disagio, forse di umiliazione, forse di spese? Perché la sanità pubblica gestisce un ‘servizio’ così delicato, mostrandosi, spesso, con gli obiettori di coscienza?