Creato da smittino il 22/10/2006
Il lato oscuro dell'economia

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il fatto del giorno 2

17/10/2011
Contnua l'altalena delle borse.

11/10/2011
Strano: le agenzie di rating declassano i debiti, sovrani e non, e le borse salgono. Non dovrebbe essere il contrario?
Macché: si tratta dei giochini della speculazione. Tutto quello che si scrive sulla correlazione negativa o positiva fra valutazioni dei rating e andamento delle borse è acqua fresca.

10/10/2011
Ieri Kenneth Rogof (Harward) ha scritto che la c.d. tobin tax sulle transazioni finanziarie è deletaria perché oltre a a produrre un calo del gettito, cioè un calo delle transzioni di borsa, eroderebbbe il volume dei capitali, e gli stessi lavoratori finirebbero per patirne le conseuenze. Io ne dubito. Sulla prima tesi mi chiedo cosa dovrebbero farci gli investitori con i fondi che continuano a detenere dopo la tassa? Circa la seconda, dieci parole: il capitale non è determinato dalle tasse sul suo impego.

22/5/2011
Anche l'Italia è sotto osservazione delle agenzie di rating. Temo che sia il preludio di un prossimo attacco speculativo.

2/5/2011
Ieri primo maggio di negozi aperti e di santi, mentre la disoccipazione giovanile è al 29%. 

11/4/2011
Le Banche troppo grandi non possono fallire, perché il loro fallimento sarebbe di sistema. Se hanno problmi sono soccorse dagli Stati. Ma è proprio questa certezza la causa che spinge queste banche ad assumere rischi altissimi. Per cui il loro possibile fallimento è sempre in agguato.

21/3/2011
Comunque finisca, la guerra libica avrà conseguenze negative per l'Italia: se Gheddafi resterà in sella, si farà baciare anche i piedi; se cadrà dovremo vedercela con gli immigrati e, probabilmente, con il terrorismo.

16/3/2011
I giapponesi hanno i mezzi e forse ce la faranno a ricostruire. Ma in occidente non si pagherà nessun prezzo? Ne dubito.

3/3/2011
Ho l'impresione che il mondo occidentale, in nome della rel-politic, (leggi petrolio), stia abbandonando gli insorti libici al proprio destino di oppressi. Se sarà verificato, sarà un massacro.

 

 

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Il fatto del giorno 1

24/2/2011
Il giornale tedesco BILD ha scritto qualche giorno fa: Mario Draghi non deve essere il nuovo governatore della Banca Centrale Europea; quando lui era il vice presidente, della banca Goldman Sachs, questa ha coadiuvato la Grecia a costruire il pateracchio del suo debito pubblico che tutta l'Europa sta ora pagando.

15/2/2011
Un signore, che è Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato rinviato a giudizio per gravi reati. Mi sarebbe piaciuto che le due circostanze non fossero state contemporanee.

13/2/2010
Il popolo egiziano s'è svegliato ed ha conquistato la libertà. Mi ha ricordato l'Ode a Walt Whitman di F.G.Lorca che si conclude con questi due versi: "...si sveglia ogni cen'anni/quando il popolo si sveglia".

3/2/2010
Stamattina il TG1 ha fatto dire al presidente del Consiglio: presenteremo un piano per far crescere il paese del 3% e forse anche del 4%, in 5/a. Tralasciando il futuro del verbo 'presentare', c'è qualche economista che ritiene che il piano sia credibile?

27/1/201
L'EFSF ha lanciato con successo la prima emissione di titoli propri, per reperire i fondi di soccorso all'Irlanda: per 5 mln richiesti c'è stata una domanda maggiore di circa quattro volte. Speriamo che sia così anche nel caso di prossime, probabili emissioni.

4/1/2001
Il sole 24 Ore oggi titola: "Dalle PMI (Piccole e Medie Imprese) una spinta al PIL".
Meno male, visto che quello legato alla finanza è come 'il raggio verde': quando si vede è un'illusione.

1/1/2011 
Gli interessi sui titoli italiani aumentano. Sembra una buona notizia, ma non lo è. Quando gli interessi salgono, significa che i compratori, temendo un default, pretendono di più.

20/1/2011 
Pagano le proprietà o le utilità, i risparmi o le spese?

7/1/2011 
Il banchiere è uno che vi presta l'omrello quando c'é il sole e lo rivuole indietro appena incomincia a piovere (Mark Twain).

 

 

 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
 

 

Ho riflettuto.

Post n°39 pubblicato il 08 Ottobre 2008 da smittino

1. Durante il periodo intercorso dall'ultimo messaggio ad oggi ho riflettuto a lungo sulle vicende di politica ed economia; in più, ho letto commenti ed opinioni di esperti autorevoli. Ho concluso che:
a. il crac finanziario mondiale, che è dinnanzi a noi, è frutto, in primis, del c.d. 'Liberismo economico', il sistema produttivo, che dopo il crollo del 'Muro di Berlino', sembrava non avere alternative, e, poi, dei suoi ineffabili gestori;
b. la politica brancola nel buio.

2. Spiegherò le ragioni in un prossimo intervento. 

 
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Mi sorge un dubbio.

Post n°38 pubblicato il 16 Settembre 2008 da smittino

1. Quando ho cominciato a tenere questo blog, mi ero proposto di seguire, dal 'mio punto di vista', gli avvennimenti della politica, ma, sopratutto, quelli dell'economia.
Da un po' di tempo dubito che ne abbia le capacità. Sono poco idoneo io, o sono le situazioni, politiche ed economiche, ad essrere così ingarbugliate, da risultare indecifrabili.? 

2. Ieri sera ho sentito parlare a 'porta a porta' il Presidente del Consiglio dei Ministri, e mi è sembrato discretamente insicuro. E' convinto anche lui che le cose non vanno come magari s'aspettava?

2. In America stavano per fallire tre colossi finanziari (la Banca Bear Sterns e le agenzie di credito Fannie Mae e Freddie Mac), ed il governo - contro ogni regola di libero mercato - li ha salvati. Un quarto, la più importante Banca Lehman Brothers, era insolvente, e il governo l'ha lasciata fallire. Come si spiega? Perchè in questo quarto caso hanno prevalso le regole di mercato?

3. Forse devo riflettere meglio?

 
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Potenza dei buoni propositi!

Post n°37 pubblicato il 06 Giugno 2008 da smittino
Foto di smittino

Ho estratto la tabella a fianco da 'Il Sole 24 Ore' del 3.6.08. Essa contiene i rimedi pensati da alcuni referenti della grande finanza internazionale, per frenare, in qualche modo, la crisi finanziaria in corso e l'esito che hanno avuto.  
Per leggerla, bastarebe cliccarci sopra. Ma, a maggior chiarezza, la trascrivo.

Proposta

    Sviluppo

Dopo le proteste delle Autorità, a febbraio Moody’s, S.&P. e Fitch hanno annunciato tre auto-riforme interne. Le tre agenzie hanno avuto approcci diversi al problema.

Le riforme annunciate a febbraio sono in corso. Le Autorità stanno a guardare: molti ritengono queste misure insufficienti.

Dopo lo scandalo del tasso Libor “manovrato” da alcune delle 16 banche che ogni giorno decidono il suo livello, La British bankers association (Bba) ha annunciato una riforma del metodo di calcolo.

Nessun cambiamento. La Bba venerdì scorso si è solo limitata a dire che “il comitato adotterà controlli più severi”.

A ottobre il segretario del Tesoro USA. Henry Paulson (nella foto) chiede alle banche di costruire un Super-fondo per comprare il bond illiquidi. L’obiettivo era di riportare a liquidità di questi titoli.

Il progetto naufraga, superato dagli eventi. La situazione sembra infatti migliorare e  fondi arabi stanno dando una mano.

