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Crisi che va, crisi che viene.


1. Quando ho capito che l’uscita dalla crisi 2007/2008 era aspettata dalla ripresa dei mercati finanziari - in molti hanno brindato alle timide avvisaglie dell’anno scorso - ho subito pensato che ne sarebbe arrivata una nuova: le misure adottate dai governi avevano lasciato immutati investimenti industriali e (dis)occupazione. La crisi 2007/2008 era iniziata con l’insolvenza dei prenditori dei famosi mutui sub-prime; quella in corso, con l’insolvenza (solo pronosticata) del debito pubblico greco. L’unica differenza è il tipo d’insolvenza. Le conseguenze di questa seconda crisi, prevedibili, non saranno differenti, se le misure che i governi prenderanno per fronteggiarla, saranno simili a quelle della volta scorsa: saremo di nuovo in presenza di un altro disastro finanziario, che porterà illiquidità, pochi investimenti, molta disoccupazione, maggiore ricchezza (capital gain) per i ricchi e più povertà (meno redditi) per i poveri.In tutta queste non novità, ciò che stupisce di più è la ripetizione del punto di vista degli economisti neoliberisti accademici. Di fronte ai tentativi, di alcuni governi, di fare scelte politiche per alcuni aspetti diverse rispetto al passato, storcono il naso, e si arroccano nell’acritica ripetizione del loro argomento di sicurezza: lasciate fare i mercati.Esempio eloquente di tale punto di vista è l’articolo di un noto bocconiano, apparso sul Sole 24 di qualche di giorno fa.In sintesi egli sostiene che:- il divieto delle vendite allo scoperto, naked - cioè nude, cioè, ancora, senza possedere nulla - disposto dal governo tedesco per bloccare contratti speculativi sui titoli delle principali banche nazionali, non produrrà effetti, com’è già successo negli USA, che avevano adottato lo stesso provvedimento dopo il fallimento della Lheman Brothers: la speculazione colpisce altrove e/o migra.- altrettanto dicasi per quello dei CDS, (Credit Default Swap, sorta di assicurazione sull’eventuale insolvenza dei titoli del debito pubblico), anche questi naked. Tra l’altro quello dei CDS è un mercato minimo, rispetto a quello generale.- entrambi i divieti, tra l’altro, essendo nazionali, possono aumentare le difficoltà delle borse tedesche, piuttosto che diminuirle.- c’è un accanimento contro gli hedge fund, ma nessuno si accorge che oggi, paradossalmente, sono proprio questi organismi a comprare debito pubblico greco.- c’è una teoria cospirativa contro i mercati che si dispiega con due argomenti: 1) le agenzie di rating hanno avuto un ruolo attivo nei problemi della finanza del sud Europa; 2) le grandi banche manipolano il mercato dei CDS per mettere in difficoltà gli stessi governi nella gestione dei loro debiti pubblici.  E’ una teoria che non tiene, perché i CDS rappresentano una minima parte dell’insieme dei mercati, e la situazione dei debiti pubblici può essere ben conosciuta attraverso tre indicatori noti a tutti: a) i disavanzi dei bilanci, b) le entità dei debiti, c) l’estensione dei mercati dei titoli che li rappresentano; senza aspettare le decisioni delle agenzie di rating.- c’è, poi, ancora, contro i mercati, un risentimento morale, spiegato così: 1) gli amministratori delle grandi banche guadagnano troppo; 2) i profitti degli hedge fund (fondi nascosti) hanno una tassazione privilegiata. Anche questo risentimento è fuor di luogo, perché gli intermediari finanziari, banche o hedge fund che siano, operano prendendo a prestito denaro e investendolo a rischio; con ciò, creando quella liquidità tanto necessaria alla crescita, come si è verificato del periodo 2002-2007. Se questo fanno, non lo fanno gratis et amore dei.2. E’ del tutto evidente che le convinzioni elencate bocciano tutto quello che si sta affannosamente cercando di fare per evitare uno spappolamento dell’euro e dell’Europa. E, anche se non è detto apertamente, sottendono il collaudato cennato jingle accademico. E’ scolastico. Ma prima di fare considerazioni di ordine generale, vale la pena di farne qualcuna nel merito degli argomenti proposti. 