Ripeness is all

31 anni fa


veniva assassinato Pier Paolo Pasolini, ancora oggi sulla sua morte non è stata fatta chiarezza, quello che è certo quel 2 novembre 1975 è stata fatta tacere una voce che non aveva mai esitato a farsi sentire "fuori dal coro", a fianco dei più deboli e sempre, costantemente, contro il "palazzo". Una generazione di intellettuali ha cercato di raccogliere il suo testimone, ma la sua lucida intelligenza critica, la sua rabbia serena, il suo coraggio senza compromessi continua a mancare. Notte a piazza di SpagnaI. Qui è più puro, e colmo di quietoterrore, nelle sere ormai fondeche tremano agli ultimi brusii, poetici di mera vita, l’incontro delle grondeurbane col buio informe del cielo.E i muri impalliditi, le infeconde aiuole, i cornicioni, nel misteroche li imbeve dal cosmo, familiaree gaio fondono il loro. Ma stasera un improvviso rovescio sulle ignarefantasie del passante frana, gelail suo trasporto per le calde, care pareti sconsacrate... II. Non più, come un androne, di sonoripassi perché rari, di trasparentivoci perchè quiete, tra splendori d’umile pietra, la piazza negli spentiangoli trasale; né solitariefrusciano le macchine dei potenti, sfiorando il fianco del giovane pariache dei suoi fischi inebria la città...Una folla sbiancata empie l’aria di un freddo calore, un palco stasu essa, coperto di bandieredel cui bianco il bruno lume fa un sudario, il verde acceca, inceradi crudo sangue il rosso. Tetraallo spettro di quei colori annera una fiamma... III. Il dolore, inatteso, mi respingeindietro, quasi a non voler vedere;e invece con le lacrime che stingono intorno al mondo così vivo, a sera,nella viva piazza, mi sospingo comedisincarnato in mezzo a questa fiera di larve. E guardo, ascolto: Romaintorno è muta: è il silenzio, insieme,della città e del cielo: non risuona voce su queste grida; il caldo semeche il maggio germoglia pur nel fresconotturno, un greve e antico gelo preme sui muri preziosi, fatti mesticome nei sensi di un fanciulloangosciato... E più qui presso crescono gli urli (e in cuore l’odio), più brullosi fa intorno il silenzioso desertodove il consueto, popolare sussurro s’è stasera perduto. IV. Ecco chi sono, gli esemplari vivi,vivi, di una parte di noi che, mortaci aveva illuso d’esser nuovi: privi d’essa per sempre; e invece no, scòrtad’improvviso, in questa molle piazzaorientale, ecco la sua falange, folta, sconvolta, urlante, coi segni della razzache è nel popolo oscura allegriae in essa triste oscurità, che impazza cantando la salute; e l’energiasua non è che debolezza, offesasessuale, che non ha altra via per essere passione, nella mente accesa,che azioni troppo lecite od illecite:e qui urla soltanto la borghese impotenza a trascendere la specie,la confusione della fede chel’esalta, e disperatamente crescenell’uomo che non sa che luce ha in sé. V. Resto in piedi tra questa folla quasiil gelo, che da Trinità dei Monti,dai duri vegetali del Pinelo, rasi contro le stelle e i chiusi orizzonti,spegne la città - mi spegnesse il pettorendendo puro stupore i monchi sentimenti, pietà, furore; gettointorno sguardi che non mi sembran miei,tanto sono diverso; non è l’aspetto di gente viva con me, questo, neisuoi volti c’è un tempo morto che tornainaspettato, odioso, quasi i bei giorni della vittoria, i freschi giornidel popolo, fossero essi, i morti.Per chi è andato avanti, ecco, intorno, il passato, i fantasmi, i risortiistinti. Questi visi giovaniliprecocemente vecchi, questi tòrti sguardi di gente onesta, queste viliespressioni di coraggio; la memoriaera dunque così smorta e sottile da non ricordarli? Tra i clamoricammino muto, o forse sono mutiessi, nella tempesta che ho nel cuore. VI. E nel senso di perdita del propriocorpo, che dà un’angoscia improvvisa,in silenzio al fianco mi si scopre un compagno; con me, intento e indeciso,si aggira tra la ressa, con me guardanei volti questa gente, con me il misero corpo trascina tra petti e coccardevilmente inorgogliscono; poi su meposa lo sguardo. Tristemente gli arde col pudore che ben conosco; ed ècosì mio quello sguardo fraterno!così profondamente familiare, nel pensiero che dà a questi atti senso eterno!E in questo triste sguardo d’intesa,per la prima volta, dall’inverno in cui la sua ventura fu appresae mai creduta, mio fratello mi sorride,mi è vicino. Ha dolorosa e accesa, nel volto, la luce con cui vide,oscuro partigiano, non ventenneancora, come era da decidere con vera dignità, con furia indenned’odio, la nuova nostra storia: e un’ombra,nei poveri occhi, umiliante e solenne... VII. Pietà egli chiede, con quel suo modesto,tremendo sguardo... non pel suo destinoma per il nostro... ed è lui, lui, il pesto ragazzo, che deve andare a capo chino,mendicare per noi e per sèqualche luce in questo nostro cammino? Ah, la verità è quella chevoi non volete udire, trasportatida una cieca certezza: e se di voi non sapete far storia, natiper privilegio alla storia, comepotete farla di una patria condannata nel suo popolo, all’umiliazione,stupenda, d’essere pura natura?Se pur foste puri, in voi, nella passione che vi assorda, sarebbe ancora impuroil vostro agire in un mondo ossesso:il vostro amore oscuro lo fa oscuro, da esso persi, agite, non per esso. (1953, ultimi di maggio)