Il Financial Stability Forum (fsf) in questi giorni stà preparando un piano che renda più costoso per le banche tenere in portafoglio titoli strutturati e complessi come i bond legati ai mutui.

La proposta è stata lanciata in questi giorni (era ieri sul “Financial Time”). Non resta che attendere l’esito.

Deutshe Bank e altre banche d’affari - secondo quanto emerso ad aprile -stanno lavorando alla creazione di una clearing house (cassa di compensazione) per il mercato dei derivati del credito.

Il piano è appena stato avviato da una serie di banche internazionali, per cui è ancora in fase di lavorazione.

La tabella mostra come ogni ‘buona’ idea, allo stato, o è un palliativo, o è naufragata sul nascere, o è destinata al naufragio?
C’era da aspettarselo. Perché non c'è un vero interesse a cambiare le regole.

Non si rompe la ciotola in cui mangia.

 
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Sono nero.

Post n°36 pubblicato il 24 Maggio 2008 da smittino

Per facilitare la lettura di questo messaggio, traduco le parole inglesi contenute nel testo, tutte appartenenti al gergo degli economisti finanziari.

Bond: letteralmente significa ‘obbligazione’. L’obbligazione è un titolo di credito emesso da una azienda per raccogliere denaro.

Arranger: letteralmente significa arrangiatore. Nel caso, significa ‘colui che organizza’ (il prodotto finanziario).

Rating: letteralmente significa ‘valutazione’.

Investment grade: più, o meno significa ‘appetibilità dell’investimento’.

Asset: letteralmente significa ‘bene’. Nel caso significa bene economico.

Ora, riporto testualmente da pagina 42 del ‘Sole24Ore’ del 22 maggio 2008’.
“1.L’emittente del bond invia una formale richiesta alle agenzie perché valutino le sue obbligazioni.

2.Vengono nominati 2 analisti (di cui uno “primario”) in base alla loro competenza specifica sul settore in cui opera l’emittente e in base a criteri geografici.

3. Inizia la raccolta di informazioni sull’emittente. Nel caso di bond societari si studiano i bilanci degli ultimi 5 anni; in caso di obbligazioni strutturate si procede a un’analisi della documentazione e dei singoli mutui o asset sottostanti. Si valutano, ad esempio, le performance passate.

4.Gli analisti incontrano i manager della società oppure l’emittente o l’arranger dei bond strutturati per entrare nel dettaglio dell’operazione.

5.Dalle informazioni raccolte, l’analista primario prepara un report analitico. Nel caso di bond strutturati (per es. quelli legati a mutui) utilizza modelli matematici, che analizzano le performance passate e stimano i flussi di cassa futuri anche in caso di stress estremi.

6.Sulla scorta dell’esame effettuato sul bond, l’analista primario presenta il report sull’obbligazione in esame a un comitato di 5-10 persone esperte dello stesso settore ma di diverse aree geografiche, dando una raccomandazione di rating.

7.Il comitato discute sulla base dell’analisi presentata, sulla scorta dell’andamento del mercato e sul confronto con operazioni simili.

8.Il comitato vota sulla raccomandazione proposta ed assegna il rating.

9.La decisione del comitato viene comunicata all’emittente, che decide se rendere pubblico il rating.

10.Se l’emittente decide positivamente, il giudizio viene reso pubblico.

11.Dopo la pubblicazione, i rating vengono costantemente monitorati e vengono svolti      incontri  con l’emittente.”
In quanti avete capito di cosa si parla?

E chi ha capito, sa anche che l’argomento riguarda tutti noi?

Sono nero.

Ma andiamo per ordine.

Gli undici punti elencati descrivono il percorso che si segue per valutare i prodotti finanaziari negoziati in borsa.

Quando un ente emette un nuovo prodotto, per valutarne l’affidabilità, si rivolge ad un’agenzia di rating (nel mondo, in tutto sono quattro: Moody’s, Standard&Poor’s, Ficht e Dbrs). L’indice d’affidabilità, nella sostanza, definisce il c.d. valore di mercato di quel prodotto.

Per il suo lavoro, l’agenzia, ovviamente, è retribuita.

Si legge sui giornali di questi giorni che Moody’s ha ‘sbagliato’ la valutazione dei bond europei denominati Cpdo (Costant proportion debt obbligation), attribuendo agli stessi una solvibilità che non meritavano. L’agenzia fa ammenda: l’errore era contenuto nel modello di calcolo, e sarà corretto.

Per inciso:
- la denominazione dei titoli (più, o meno ‘obbligazione in proporzione costante col debito’) non significa nulla;
- i Cpdo sono prodotti emessi dalle banche, per trasferire ad altri (come vedremo a noi) il rischio dei crediti che concedono alla clientela;
- quando la clientela non paga i Cpdo perdono valore;
- siccome negli ultimi tempi i crediti delle banche sono, più spesso, assicurati con vere e proprie polizze assicurative molto costose, ma più sicure, i Cpdo in circolazione perdono sempre più il loro valore.

Ma riprendiamo il discorso.

Secondo alcuni osservatori, il comportamento di Moody’s non sarebbe stato del tutto erroneo: all’interno dell’agenzia “qualche dirigente sarebbe stato a conoscenza da tempo che i Cpdo dovessero avere un rating inferiore di almeno quattro punti, quindi al disotto dell’investment grade” (ibidem).

Il che potrebbe essere anche verosimile, vista l’autorevolezza della fonte (Finacial Times). Ma questo aspetto m’interessa poco. Né ho intenzione di far mie asserzioni altrui. A me, invece, interessa l’altro aspetto: il fatto che per un ‘errore’ di un’agenzia di rating, titoli di credito, che, come quelli indicati, sono ‘spazzatura’, sono stati venduti, e, poi, passati di mano in mano, fino ad arrivare ai piccoli risparmiatori, magari, nascosti in uno dei tanti prodotti che le banche offrono insistentemente alla clientela, e alla fine, in parte, finiti nelle nostre tasche. I nostri rispermi!

Domanda retorica: è da simili giochetti che devono dipendere il lavoro, il potere d’acquisto di salari e stipendi, e la stessa vita di chi lavora?

Ancora una volta: sono nero.
Ma cosa si può fare per scongiurarli?

“…le ricette non mancano. Il Fondo Monetario Internazionale ha indicato 25 azioni…” e il “ Financial Stability Forum…ha formulato 67 raccomandazioni”, per dare un minimo di regole alla finanza internazionale (M.Onado - Quale difficile equilibrio tra regole e mercato - Il Sole24Ore,p.1 del 24 maggio 2008).

C’è da sperare che trovino applicazione il più presto possibile.

 
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Delinquenza giovanile: questa sconosciuta.

Post n°35 pubblicato il 18 Maggio 2008 da smittino

I fatti raccapriccianti che vedono coinvolti giovani e giovanissimi, man mano che si verificano, sono spiegati come: bullismo, atrocità, devianze, mostruosità, ecc., secondo la formazione culturale del commentatore di turno. Mai un accenno alle possibili cause, e meno che mai un suggerimento per rimuoverle e scongiurare gli avvenimenti.

Come si spiega?

Non è difficile. Almeno a mio giudizio.

Le persone non nascono né virtuose, né criminali. Diventano l’una o l’altra cosa, in dipedenza dei valori assorbiti dalle società in cui vivono. Perché questi valori influenzano i loro comportamenti. Compresi quelli delittuosi.

Se così è, l’antropologo, il sociologo, il criminologo che spiegano le gesta criminali dei giovani non farebbero molta fatica a cercarne le cause: basterebbe guardare dentro le società per trovarvi tanti valori negativi, capaci di generare comportamenti contro regola.

