Ripeness is all

un paese ci vuole per non essere soli (Cesare Pavese)

 

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L'eroe

Post n°1303 pubblicato il 20 Giugno 2009 da snoopy68

 
 
 

La fine di un sogno...

Post n°1302 pubblicato il 06 Giugno 2009 da snoopy68

La sera del 7 giugno 1984 Enrico Berlinguer, nel corso di un discorso elettorale a Padova, fu colpito dal malore che lo avrebbe stroncato quattro giorni dopo. Dalla morte di Enrico iniziò lentamente la crisi del PCI che l'avrebbe portato alla sua scomparsa. Chi era un militante comunista in quegli anni ricorda ancora lo sgomento ed il dolore che fecero seguito a quella morte e il presagio negativo che niente sarebbe stato più come prima...

 
 
 

Eugenio Montale

Post n°1301 pubblicato il 06 Giugno 2009 da snoopy68

Non chiederci la parola


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

 
 
 

A quando la verità?

Post n°1300 pubblicato il 06 Giugno 2009 da snoopy68

 
 
 

Mario Luzi

Post n°1299 pubblicato il 02 Giugno 2009 da snoopy68

A un compagno

E la musica ansiosa che bruiva
nel biondo dell'estate
ora densa di ruggine risale
confusa col tuo nome alle colline

mentre un cielo violato dal ricordo
mesce nubi con la marea di biade
instancabile, rotta alle pendici
dei borghi di Toscana.

Voci rare feriscono il silenzio
eterno, ancora accese
qui dove indugio, anima sulla riva
del fiume inquieto ferma ad ascoltare.

Il passante ravviva
le croci di papaveri votivi
alle svolte della strada.

Ed ora che per te
morire sempre più profondamente,
per me essere è non dimenticare,

la forza di quel gesto ci conviene
usata a ritrovarci,
a difenderci l'un dall'altro quando
striscia un vento recondito di morte.



 


 



 
 
 

Il partigiano Johnny

Post n°1298 pubblicato il 02 Giugno 2009 da snoopy68

Ho rivisto "Il partigiano Johnny", il film tratto dal bellissimo e complesso romanzo di Beppe Fenoglio, con Stefano Dionisi. Era francamente impossibile rendere cinematograficamente la narrazione dello scrittore di Alba e per questo il regista Guido Chiesa ha anche attinto dall'altro bel romanzo resistenziale di Fenoglio, "Una questione privata", il risultato è un film sicuramente interessante ma molto lento, nonostante la bravura degli attori e l'ambientazione originale sulle Langhe.. Un film comunque da vedere...

 
 
 

REPUBBLICA

Post n°1297 pubblicato il 01 Giugno 2009 da snoopy68

 


2 giugno 1946 la seconda liberazione

Il primo voto libero dopo la cacciata del fascismo

Alla fine di maggio del 1946 c'erano ancora dappertutto case squarciate dai bombardamenti, gente ammucchiata in precari alloggi di coabitazione, famiglie in attesa degli ultimi militari prigionieri, campi inglesi e americani con la loro corte di piccoli traffici e malavita spicciola. I fascisti, prudentemente, stavano in ombra e in silenzio, i partigiani si preparavano ai compiti nuovi della pace: ricostruire case e fabbriche, aiutare la gente più colpita, dare un senso nuovo a un paese uscito da vent'anni di dittatura e da una guerra che aveva coinvolto, per la prima volta, i civili quanto gli eserciti.

Gli italiani imparavano la politica negli antri perennemente fumosi e affollati che ospitavano le sezioni del Pci e nelle parrocchie ingombre di derrate alimentari e vestiti smessi arrivati dagli Stati Uniti e distribuiti con oculatezza ai poveri non sospetti di simpatie comuniste.

Le prime elezioni libere e la campagna elettorale

La campagna elettorale - che abbinava il voto per l'assemblea costituente al referendum monarchia/repubblica - si faceva nelle strade, nelle piazze, nei mercati, nelle case chiedendo consiglio ai più anziani che avevano vissuto nell'Italia prefascista e nei paesi del loro esilio ma soprattutto inventando modi e luoghi. I simboli e gli slogan attaccati ai muri, i comizi - tutti gremiti - erano l'aspetto più vistoso e nuovo ma la propaganda vera era quella di migliaia di attivisti che giravano casa per casa e creavano momenti di discussione al mercato, in piazza, nei bar, i più preparati organizzando vere e proprie sceneggiate con pro e contro, spesso così realistiche da far rischiare le botte al compagno che si prestava al ruolo di monarchico. Scontri reali e cruenti erano invece all'ordine del giorno nel mezzogiorno d'Italia dove il partito monarchico era forte, organizzato e raccoglieva consensi anche in strati popolari e sottoproletari alternando la corruzione dei pacchi di pasta e delle scarpe nuove a vere e proprie aggressioni, come nella Napoli di Achille Lauro.

