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Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

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La risorgiva socialista

Post n°191 pubblicato il 16 Giugno 2009 da socialismoesinistra




Le elezioni europee sono appena terminate e già spuntano le giaculatorie e i “de profundis” dedicati alla fine del socialismo, titoli come “Postsocialismo” “l’uguaglianza al tramonto”. Citazioni come “Sinistra e socialismo sono stati a lungo sinonimi, ora non più” di Bobbio, “Il socialismo può essere messo in pratica solo con metodi che i socialisti stessi disapprovano” F.von Hayek oppure “La democrazia cerca uguaglianza attraverso la libertà, il socialismo per mezzo della schiavitù” Tocqueville.
Sono quei giornali che, naturalmente, vorrebbero seppellire definitivamente nella storia uno dei più grandi principi ideali e morali che hanno mai ispirato l’umanità, solo in base a delle risultanze elettorali che dimostrano solo la disaffezione dell’elettorato rispetto ad una idea di Europa che cozza per definizione contro ogni tentativo di applicare modelli di integrazione etnica ed ogni intento di controllo dell’economia, per impedire che debordi in pericolose speculazioni, proprio a causa di una intrinseca debolezza ed incapacità decisionale, dovuta alla cronica mancanza di una sinergia di intenti politici.
Evidentemente, in una situazione in cui le strutture sovranazionali rivelano tutta la loro debolezza, non possono che affermarsi di nuovo le politiche nazionali tese alla tutela di interessi identitari e protezionistici. Quelle con cui lo Stato interviene in maniera decisa anche per mano di governi di destra, che però fanno pagare il costo di questi interventi di “salvataggio” solo alle stesse categorie di cittadini, scaricandone gli oneri solo su chi è destinato alla precarizzazione e alla mancanza progressiva di tutele sociali e di servizi pubblici.
Ciò avviene d’altra parte parallelamente all’esaltazione, mediante il ruolo dei media sempre più pilotati e dipendenti dagli oligopoli che li finanziano, del merito inteso solo come iniziativa individuale, come autolegittimazione necessitata dal “si salvi chi può” mediante una progressiva desertificazione morale, politica e conseguentemente anche istituzionale che rende i vuoti di legalità e di impunità sempre più ampi, fino ai vertici degli Stati. Fino a legiferare con il consenso dei parlamenti eletti dal popolo, l’impunità come necessità di governo.
Ecco allora che il Socialismo torna ad essere una speranza eversiva, come lo fu quando nacque, pur avendo subito le più perniciose mutazioni genetiche, durante la sua crescita e il suo sviluppo, a causa della sua cronica incapacità di essere pragmatico, di unire gli uomini in base all’analisi della diversificazione delle contingenze, e per i loro effettivi bisogni, piuttosto che in nome delle utopie o delle eresie.
Oggi dunque il Socialismo ha di fronte a sé una ulteriore mutazione e una nuova frontiera, che si apre in base a due principi essenziali: l’azione riferita alle necessità del contingente in senso concreto e pragmatico e la inflessibile tenuta morale, e cioè la consapevolezza che il principio di uguaglianza non può che partire dalle condizioni che rendono disuguali le persone, e da una forte spinta necessitante, di tipo morale, a rimuoverle.
Lo disse con chiarezza Carlo Rosselli ed oggi tali parole sono ancora di estrema attualità: “il Socialismo nel suo significato più sostanziale..è liberalismo in azione, è libertà che si fa per la povera gente”
Non è pensabile dunque che tal principio possa venire meno in un’ epoca ed in un mondo in cui le disparità e le disuguaglianze aumentano esponenzialmente non solo tra i paesi ricchi e quelli poveri, ma anche e sempre più rapidamente negli stessi paesi ricchi, e gli USA ne sono un esempio clamoroso.