Ma perché non lo fanno? Perché, poi, sarebbero, costretti a denunciarli. E qui entrerebbero in rotta di collisione da un lato con certa ideologia liberalista, più che liberale, da un altro, con interessi economici forti. Finendo per disturbare l'ordine precostituito,  che, per natura, è considerato politicamente corretto.

E chi gliela fa fare. "Non saremo certamente noi gli eroi destinati a cambiare il mondo", sembra essere la loro filosofia.

Senza indulgere a spiegazioni sul perché la conoscenza delle cause della criminalità può disturbare, mi limito a fare un esempio, che ritengo  riassuntivo della tesi.

Si prendano in considerazione i valori della vita e della morte. Basta accendere la televisione per imparare che:

- la vita che ha valore è quella eroica di chi sfida, di chi osa, di chi tenta, di chi ha successo, di chi fa sport, ecc.;

- la morte e l’omicidio, sono argomenti familiari, che si trattano con levità fra una birra e un curry-wrustel, fra un suv con filtro antiparticolato e un paio di tette mozzafiato.

È difficile che un giovane, specialmente se è ancora in formazione, non resti nfluenzato da tali culture: si deve essere eroi? E chi meglio di lui!; si deve uccidere uccidere? Conosce le armi e sa come usarle!’.

In un un contesto del genere, chi intraprendesse una battaglia culturale contro l’eroismo, metterebbe in crisi il mondo del business; chi vietasse di mandare in onda film in cui le parole ‘ammazzare’, o ‘omicidio’ sono pronunciate più di tre volte, farebbe chiudere le pay-tv. E "chissà quanti posti di lavoro di lavoro andrebbero persi!".

Concludendo. E' evidente che la cronaca nera del mondo giovanile - ma, a questo punto, secondo me, la cronaca nera tout-court - interpella il modello di sviluppo economico-sociale nel suo insieme, mettendolo in discussione.

Ecco perché nessuno ha voglia di cercarne le cause, e, magari, dare suggerimenti su come rimuoverle.

L’unica speranza che resta è che almeno i giovani, quando finalmente avranno voglia di capire che si tratta della loro vita, facciano essi stessi, direttamente, qualcosa per salvarsi.

 
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Sulla vittoria del centrodestra.

Post n°34 pubblicato il 02 Maggio 2008 da smittino

Il centrodestra ha vinto le elezioni. Ed era prevedibile.
L'effimera maggioranza di centrosnistra, invece di mettere insieme poche idee forti alle quali ancorare il traballanrte governo, ha litigato su tutto. A cominciare dall’occupazione delle ‘poltrone’, fino ai forsennati distinguo sulla politica estera, sulle questioni etiche, sulle opere pubbliche e così via. Persino quando si è tentato di spiegare alla gente le buone cose che il governo aveva fatto (risanamento dei conti pubblici, recupero dell’evasione fiscale e altro ancora), era un coro stonato. E questo non ha giovato alla sua immagine.
Mi sono sempre domandato:
- perché l’On. Marini, con la sua scelta per la presidenza, ha sottratto un voto prezioso alla maggioranza del Senato?
- perché l’On. Bertinotti, con la stessa scelta, ha rinunciato alla guida politica del suo Partito, lasciandolo alla deriva massimalista che tutti abbiamo dovuto conoscere?
- perché si sono dati incarichi di governo a personaggi più usi alle questioni di principio, che non al realismo politico?
- perché si sono messi in cantiere temi come le unioni di fatto e l’indulto, sui quali, nel nostro paese, non ci sono due persone che pensano la stessa cosa?
Se tutto ciò non fosse accaduto, forse l’On. Mastella e forse lo stesso On. Dini si sarebbero riconosciuti di più in quello che stavano facendo, e, probabilmente, avrebbero preso altre decisioni.
Per quel che mi riguarda, quando ancora credevo che - oltre ai lucidissimi Prof. Prodi, On. Dalema e a pochi altri (Letta, Franceschini) - qualcuno fosse in sintonia con la gente, più di quanto potessi esserlo io, vedevo altre nubi per il governo. Per esempio, ero convinto che alla gente, più che l’indulto e le coppie di fatto, interessava il potere d’acquisto del  reddito ed essere al riparo di furti, scippi, rapine, uccisioni ecc. ecc. Tuttavia, speravo di sbagliarmi.
Invece…
Nel frattempo le sirene del centrodestra sono state pronte a fare promesse convincenti, a prescindere  dalle concrete possibilità future di mantenerle.
Ora la frittata è spadellata. E l’unico valore che sembra destinato a mettere radici è: ‘Forza Italia’! In senso politico e/o in senso calcistico. Tanto fa lo stesso.
Per una nuova svolta etica ci vorrà del tempo. Spero che intanto sia finito il ciarpame dei distinguo.

 

 
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Interruzione della gravidanza e obiettori di coscienza.

Post n°33 pubblicato il 25 Aprile 2008 da smittino

La legge 194 del 1978, per tanti più conosciuta come legge sull’aborto, aldilà della lettura che ne fanno i detrattori a vario titolo (maggioranza della Chiesa cattolica, medici e paramedici obiettori, intellettuali - credenti e non credenti - comunque obbedienti alla Chiesa), a mio parere è una legge che:
1. prima di ‘regolamentare l’aborto’, guarda alla vita come bene prioritario da salvaguardare;
2. è responsabile verso la condizione delle donne in stato di gravidanza e, quando queste dovessero decidere d’interrompere la gravidanza, perché è in pericolo la loro salute fisica e/o psichica, se le assiste nella decisione;.
3. è sensibile alle istanze legate all’obiezione di coscienza.
La conferma ci viene dalla lettura dell’impianto normativo.
Punto 1. Prima di parlare di interruzione della gravidanza, la legge dichiara di voler garantire “il diritto alla procreazione cosciente e responsabile…il valore sociale della maternità e (la) tutela della vita umana dal suo inizio” Dichiara, inoltre, che “l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite.” (art 1)
Chi mastica un po’ di diritto sa che il contenuto del primo articolo di una legge, è una dichiarazione di intenti sulla finalità della legge stessa.
La legge 194, dunque, è una legge preordinata alla vita e non è un mezzo per controllare le nascite.
Punto 2. La legge non lascia sola la donna che deve decidere sull’interruzione della gravidanza.
L’art. 2, infatti, recita: “I consultori familiari
assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza…”.
L’art 3 aggiunge:“per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati, il fondo (di dotazione ordinario dei consultori), è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000 annui”.
E gli artt. 4 e 5 completano l’impianto: “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito,
si rivolge ad un consultorio pubblico. Il quale,
o
ltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza. (Solo) quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza, la donna può ottenere la interruzione della gravidanza”, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
Punto 3. L’art. 9 sancisce che “i
l personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di (interruzione della gravidanza) quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione”.
(Ma) gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste di interruzione della gravidanza richiesti.

(A tale scopo) la regione controlla e garantisce l'attuazione (del ‘servizio’) anche attraverso la mobilità del personale."
Ci si domanda: come mai, con una legge così chiara, sia ancora possibile che una donna che si rivolge ad una struttura autorizzata, per interrompere la gravidanza, debba, o, soltanto, possa incontrare personale medico, o paramedico obiettore? Ovviamente, con tutto ciò che ne consegue, in termini di disagio, forse di umiliazione, forse di spese? Perché la sanità pubblica gestisce un ‘servizio’ così delicato, mostrandosi, spesso, con gli obiettori di coscienza?   