La campagna per la repubblica non era semplice. La guerra di liberazione aveva visto combattere insieme i comunisti delle brigate Garibaldi, gli azionisti di giustizia e libertà, il fronte militare di fede monarchica, tutti rappresentati nel Cln e in contatto con gli alleati e con il governo Badoglio; la democrazia cristiana aveva deciso di lasciare "libertà di coscienza" ai suoi elettori. Ricordo una coppia di contadini toscani decisi a votare Pci e Monarchia perché «quel povero principino è un bimbo, non si può cacciarlo via». I loro figli, partigiani comunisti, furibondi e sfiniti dalle discussioni chiesero aiuto al partito per convincerli. Ci riuscì a fatica il compagno Remo Scappini, forte per età e prestigio.

I protagonisti furono i giovani

Ma i principali protagonisti della campagna elettorale furono i giovani, la presenza più visibile nelle manifestazioni con cartelli fatti a mano, bellissimi con caricature, fotomontaggi, scritte fantasiose, bandiere, canzoni. Erano loro ad affiggere i manifesti con la colla casalinga, acqua e farina cucinate dal madri compiacenti, a fare le scritte di vernice rossa o inchiostro da stampa, se c'era qualche tipografia amica. Erano loro a distribuire volantini, a animare i dibattiti di strada e a insegnare a votare. Alla generazione che non aveva mai esercitato il diritto di voto si aggiungevano gli anziani che lo avevano dimenticato, molti dei quali analfabeti, e infine le donne. Per la prima volta c'erano donne in lista, per la prima volta, fra dubbi, perplessità, sfiducia di molti progressisti, tutte le donne italiane andavano a votare e a loro si poneva, oltre al problema dell'orientamento politico, quello dell'esercizio materiale del voto. Furono proprio ragazzi e ragazze a studiare i regolamenti e a spiegare ai coetanei e ai più anziani, cominciando dalla propria famiglia, «come si vota». C'erano gli antifascisti riottosi che insistevano per firmare la scheda «perché io non ho paura di nessuno», repubblicani decisi a cancellare con una croce il simbolo degli odiati Savoia e soprattutto uomini e donne che temevano di sbagliare, di confondersi, di farsi vincere dall'emozione e chiedevano di portarsi nella cabina un congiunto o un compagno più preparato. Quanta pazienza, quanto fiato, quanti pacchi di facsimili di scheda!

E per molti amarezza di non poter votare. Ragazzi di 19-20 anni appena scesi dalle montagne dove avevano combattuto, comandato formazioni partigiane, subito carcere e tortura, ragazze che avevano rischiato la vita ogni giorno portando armi, viveri e ordini nelle borse della spesa, arrancando in bicicletta fra un posto di blocco tedesco e un ponte crollato, non accettavano facilmente di non essere considerati idonei ad una operazione semplice e non rischiosa come il voto, di non essere chiamati a decidere sulla sorte del paese che avevano liberato. Ma si votava a 21 anni compiuti, bisognava rassegnarsi a insegnare agli altri a votare. E a spiegare che il re Vittorio Emanuele aveva aperto le porte al fascismo, l'aveva sostenuto e alla fine era scappato insieme a suo figlio Umberto, lasciando l'Italia in balia dei tedeschi. Che bisognava fare una repubblica democratica, con un presidente eletto. Ognuno si sbizzarriva in esempi e citazioni da Garibaldi a Lenin, dalla repubblica romana a quella dei soviet a quella partigiana dell'Ossola della quale si aveva appena avuto notizia.

La Repubblica ha vinto

Arrivò così il 2 giugno e gli entusiasmi si smorzarono in diffuso timore: come avrebbero votato i vecchi? E le donne ritenute dal diffuso maschilismo dell'epoca succubi di scrupoli religiosi o pietistici? Come avrebbe votato il sud? E i carabinieri? Si presidiarono i seggi tutta la notte per paura dei brogli dai quali qualcuno aveva messo in guardia. I risultati tardavano alimentando i peggiori sospetti. Poi il comunicato liberatore: la repubblica ha vinto. Fu come una seconda liberazione: mentre i rotocalchi preparavano i servizi fotografici di Umberto in borghese col solito fatuo sorriso sulla scaletta dell'aereo che ce lo avrebbe alla fine portato via, giovani e anziani, elettori e non invasero le strade cantando, gridando, abbracciandosi, sventolando, insieme a tante bandiere rosse, il tricolore con un gran buco in mezzo al bianco, dove era stato lo stemma sabaudo.

Bianca Bracci Torsi
Roma, 2 giugno 2002
da "Liberazione"
 
 
 

Da L'Aquila

Post n°1296 pubblicato il 30 Maggio 2009 da snoopy68

Comunicato Stampa

Le famiglie degli universitari deceduti nel terremoto dell' Aquila rifiutano la laurea alla memoria
Avevamo già appreso dal verbale n° 5 / 2009 della seduta del 15/04/2009 del Senato accademico dell ' Università dell ' Aquila, che il Rettore Ferdinando Di Orio ha proposto di conferire alla memoria dei nostri figli studenti universitari , l 'assegnazione della laurea honoris causa.