3. Primo. E’ vero: il divieto di compravendita di CDS, imposto dal governo tedesco, opererà solo nelle borse di quel paese e avrà effetti limitati, ma almeno testimonia che c’è qualcuno che vuole mettere fine all’uso del denaro per pura speculazione. Non si dimentichi che l’ammontare totale in circolazione di questi prodotti, supera di diverse volte il PIL mondiale. Se solo i depositi sottostanti, che in cifra sono molto, ma molto, inferiori, fossero impiegati nell’economia reale, per incrementare investimenti, lavoro, consumi ecc., dalle crisi si uscirebbe molto prima, o, addirittura, non ci si entrerebbe.Secondo. Sicuramente oggi gli hedge fund comprano titoli del debito pubblico greco a prezzi stracciati (si parla del 60 - 70% del valore nominale). Ma se la speculazione ha avuto un ruolo nella svalutazione del debito greco, c’è da scommettere gli hedge fund ne sono stati l’anima. E, poi, non comprano quel debito per beneficenza, ma per rivenderlo alla pari, o forse al di sopra, non appena sarà risanato con il concorso dei fondi europei . E per vendere possono aspettare qualunque tempo, perché a essi i soldi non servono per la spesa, ma per speculare.Terzo. Il risentimento verso le agenzie di rating è legittimo. Semplicemente per quel che sono: promanano dalle società che devono valutare, sono pagate dalle stesse, quando ci riescono, gli algoritmi che inventano sanno parlare del passato, ma non dare informazioni sul futuro. Hanno più credibilità degli indicatori riferiti dal noto professore (disavanzo dei bilanci, entità dei debiti, mercato dei debiti), perché così si vuole nella ristretta cerchia degli addetti ai lavori. (Abbiamo letto sui giornali di una strana riunione di alcune persone, in un ufficio di New York, qualche giorno prima che fossero pubblicati gli outlook delle agenzie di rating sul debito greco). Quarto. Stretta cerchia che, purtroppo, esiste al di là delle illazioni: le stesse persone un po’ sono amministratori di banche, un po’ ministri del tesoro, poi capi o funzionari delle agenzie di controllo finanziario, governatori o funzionari delle banche centrali, funzionari del FMI, ecc. Perciò nulla di più verosimile che, anche se non manipolano, sicuramente hanno tutte le informazioni utili per fare il proprio tornaconto.Quinto. Gli amministratori delle banche guadagnano molto e gli hadge fund pagano poche tasse: purtroppo è vero. E quando a giustificazione si afferma che è per la loro capacità di creare il lubrificante dei mercati, necessario alla crescita, perché non ci si domanda che razza di lubrificazione è stata quella che ha portato alla crisi in corso e a quella che l’ha preceduta!4. E ora, una sola considerazione sul tema ‘mercati’.Mercati è una categoria (economica) tipicamente astratta. I mercati possono essere validi strumenti operativi se sussistono le loro condizioni d’esistenza. In caso contrario, non si danno mercati, ma altro, che preferiamo non qualificare.Le condizioni di sussistenza dei mercati si risolvono nell’osservanza delle regole che li presidiano. Fra esse, l'ugualianza d'informazioni fra gli operatori. Dalla crisi del 1929, a tutte le successive, fino a quella del 2007-2009, abbiamo dovuto imparare che nessuna di esse è stata superata dai mercati, senza l’intervento degli stati. Domanda: perché? Risposta di prima approssimazione: perché i mercati non hanno avuto la capacità di autoregolarsi. Qualcuno oggi afferma che è successo per troppa ingerenza politica. I classici sostenevano che i mercati non hanno capacità intrinseche di autoregolamentazione. Nei fatti si scopre che tutto è accaduto perché gran parte delle decisioni e delle transazioni finanziarie sono state adottate/contrattate al di fuori di ogni regola di mercato. O meglio: con le regole di coloro che le regole le fanno, e che, così, dispongono, di tutte le informazioni utili per operare in posizione di vantaggio; informazioni che la maggioranza degli operatori non ha. Con danno dei più. Cioè, con danno della comunità. Ragione per la quale, poi, hanno dovuto e dovranno intervenire gli stati, cioè, noi.E' questa la risposta vera sul perché i mercati non hanno mai vinto una crisi.5. Varrebbe la pena di ripetere: 'tacete economisti’, se sapete solo limitarvi alla fredda accademia del momento. Fate scienza e trovate che da Adam Smith, a Paul Krugman, per citare il primo e uno degli ultimi economisti capaci di ‘sporcarsi le mani’, passando per Ricardo, Marx, Galbrith, Sen e tanti altri, avevano ed hanno dell’economia tutt’altre idee rispetto a quelle correnti: “Che cosa si può aggiungere alla felicità di un uomo in salute, privo di debiti e con la coscienza a posto? In tale situazione ogni ulteriore fortuna può appropriatamente essere detta superflua, e se egli si esulta per tale superflua aggiunta, ciò deve essere l’effetto della più frivola leggerezza”  (A. Smith - The theory of moral sentiments, p.58 - A. Miller,London). L’economia, se lo è, come tutte le scienze sociali, è scienza soggettivistica. Senza la guida delle idee e delle scelte degli uomini, a dispetto dei migliori algoritmi e dei mercati, semplicemente non è