 
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Le ansie del Papa

Post n°32 pubblicato il 03 Aprile 2008 da smittino

Il Papa - in occasione del lavaggio dei piedi, nella coena domini in S.Giovanni in Laterano -  ha affermato che “giorno dopo giorno siamo ricoperti di:
- sporcizia multiforme;
- parole vuote;
- sapienza ridotta o alterata;
- molteplice falsità o falsità aperta.”
(Il Sole 24 Ore - 21 marzo 2008, p.21).
Quanto vediamo e sentiamo gli da ragione. Ma Egli è indenne da rilievi?
Non del tutto. Vediamo.

1.Sporcizia multiforme.

Il sostantivo 'sporcizia', senza aggettivo farebbe pensare alla ‘monnezza’ di Napoli. Ma con l’aggettivo, a quale altra sporcizia allude?
Alla TV spazzatura? Alla finanza spazzatura? Alla pedofilia, compresa quella dei preti e dei  onniventi? Ai ricchi, per i quali le crune dei famosi aghi sono sempre più larghe? Alle Guerre?
Qualche precisazione gioverebbe.

2.Parole vuote.
“Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell’università? Sicuramente non deve cercare di  imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa...", ha il "compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro.” (Dal discorso alla Sapienza).
Tradotto: il Papa nell'università non ha da dire nulla, né può imporre la fede alle persone; però, è suo compito invitare ad usare la ragione per cercare la verità, cioè, secondo lui, Dio.
Tutto Chiaro? O non si tratta, piuttosto, del secolare contorcimento cattolico, teso aa giustapporre ai fatti, giudizi di valore, come tali opinabili?
Siamo in presenza di parole piene? 

3.Sapienza ridotta ed alterata

“… il Papa, proprio come Pastore della sua comunità, è diventato sempre di più… una voce della ragione etica dell’umanità…”, dice il Papa. (Ibidem).
A chi sostiene che le sue sono parole di fede, e non di ragione, egli oppone il seguente argomento.
“Che cosa è la ragione? Come può un’affermazione – soprattutto una norma morale – dimostrarsi ragionevole?... John Rawls, pur negando a dottrine religiose comprensive il carattere della ragione pubblica, vede tuttavia nella loro ragione non pubblica almeno una ragione, che non potrebbe, nel nome di una razionalità secolaristicamente indurita, essere semplicemente disconosciuta a coloro che la sostengono” (Ibidem).
Come dire: le dottrine comprensive, quella cattolica compresa, potrebbero (sic!) essere considerate non razionali nella sfera pubblica, ma, nella sfera privata, una loro razionalità  non può negarla nessuno. Lo dice Rawls. Ma il Papa aggiunge: neanche invocando una “razionalità secolartisticamente indurita” (bella considerazione della ragione umana!). Semplicemente perché la ragione della fede è “…una ragione a-storica che cerca di autocostruirsi soltanto in una razionalità a-storica…”, per cui “… la sapienza delle grandi tradizioni religiose è da valorizzare come realtà che non si può impunemente gettare nel cestino della storia delle idee. (Ibidem)”
D'accordo. Ognuno è libero di autocostruisi la razionalità a-storica che vuole.
Ma che c’entra la razionalità a-storica con la razionalità storica. Gli uomini, con la prima hanno una dimestichezza intimistica, con la seconda, lavorano, e con buoni risultati. Se le confodessero, non alterarerebbero la loro essenza umana? E con quali conserguenze per l'umanità?
Sono sapienza integra le parole del Papa, o iperbole per giustificare, insieme alla storia, la sua 'a-storia, che forse non è neanche della chiesa?

Molteplice falsità o falsità aperta.
L’
università esiste perché l’uomo vuole conoscere, dice il Papa. “In questo senso si può vedere l’interrogarsi di Socrate come l’impulso dal quale è nata l’università occidentale” (Ibidem).  A Eutifrone che sostiene l
a religione mitologica del tempo, “Socrate contrappone la domanda: "Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole e terribili inimicizie e combattimenti … Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto ciò è vero?" (6 b - c). In questa domanda apparentemente poco devota - che, però, in Socrate derivava da una religiosità più profonda e più pura... (cioè, drivava)... dalla ricerca del Dio veramente divino - i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto sé stessi e il loro cammino. Hanno accolto la loro fede non in modo positivista, o come la via d’uscita da desideri non appagati; l’hanno compresa come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio che è Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore.”
Questo modo di ragionare non è aderente alla verità storica, cioè, al passo di Socrate.
Le parole di questi, sono una messa in discussione della religione del tempo. E' vero, che poco devote. Ma perché affermare che sono poco devote solo apparentemente? Per avere un punto di riferimento autorevole su cui poggiare una tesi impegnativa?  Ed eccola la tesi impegnativa: Socrate sentiva “una religiosità più profonda…la ricerca di Dio veramente divino” (Ibidem). Da Socrate sono partiti i primi cristiani, per uscire dalle nebbie della mitologia ecc.ecc.
A Socrate, dunque, dovrebbe far riferimento l’Università che persegue la conoscenza. Ma, attenzione: non a Socrate poco devoto della religione mitologica, ma a Socrate che cerca Dio.
Non saprei dire quanto la tesi sia logicamente sostenibile. Ma mi chiedo: dov'era Dio altempo di Socrate?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Banchieri e commentatori...(in)esperti.

Post n°29 pubblicato il 17 Marzo 2008 da smittino

Ho scritto il messaggio n 13, prendendo spunto dai commenti d’esperti, apparsi all’epoca sui principali quotidiani di settore. Il contenuto della parte evidenziata in rosso allora mi è sembrato strano. Se la FED svolgeva una politica monetaria mirata alla crescita ed all’occupazione, com’era possibile che sospingeva i tassi verso l’alto?

E la perplessità è tutt’intera riverberata nella parte evidenziata in blu.

Oggi, qualche spiegazione possiamo darcela. 

La Banca Centrale Americana molto verosimilmente già all'epoca era consapevole della tempesta che si stava scatenando sui mercati finanziari. E cercava di correre ai ripari.

Ma allora perché i tassi alti?

Per favorire la finanziarizzazione dell'economia, prima che la crisi dispiegasse tutti i suoi effetti perversi e sul presupposto (inconsistente) che l'economia finanziaria, nelle crisi, di districhi meglio dell'economia reale.

Purtroppo la crisi è precipitata lo stesso, fino a diventare la tempesta che oggigiorno sta mettendo a dura prova anche i mercati finanziari. E sembra ormai evidente che il cambiamento di rotta della FED, cioè, l'abbassamento dei tassi d'interessi, non stia dando alcun risulato.

Che banchieri esperti! E che razza di commentatori esperti!

 

 
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La Chiesa Cattolica e la vita degli uomini.

Post n°28 pubblicato il 11 Marzo 2008 da smittino

1. Secondo le alte gerarchie della Chiesa Cattolica, la vita dell’uomo comincia allo stato embrionale e dura fino allo stato comatoso. Poiché la vita è dono del Signore, ed al Signore appartiene, essa è intangibile in tutti i suoi stadi. Ne deriva che l’aborto e l’eutanasia sono attentati alla vita, e davanti alla legge di Dio sono peccati mortali, che conducono direttamente all’inferno. Bene farebbero i governi, che si riconoscono negli insegnamenti della Chiesa Cattolica, a vietare per legge aborto ed eutanasia.

2. Non sono per l’aborto come strumento di regolazione delle nascite. Gioisco, quando una nuova vita viene al mondo. Conosco tante donne, che non hanno voluto abortire, pur sapendo di non poter dar da mangiare alla creatura che portavano in grembo.

Non sono neanche per l’eutanasia. Ho assistito alla tristezza di vedove che, avendo perso il compagno, ormai allo stato vegetativo, si disperavano di non potere più dargli un aiuto.