Recentemente, il Rettore dell' Università ha confermato con una sua missiva, indirizzata a tutte le famiglie degli studenti deceduti nel sisma, l' assegnazione del titolo alla memoria, in occasione di una manifestazione pubblica da tenersi il 29 maggio 2009 alla Caserma Scuola della Guardia di Finanza a Coppito.
Al di là delle più semplicistiche e scontate valutazioni sull ' assegnazione della laurea alla memoria, che per noi genitori e parenti delle vittime non ha ovviamente nessun valore morale e affettivo, ribadiamo di non condividere affatto questa decisione, che allo stato attuale è un blando tentativo di voler semplicemente chiudere una tragica parentesi che ha sconvolto la nostra esistenza.

Poco importa che uno studio commissionato dalla Protezione Civile alla società “ Abruzzo Engineering “ e realizzata nel 2006 evidenziasse gravi situazioni strutturali in molti edifici pubblici de L ' Aquila – tra le quali tutte le facoltà universitarie - ; situazioni che andavano sanate a salvaguardia dell ' incolumità pubblica con lavori di interventi che non sono mai stati realizzati.
Va ricordato che durante l ' attività sismica che andava avanti da circa sei mesi nessuno si è preoccupato di sospendere la normale attività didattica nelle facoltà, sottoponendo gli studenti ad un notevole stress psicofisico.
Alla facoltà di Ingegneria ad esempio erano in programma lezioni ed esami nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì della settimana di Pasqua.
La prevenzione è stranamente scattata dopo i catastrofici eventi sismici del 06 / 04 / 2009, visto che molte facoltà sono state trasferite in alcune città abruzzesi.
Basta solo questo per ribadire ancora una volta che noi famiglie degli studenti universitari, deceduti a L' Aquila nella notte del 6 aprile 2009, rifiutiamo l' assegnazione del titolo di laurea.

Le famiglie di : Michele Strazzella, Enza Terzini, Tonino Colonna, Luca Lunari, Marco Alviani, Angela Cruciano, Luciana Capuano, Davide Centofanti

 
 
 

Cesare Pavese: Lavorare stanca

Post n°1295 pubblicato il 29 Maggio 2009 da snoopy68

 
 
 

Da: Informazione Libera

Post n°1294 pubblicato il 29 Maggio 2009 da snoopy68

L'Einaudi censura il premio Nobel Samarago
di: Antonio Rispoli

Il poeta Josè Samarago, premio Nobel per la letteratura nel 1998, non pubblichera la sua ultima opera "O caderno" ("Il quaderno" in portoghese, ndr) con la società editrice Einaudi. Questo perchè Samarago osa giudicare in maniera negativa il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che è il proprietario della casa editrice, e il popolo italiano che l'ha eletto. Infatti usa frasi come "Nella terra della mafia e della camorra che impor­tanza può avere il fatto pro­vato che il primo ministro sia un delinquente?". In un altro punto definisce Berlusconi addirittura un "capo mafioso". Di conseguenza nulla di questo verrà edito in Italia.
Intervistato da un giornalista del Corriere della Sera, via e-mail (Samarago ha 87 anni e vive alle Canarie), lo scrittore ha confermato la notizia, dicendo che i giudizi che lui esprime sono duri, ma sono basati sulle cronache giornalistiche provenienti dall'Italia e dal resto del mondo, commentando: "La verità è che quella che si è creata potrebbe es­sere definita una situazione pittoresca se il fatto che un politico accumuli tanto po­tere non facesse temere per la qualità della democra­zia". E quando il giornalista gli fa notare che l'ha paragonato ad un capo mafioso, il premio Nobel gli fa notare: "Davvero le sem­bra esagerato? È sicuro? Al­meno mi concederà che ha una mentalità mafiosa". E sulla censura da lui subita: "Ho cono­sciuto la censura durante la dittatura portoghese, l’ho sofferta e combattuta e nes­suno in una situazione di apparente normalità demo­cratica mi potrebbe chiede­re di amputare una mia ope­ra".
Insomma, sappiamo farci conoscere, se da noi c'è meno libertà che in Portogallo sotto la dittatuta di Salazar.

RICORDO CHE L'EINAUDI PRE BERLUSCONI E' STATA LA CASA EDITRICE DI PAVESE, FENOGLIO, PRIMO LEVI, NUTO REVELLI, ITALO CALVINO...E MOLTISSIMI ALTRI SCRITTORI ITALIANI E STRANIERI DI ALTISSIMO LIVELLO...

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: snoopy68
Data di creazione: 29/10/2005
 
 

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