Evidentemente sono in crisi irreversibile solo due modelli di socialismo: quello basato soltanto sul pragmatismo di tipo blairiano e direi anche craxiano che, in nome del conseguimento di determinati obiettivi di governo e di potere, ha sacrificato abbondantemente i suoi principi ideali e morali, e sia quello basato soltanto sul predominio dell’ideologia, con l’assurda pretesa che una casta di partito ne potesse essere l’unica immutabile ed eterna depositaria.
Oggi c’è necessità di coniugare liberalismo e socialismo come asseriva Rosselli perché “Il liberalismo è la forza ideale ispiratrice, il socialismo la forza pratica realizzatrice” Questa rivoluzione copernicana che fu prefigurata da un vero e proprio profeta del socialismo umanitario, e che per questo, per la sua potente forza eversiva, fu condannato ed è condannato tuttora alla “damnatio memoriae”, con i suoi testi che ormai si trovano solo nelle biblioteche o nelle librerie antiquarie, è oggi la sola via che l’umanità ha davanti per scongiurare il baratro dell’autodistruzione.
Perché l’insorgere di nuovi nazionalismi, il prefigurarsi di monopoli inossidabili tesi all’incremento a fini indeterminati del profitto, con i mezzi più feroci dello sfruttamento schiavistico e della distruzione sistematica dell’ambiente, se non troveranno un argine e una contromisura efficace, ci porteranno diritti verso il baratro di altre guerre ancora più rovinose e verso l’annientamento della biodiversità e delle culture indigene. Anche verso la perdita delle culture e dei valori su cui sono cresciuti e maturati i popoli, perché il nuovo nazionalismo che tenta di prefigurarsi non è culturale ma ideologico, e soprattutto teso verso forme nuove e più subdole e feroci di espansione imperialistica. E’ barbarie molto peggiore di quella antica, perché disumanamente tecnocratica.
Il valore del socialismo attuale è dunque quello dell’umanesimo gramsciano, quello della convivenza basata sul rispetto delle diversità e sulla inflessibile forza necessitante delle regole legalitarie.
Come diceva Gramsci infatti “La filosofia della praxis continua la filosofia dell’immanenza, ma la depura di tutto il suo apparato metafisico e la conduce sul terreno concreto della storia”.
Oggi abbiamo bisogno di quel pragmatismo che non ci fossilizza sulla difesa ad oltranza dei nomi o delle etichette politiche, ma che ci proietta verso l’immanenza del fare “per” e del fare “con”, che ci spinge a coniugare regole e principi morali con la condivisione della loro attuazione per scongiurare la disperazione dell’ “homo homini lupus”, la convulsione del “bellum omnium contra omnes”, di quel tutti contro tutti, in nome di una lotta per la sopravvivenza in cui la prima a soccombere è l’humanitas: la dignità e la libertà della persona umana.
Il Socialismo è dunque oggi una risorgiva che inevitabilmente rappresenta una sfida per le nostre coscienze e può essere rimesso in moto a livello internazionale, colpendo i paradisi fiscali, ponendo regole determinate all’incremento indeterminato dei monopoli, tassando le speculazioni sui grandi capitali e soprattutto attuando norme vincolanti per tutto il mondo del lavoro, o arginando il dilagare delle delocalizzazioni in cerca di luoghi sempre più brutali di sfruttamento della manodopera. E anche a livello nazionale, ripristinando regole sui conflitti di interesse, migliorando i servizi, favorendo la concorrenza a scapito dei cartelli monopolistici e incrementando la virtuosità della partecipazione statale alla gestione dell’economia con uno Stato non clientelare, ma fatto da cittadini premiati secondo i loro effettivi meriti di servizio.
Ben presto finirà l’illusione che ci si possa salvare sempre legandosi stretti al carro del più ricco e del più potente, o contando solo sulle proprie forze, perché i margini di salvezza e di autonomia si stanno restringendo sempre di più assieme agli eventuali destinatari.
Il disagio carsico prima o poi troverà il muro impermeabile della mancanza di mezzi per sopravvivere e della disperazione di non poter vedere più alcun futuro, questo fiume in piena sta già avvicinandosi rapidamente alla sua meta.
E allora non potrà che riemergere, più in alto, alla luce di un nuovo sole dell’avvenire.

C.F.


 
 
 
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