Ritengo, però, che ci siano stadi della vita (morula, gastrula, blastula) in cui non c’è ancora 'degnità' umana e altri (coma irreversibile) in cui non c’è più dignità umana. Mi chiedo: di fronte a simili eventi, quali comportamenti deve tenere chi non ha fede, perché il Signore non glie ne ha fatto dono? Quale comportamento deve tenere lo Stato che, appartenendo a credenti e non credenti, è laico per necessità?

3. Da millenni l’umanità, l’uomo e la scienza stanno cercando risposte a questi problemi. 

E i  risultati, oltre a non averla offesa, hanno allungato la vita. Perché la Chiesa Cattolica, che ama ritenersi la più evoluta, non se ne rende conto e continua a porre ostacoli?

È peccato mortale evitare che da una morula si generi un essere senza arti? È peccato mortale staccare la spina ad un comatoso irreversibile, che magari, se ‘sente’, lo desidera e non può esprimersi?

Io penso che non sia peccato mortale. Perché nessuna vita, degna di essere vissuta, è compromessa.

Continuiamo, dunque, a camminare con l’umanità, con la vita e con la scienza. Ignorando, almeno noi non credenti, i proclami apocalittici, che, come tali sono fuori d’ogni logica umana. Verrà il tempo in cui la Chiesa Cattolica, com’è già accaduto in passato, capirà e, magari, farà ammenda.

   

 
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Ancora sulla crisi finanziaria dell'estate 2007

Post n°27 pubblicato il 08 Marzo 2008 da smittino

Da molto tempo questo blog è muto. Interessato a seguire le vicende della crisi finanziaria mondiale da ‘presunto esperto’, mi sono via, via ipastoiato nei tecnicismi degli ‘esperti veri’, disperdendo, così, quelle poche verità che pensavo di aver raggiunto fino a dicembre scorso.

Ora sono convinto che gli esperti non sanno più da dove cominciare, per dare qualche spiegazione:

- sulla dimensione della crisi e del danno che essa sta provocando;

- sull’esito che la stessa avrà nel breve-medio termine.

Anche leggendo i giornali, si fa fatica ad orientarsi. Penso che sia tempo di abbandonare gli esperti ed i loro tecnicismi, andare all'essenzialità del ‘problema’ e dire con più coraggio qualche pala di chiarezza.

Molto sommariamente, la crisi finanziaria di cui si discute può essere rappresentata come segue.

Le banche americane, grandi e piccole, ricche di liquidità, hanno concesso prestiti, specialmente mutui per l’acquisto di case, a persone di scarsissima solvibilità (sub prime). Per assicurarsi contro le probabili perdite da insolvenza, hanno cartolarizzato (trasformato in titoli) i loro crediti e li hanno venduti sul mercato. I compratori (speculatori di professione), a loro volta, hanno cartolarizzato e venduto le 'cartolizzazioini' ad altri speculatori, dando, così, vita ad una specie di ‘catena di S.Antonio’, che ha finito per gestire e contrattare titoli fondati sul nulla, rischiosi, perché legati alla sorte dei mutui che li hanno originati, quindi, di valore prossimo allo zero.

Quando la gente ha cominciato a non pagare le rate dei mutui, per mancanza di guadagni, i titoli prodotti dalle catene di S.Antonio sono diventati in concreto senza valore, tanto da essere ormai denominati ‘titoli spazzatura’. Di conseguenza, i possessori, principalmente banche, ma anche altre istituzioni finanziarie (assicurazioni, private equity, hedge found ecc. ecc.), hanno dovuto diminuirne il valore, correggere i propri bilanci e ridurre l'erogazione di credito. La conseguenza di tutto questo è stata la sparizione del credito dal mercato (credit crunch). In mancanza di credito, le imprese non sono più in grado di finanziare gli investimenti necessari per nenere attiva la produzione e l'occupazione. Per questo, oggi, ormai, molti ritengono che gli USA siano in piene recessione.

Ma il fenomeno, lentamente, sta contagiando anche l’Europa e il nostro paese.

I correttivi posti in essere dalla banca centrale americana e di quella europea, (immissione di liquidità sul mercato, riduzione dei tassi d’interesse), a quanto pare, si stanno dimostrando di scarso o nullo risultato.

Che fare?

Sui quotidiani di questi giorni finalmente si comincia a dire qualche verità.

‘La banca fa ricchi i banchieri’; ‘Nella crisi dei mutui sub-prime molti hedge founds hanno fatto lauti profitti; ‘ I tagli dei tassi d’interesse non bastano ai mercati, serve più vigilanza. Sono solo alcuni titoli, che, secondo me, la dicono lunga sulla causa della crisi e sui rimedi.

Con queste verità è ancora possibile discettare della crisi con i tecnicismi? Penso di no, se si vuole scongiurare il peggio.

E per quanto m'è copnsentito, confermo la conclusione dell'articolo precedente.     

 
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Crisi finanziarie e rimedi.

Post n°26 pubblicato il 13 Dicembre 2007 da smittino

1. Mentre la crisi finanziaria iniziata l’estate scorsa è in pieno svolgimento, molti esperti continuano a discuterne dall’interno, senza pervenire a risultati convincenti. Almeno per quel che sembra. Finalmente, però, qualcuno, anche se timidamente, prova ad allargare il contesto discorsivo e, volenteroso, suggerisce rimedi.

Sono quelli giusti?

Vediamo due esempi.

Il professor Giacomo Vaciago, (Il Sole 24 Ore del 5 dicembre), propone di riflettere su tre aspetti.

a) La vigilanza sul traffico monetario-finanziario è esercitata da istituzioni statali, mentre i movimenti avvengono a livello globale. Evidentemente essa è inadeguata a garantire correttezza e trasparenza del traffico.

b) La stessa vigilanza, in passato è stata diseguale rispetto ai diversi settori (banche, assicurazioni, mercati finanziari). Perciò, specialmente dopo l’esperienza estiva, non è peregrino pensare ad un’integrazione delle diverse autorità preposte al controllo, integrazione non solo geografica, ma anche settoriale.

c) Le banche centrali - di meno la Fed - si sono occupate soltanto di stabilità monetaria, rivendicando a questo fine la propria autonomia dai governi. Di conseguenza si sono limitate a tenere sotto controllo i tassi d’interesse, senza troppa attenzione per i possibili effetti (negativi) degli stessi.

Sui primi due aspetti, i rimedi possibili sono impliciti nelle stesse riflessioni: la vigilanza deve riguardare l’intero comparto moneta-finanza, deve essere esercitata mediante un coordinamento degli istituti variamente preposti al controllo e deve essere caratterizzata da un approccio di mercato.

Il terzo aspetto - a mio avviso - è il cuore del problema. In breve, si tratta di questo: se le banche centrali si occupano dei tassi d’interesse solo a fini di stabilità monetaria, che succede, quando - per fini di stabilità monetaria - i tassi sono tirati all'insù? Succede che le risorse si incanalano verso gli impieghi finanziari, facendo lievitare la liquidità e spesso a livelli indesiderati. E si sa: a certi livelli la liquidità, da un lato non trova sbocchi e finisce per girare intorno a sé stessa, da un altro, genera inflazione. La stessa che vorrebbe tenere sotto controllo con l’innalzamento de tassi.

Le riflessioni del professor Vaciago, incentrate sui controlli sono rispettose della libertà di mercato solo fomalmente.
 2. Il professor Alberto Alesina (Il Sole 24 Ore del 6 dicembre), anch’egli critico del comportamento delle banche centrali, pone l’accento su un altro aspetto. Il seguente: finché la politica monetaria, centrata sulla manovra dei tassi, non farà riferimento all’inflation targeting, essa non produrrà mai la chiarezza e la prevedibilità necessarie al buon funzionamento dei mercati. (E le crisi saranno sempre in agguato, aggiungiamo noi).

‘Inflation targeting’ significa predeterminare un tasso d’inflazione per un periodo (preferibilmente medio-lungo), annunciarlo in anticipo e, mediante la manovra dei tassi d’interesse, mantenerlo costante nel tempo. Così operando, quando l’inflazione è in salita, i tassi non possono che scendere; il contrario succede, se l’inflazione cala.

Con l’inflation targeting, in breve, i comportamenti delle banche centrali sarebbero prevedibili e renderebbero impossibili tutte quelle scommesse che hanno reso i mercati poco trasparenti, se non oscuri, con le conseguenze che un po’ tutti siamo stati costretti a conoscere.

L’illustre professore, in verità, riferisce anche delle critiche che si fanno all’inflation targeting e le riassume così:

- l’inflation targeting non consente di stabilizzare i redditi reali e frena la crescita;

-le banche centrali non devono preoccuparsi solo dell’inflazione, ma anche dell’andamento dei mercati finanziari.

Ma, con argomenti di spessore, che non è possibile riportare in questa sede, egli dimostra che si tratta di critiche erronee e, forse, pretestuose.

Le proposte del professor Alesina sono rispettose della libertà di mercato tout court.
3. Com’è evidente i due esperti, pur partendo dallo stesso assunto: i mercati finanziari sono malati, suggeriscono cure diverse. Il professore Vaciago pensa che sia sufficiente un’integrazione - settoriale e geografica - dei controlli esistenti; il professor Alesina ritiene necessario il ricorso all’inflation targeting.

Nessuno dei due, tuttavia, discute la libertà di mercato. Perché nessuno dei due è disposto a credere che proprio la libertà di mercato sia la causa vera della crisi dell’estate, di quelle passate e di quelle che verranno. Oggigiorno, con la finanza creativa, in passato con le bolle speculative, in futuro con chissà quali altre fantasiose diavolerie.

Se è così, quali divrsi effetti potrebbero sortire i loro suggerimenti?
4. L'autorevolezza dei due illustri professori non mi consente di rispondere. Mi permetto, tuttavia,di avere un’idea: perché - anche a rischio di 'scalfire' la libertà di mercato - non vietare per legge la finanza creativa? Ameno la parte poggiata sulla leva finanaziaria? Non sarebbe scongiurata in partenza la causa efficiente delle crisi?

  

 
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A proposito della tempesta finanziaria dell'estate

Post n°24 pubblicato il 05 Settembre 2007 da smittino

1. È opinione diffusa fra gli economisti, che nello scorso mese d’agosto il mondo della finanza è stato colpito da una tempesta, che ha fatto toccare con mano i limiti del mercato nel trattare il rischio.

Secondo tale opinione, i mercati non sono in grado di coprire - o almeno controllare - i rischi degli investimenti finanziari, perché gli strumenti inventati - la così detta finanza derivata (Subprime, Fondi, Fondi di Fondi, ecc.) - si sono dilatati, spersonalizzati e, alla fine, sgonfiati, al punto da diventare essi stessi la causa della tempesta, che sta mettendo a dura prova la fiducia non solo dei risparmiatori, ma degli stessi investitori istituzionali (Banche, Assicurazioni e altre Istituzioni Creditizie).

L’opinione, allo stato delle conoscenze, sembra corretta.

Tuttavia, quando provano a suggerire rimedi, gli stessi economisti restano intrappolati nella mistica di categorie note, quanto acriticamente accettate (mercato, finanza, investimenti finanziari ecc.) e diventano come la montagna che partorisce il topolino.


2. Un noto accademico, la racconta così.

Ci sono tre correnti di pensiero in tema di rischio connesso con gli investimenti finanziari:

a) le innovazioni finanziarie sono state indotte, soprattutto, dal ‘mare di liquidità’ creato dalla politica monetaria espansiva della Banca Centrale Americana e in cerca di allocazione. (Per evitare guai peggiori, ad esempio: derive inflazionistiche?); 

b) le innovazioni finanziarie non sono in discussione, perché assicurano liquidità sana. È necessario solo che siano trasparenti e che gli investitori abbiano la cultura finanziaria necessaria per usufruirne al meglio;

c) le innovazioni finanziarie, se non adeguatamente controllate, sono un rischio non solo per i singoli investitori, ma anche per l’intero sistema finanziario.

Da dove partire per pensare a correttivi?

Controlli e regole sono secondari. Sono le Banche che - detenendo il monopolio delle informazioni sulla clientela - dovrebbero cominciare a riflettere sulla loro funzione e smetterla di vendere rischio, anziché credito. Perché, così facendo, non solo concorrono all’aumento del rischio finanziario complessivo del sistema, quanto creano le condizioni per distruggere il risparmio del quale dovrebbero nutrirsi.


3. Parafrasando parole d’altri tempi, si potrebbe dire: miseria dell’economia!

A parte il fatto che in sede scientifica, ma, forse, anche solamente accademica, si potrebbero-dovrebbero sottoporre a critica  categorie che, oggi, descrivono idee astratte, se non di comodo, piuttosto che fenomeni storicamente determinati. (E dire che qualcuno lo fa: vedi J.K. Galbraith  a proposito di ‘mercato’, ‘finanza’, ‘rischio’, nel suo bel libro ‘L’economia della truffa’). A parte questo, si diceva: per evitare, o alleggerire i danni, ancora incalcolabili, della tempesta di agosto non si sa suggerire altro che una limitazione delle skilles delle banche. Come se davvero il problema stesse lì.

Se, invece, si ripartisse dalla scienza, si troverebbe che:

a) la finanza è nata perché l’impresa possa reperire con relativa facilità i capitali con i quali finanziare gli investimenti e non  per fare 'giochi', speculativi e/o non. Controllo, dunque! Massimo controllo su questa finanza pericolosa. E non più 'assenza di regole', contrabbandata come ‘libertà dei mercati’;

b) il mercato altro non dovrebbe essere che la ‘libera concorrenza’ immaginata da Adamo Smith, con le sue regole (p.e.: trasparenza); regole necessarie a mettere i competitors su un piano di parità;

c) il rischio, naturalmente connesso con le operazioni di credito e con la finanza in generale, sia a carico degli operatori che liberamente, coscientemente e paritariamente prestano, prendono, vendono denaro e non dei risparmiatori di ultima istanza, costringendo lo Stato ad intervenire in loro soccorso, per evitare il peggio.

Si troverebbe, in altre parole, la via per la soluzione a tanti problemi connessi con ‘rischio finanziario’, scongiurando, così, altre tempeste nelle prossime stagioni.

Quanto al ruolo delle Banche, mi sembra meno di un’illusione, suggerire ad esse di non fare il loro mestiere: che razza di Istituzione Finanziaria sarebbero?

  

 

 

 
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Produttività e salari

Post n°23 pubblicato il 26 Maggio 2007 da smittino

1. Secondo la teoria economica, classica e non, un processo produttivo ha risultato non negativo, quando il valore (marginale) dei fattori impiegati non è maggiore del valore della loro produttività (marginale). Ne deriva che il fattore lavoro non può essere remunerato con un salario superiore al valore della sua produttività. Ne deriva, ancora, che eventuali incrementi salariali devono essere contenuti entro gli incrementi di produttività del lavoro.

2. A questa filosofia eravamo stati educati. Almeno da quando ci hanno ‘insegnato’ che il costo lavoro, nel processo produttivo, non è una ‘variabile indipendente’.
Non ci aspettavamo, però, che ad un aumento della produttività del fattore lavoro, dovesse corrispondere una dimunuzione dei salari. Specialmente in una società civile, democratica e liberale (sic!) come gli Stati Uniti d’America. E invece è ciò che si è verificato.

3. Importanti fondazioni americane, di diverso orientamento politico (Pew Charitable Trust, American Enterprice Institute ed altre) hanno condotto uno studio dal quale è emerso che (base 100 nel 1947) nel 2005:
- la produttività oraria del lavoro è salita a quasi 400;
- i salari, a proco più di 250.
Un bell’affare!

4. Il limite dello studio, si dice, è nei dati: per poterli confrontare, sono stati considerati solo i salari della popolazione maschile; quelli del lavoro femminile del 1947 sarebbero stati poco significanti.
Ma ecco le spiegazioni di quanto è emerso:
- negli Stati Uniti sono cresciute la disuguaglianze nella distribuzione del reddito fra le fasce socali (Wall Street Journal);
- lo studio ha riguardato solo i salari della popolazione maschile e non ha tenuto conto che a fronte di una decrescita degli stessi, c’è stato un incremento dei salari femminili (Brookings Instiution).
La prima, se è stata verificata, ripete una verità di sempre: quando si tratta di migliorare le condizioni del lavoro e/o del salario, non c'è aumento di produttività che tenga.
La seconda non regge: visto che nel periodo c’è stato un aumento di produttività - del lavoro maschile, per quel che si capisce - il beneficio o avrebbe dovuto tradursi in aumento dell'occupazione e/o dei salari - maschili - o avrebbe dovuto permettere l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, senza intaccare l'occupazione e/o i salari complessivi ex-ante. Visto che ciò non è stato chi ha avvantaggiato l'aumento di produttività?
E' vera la prima spiegazione: ha avvantaggiato le fasce sociali forti. 

Da: Mario Calabresi - I figli più poveri dei padri. Addio al sogno USA del progresso - La Repubblica - 26 maggio 2007, p.21.

 

 

 

 
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 Princìpi e drappi rossi

Post n°20 pubblicato il 26 Aprile 2007 da smittino

Compagno 1. Il Partito Democratico che stiamo costruendo, sarà la 'massa critica' per far crescere la democrazia di questo paese e creare le condizioni per uno sviluppo equo e solidale. Non possiamo avere dubbi in questo momento. La sua collocazione nello scenario politico europeo, allo stato, è un falso problema: in futuro se ne occuperà la storia. Lo capite o no?
Compagno 2.  Oh! Bella! 'Hodeste espressioni non son farina del sacco della sinistra. Non siam mi'ha stati sul monte Athos noialtri. Non fo' per dire, ma la sinistra ha una missione stori'ha: tener alto il drappo rosso (solo a Cosenza l'è 'hnsentito il fucsia acceso); il 'holore 'he dà alla gente la speranza d'un futuro migliore.
Compagno 1. Stai attento compagno, noi siamo al governo. Non possiamo dare segnali confusi. La gente non ci capirebbe.
Compagno 2. Mi spiace. E lo di'ho 'hon tanta sofferenza: noi ci si ferma qui.
Compagno 3. Ed io vvi ddico, che non ci sto nemmenno io in questa nnuova avventura. Ho scelto unna bandiera quando sonno nnato e non l'abbanddonnerò per un partitto moderatto.
Compagno 2. Bene 'hompagno, 'hosì mi piace, ma te tu 'hon chi andrai ?
Copagno 3. Ssolo, ssolo. La mia è unna questionne di princìppi, non di schierrammenti.
Cittadino. Scusate, ma che c'entra tutto quello che state dicendo con i problemi che ci riguardano. Non s'era detto che si doveva scongiurare il ritorno del centro-destra al governo, che sanati i conti pubblici, si sarebbero ridotte le tasse, che era urgente risolvere il conflitto d'interesse, che era necessario mettere mano ai problemi della giustizia...
Compagno 2. 'Hompagno, s'era detto tutto questo, l'è vera, ma adesso lo di'ho 'hiaro:  senza il drappo rosso, 'he 'hostruisca una grande sinistra, le soluzioni dei probleni vengan pasticciate. Per far le 'hose bene si deve 'hambiare registro.
Cittadino. E tu che dici?
Compagno 3. Compagno è dollorroso, ma il compagno 2 ha raggionne. Io devvo aggiungere che non posso andarre contro i miei princìppi.
Cittadino. Principi dite voi? Principi per principi, un principio viene anche a me: di noia. Per tutta la vostra oziosa, burocratica capacità di retorica sul nulla e per la vostra incapacità di mettervi al servizio di un'idea da condividere.    

    

 
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La teoria economica della 'crisi di mezza età'.

Post n°19 pubblicato il 24 Aprile 2007 da smittino

1. Fino ad oggi gli economisti pensavano che la felicità delle persone fosse strettamente legata ai consumi di beni e all’utilizzo di servizi ma nulla avesse a che fare con il loro ciclo di vita. Il celebre Prof. Franco Modiglioni fu insignito del premio nobel, per avere spiegato che l’età certamente influenza il reddito delle persone, ma i consumi - che producono la felicità - e la felicità stessa nell’arco della vita hanno un andamento costante, per la semplice ragione che, quando si guadagna di più, si risparmia per quando si guadagna di meno, di talchè il reddito non varia e con esso i consumi e la felicità.

2. Di recente, David Blanchflower e Andrew Osvald (BA), due economisti che vivono e studiano fra l’America e l’Inghilterra, elaborando i dati (consumi, stili di vita, salute fisica e mentale ecc.) riguardanti un campione di cinquecentomila persone che vivono sulle due sponde dell’Atlantico settentrionale, sono giunti alla conclusione che c’è una solida correlazione fra età e felicità e che la curva che meglio la rappresenta ‘è una U’ . Il che significa che la felicità è più consistente all’inizio ed al declino della vita ed è al suo minimo nell’età di mezzo. Di conseguenza è fortemente influenzata dalle stagioni della vita.

3. La teoria confermerebbe la ‘crisi della mezza età’, di cui tanto si parla e che fino al lavoro di BA non aveva mai avuto una spiegazione scientifica

4. Segnalo, per i curiosi, che quanto precede è tratto da un bell’articolo di Francesco Daveri apparso sul Domenicale de ‘Il Solo 24 Ore’ del 22 aprile 2007. 

 
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"Par condicio" e "fusione fredda"

Post n°18 pubblicato il 18 Aprile 2007 da smittino

1. Quando l'ex Presidente della Repbblica Scalfaro, con le sue dotte capacità linguistiche, introdusse nel lessico della politica l'espressione "...par condicio...", molti rilevarono l'improprietà del riferimento, sul fatto che il principio contenuto nella legge fallimentare mal rappresentasse l'imperativo etico di fare un uso equitativo della televisione.

2. Si sbagliavano, perché l'espressione di cui discutiamo non era e non è figlia inclonabile della legge fallimentare, ma l'insieme di due parole liberamente spendibili: il legislatore le usò per fissare quel principio, in quella legge; una persona intelligente e di cultura come l'ex Presidente della Repubblica le ha usate per fissare lo stesso principio in un altro contesto fattuale.

3. Oggigiorno circola un'altra espressione, questa della civetteria della politica, che, pare, stia passando inosservata, mentre dovrebbe far rabbrividire, perché descrive una questione esattamente opposta al significato che dovrebbe avere in politica. Parlo della "...fusione fredda...", con la quale si vorrebbe indicare, in negativo, il processo di formazione del Partito Democratico. Come dire: il Partito Democratico stà nascendo senza cuore.

4. La fusione fredda - se e quando arriverà - sarà un processo di manipolazione dell'atomo per produrre energia atomica pulita. (Oggi abbiamo solo la 'fissione dell'atomo', che, purtroppo prodiuce l'energia atomica che tanto ci spaventa). Come tale si tratterà di un processo di tutta positività. Perché, allora, l'espressione  'fsione fgredda' viene intesa ngativamente?

5. La mia risposta è che...

6. Voglio rifletterci un po' prima di rispondere con moderazione. Per ora mi basta pensare che forse è un malriuscito tentativo di spiegare un fatto politico serio, con una finzione verbale di pessimo gusto.

7. E' da tempo che la politica ci ha abituato a questo.

 

 

 
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CHE CONFUSIONE!

Post n°17 pubblicato il 09 Aprile 2007 da smittino

1. Continuano le guerre in Irak ed in Afghanistan. Coalizionisti, talebani e fondamentalisti sono convinti che si vinceranno, intanto si continua con le stragi e, di tanto, con lo sgozzamento delle persone. In casa nostra si grida contro le tasse, si urla contro i DICO, l'opposizione incalza il governo ed il governo deve vedersela con quanti vanno a passeggio 'ppe le strade de Roma'...che confsione!

2. Tempo fa ad un amico che mi diceva di essere in confusione ho risposto con un sonetto alla Trilussa. Ne riporto il testo per chi avese voglia di leggerlo. 

La confusione.

Cche t’ho da dì, la confusione è antica
e quella d’oggi nunn’è nnovità…
è sparsa drent’ i libbri, u’ scherzo mica,
se tu la cerchi, ce la poi trovà.

Sappi che fin’ar secolo ottocento,
che l'effe se scriveva come l’esse,
tu te n'annavi for de sentimento:
un libbro unn’era mejo d’un calesse…

Eppure c’era chi s’avvantaggiava
de tanta confusione, zozza porca:
er connanat’a morte. Non parlava

fino all’ora der cappio. Ma alla forca
- ch’era permesso - ar popolo gridava:
“Abbaffo fempre il re, viva la forca!”.

 

 

 

 

 
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Dico e Penitenza

Post n°16 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da smittino

1. Riflettendo sulla tendenza dell’Europa e degli europei ad infliggersi penitenze per le tante nefandezze della loro storia (schiavismo, colonialismo, fascismo, comunismo razzismo, shoa), Paolo Gambara sottolinea un’idea abbastanza consolidata nel pensiero contemporaneo, che, secondo me, è utile per farci evitare giudizi superficiali. Eccola: l’autocritica fa parte della nostra cultura e deriva direttamente dalla cultura del peccato, ereditata dalla tradizione giudeocristiana e trasformata dall’illuminismo in autocritica. Poiché l’esperienza insegna che “è più facile sentirsi in colpa per il passato, che assumersi responsabilità del presente”, la penitenza è di grande utilità per rimuovere la prima, continuando a non avere attenzione per la seconda.
Nell’attesa dei tempi che verranno.

2. Utilizzo in parte quest’idea per spiegarmi la posizione della Chiesa Cattolica a proposito dei DICO.

3. Com’è noto, la penitenza è il rimedio che la Chiesa Cattolica suggerisce ai credenti per ripulirsi dei peccati nei quali, ahiloro, spesso incorrono.
L’autocritica, invece, che deriva direttamente dal concetto di penitenza, è lo strumento al quale la stessa Chiesa fa ricorso, quando deve fare ammenda degli ‘errori’ commessi nel  suo passato (Copernico, Galileo, inquisizione e via elencando).

4. Oggigiorno La Chiesa sta commettendo un errore di non secondaria importanza: quello di escludere dall’amore universale, che, poi, altro non dovrebbe essere che Dio stesso, l’amore delle coppie che, per motivi diversi, non possono accedere al ‘sacramento del matrimonio’. (Sacramento, perché così definitivamente sistemato tra il 1439 (Concilio di Firenze) e il 1547 (Concilio di Trento); di conseguenza, quello d'impedire, a quanti lo vivono,  una testimonianza pubblica del loro amore, come è consentito/richiesto alle coppie unite dal vicolo matrimoniale; il tutto con la motivazione risibile che i DICO (come la legge in fieri sommessamente denomina l’amore che anela ad una esistenza pubblica) minerebbero la famiglia.

5. Molta gente, credente e non, è entrata in fibrillazione.

6. Per quel che mi riguarda, penso che non sia il caso di darsi pena: la Chiesa, come sempre, non sa assumersi le responsabilità del presente e nuovamente grida uno dei suoi ‘non possumus’. Come fece in passato a cominciare da Pietro e Paolo, passando per il matrimonio di Enrico VIII, la negazione del ritorno a casa del bambino ebreo e tanti altri casi per i quali si rimanda al bell’articolo di G. Zagrebelsky su Repubblica del 9 febbraio scorso (p. 45). In futuro, magari, se ne pentirà e metterà la coscienza a posto con una bell’autocritica. Con la speranza che, per quel tempo, il pentimento sia, in qualche modo,  anche penitenza.

7. Sicché, per il momento a noi non resta che fare appello a tutta la capacità di cultura che abbiamo, se ne abbiamo, per non sentirci sotto inquisizione. Almeno spritualmente.  

 
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La 'discussione' fra FED e BCE

Post n°13 pubblicato il 17 Dicembre 2006 da smittino

1. Il 7 dicembre scorso la Banca Centrale Europea (BCE) ha elevato il tasso d’interesse al 3,5% e dai comunicati dell’Istituto si capisce che la tendenza è al rialzo. La misura, si spiega, è stata necessaria per rallentare il surriscaldamento dell’economia del vecchio continente e bloccare così un possibile rialzo dell’inflazione.
La Federal Reserve Statunitense (FED), dal canto suo, mantiene il suo tasso al 5,25% e la tendenza non è al ribasso. Il 5,25 % è un tasso oggettivamente elevato per un'econmia occidentale e lo è maggiormente per la più importante economia del mondo, ma la FED lo difende sul ragionamento che all’America, più che l’andamento dei prezzi, interessa l’aumento della disoccupazione, che conseguirebbe ad una frenata dell’economia

2. All’apparenza i due Istituti seguono strategie in linea con le proprie missioni, ma – a detta di esperti – pare che siano in ‘discussione’, per usare un eufemismo, sul ruolo da assegnare alla moneta, nella politica monetaria. La FED, almeno per il momento, vorrebbe che la moneta fosse considerata variabile interna di un modello simile al suo, il solo capace di governare insieme crescita ed inflazione. La BCE, al contrario, continua a considerarla una variabile di riferimento esterna, sul presupposto che solo una regolazione della massa monetaria, bloccando sul nascere rigurgiti inflattivi, sia il giusto prius per una crescita equilibrata.

3. Poiché altro non è dato sapere, tanto criptati sono gli argomenti che si spendono pubblicamente e in via riservata, possiamo accontentarci delle congetture che fanno gli esperti e pensare anche noi che, probabilmente, FED e BCE – anche se per vie diverse – stiano perseguendo, come si dice, lo stesso obiettivo, quello cioè di scongiurare possibili bolle speculative in vista? Non ci accontentiamo. Almeno finché non ci spieghiamo come il perseguimento dello stesso obiettivo è spiegato con argomenti opposti. Pensiamo invece che la FED, dopo il declino dell'amministrazione Bush – vedendo ridotte le capacità di accollare aldaltri (Cina, Giappone ecc.) i costi dell'economia americana, magari col beneplacito dei soliti noti (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale)  – stia tentando di coinvolgere la BCE nella gestione della della politica monetaria americana.Tentativo da scongiurare, secondo noi, visto che la BCE è al servizio dell'Europa, e non dell'America.

4. Bernanke, invece di parlare con Trichét, dica a Bush e ai suoi neocon di smetterla con il ‘Fondamentalismo di Mercato' e con l’economia di guerra, perché solo così l’America uscirà dal pasticcio economico in cui si è da tempo cacciata, che è pericoloso per tutti.

 
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