Socialismo

Post N°10


 Democrazia nei Partiti e rapporto coi cittadini Cari compagni e care compagne,la situazione politica italiana all’indomani del voto del 13 e 14 Aprile, con la vittoria schiacciante del Centro Destra e la scomparsa della pluralità di voci del Centro Sinistra ci impone delle riflessioni.Io sono un compagno di sezione, vivo la dimensione territoriale della politica e per questo propongo una riflessione sull’organizzazione interna dei partiti e sul loro rapporto con la base.E riparto dal secolo scorso. I maggiori Partiti italiani (DC, PSI, PCI) avevano tutti una struttura interna organizzata per livelli decisionali graduali e fortemente radicata nel territorio. Gli iscritti partecipavano della vita del Partito attraverso la Sezione, questa portava le istanze del territorio ai livelli superiori e poi la politica nazionale del Partito arrivava a tutti i  cittadini. Ognuno sapeva dove trovare la politica e con chi parlarne, perché i Partiti ponevano la centralità della loro azione nel rapporto quotidiano col territorio. E’ il caso di ricordare, per esempio, che nel Primo Statuto della Democrazia Cristiana (1948), cioè nel suo atto di nascita, era scritto:La Sezione è  l’unità organica fondamentale del Partito. La sua costituzione viene approvata dal Comitato Provinciale. Alla Sezione compete in ogni caso procedere all’ ammissione e al tesseramento dei soci come compete la loro rappresentanza nei Congressi di Partito.Allo stesso modo, anche i due grandi Partiti della Sinistra italiana, il PSI e il PCI, ponevano l’accento sulla centralità della Sezione e lavoravano sul territorio ognuno con le sue differenze e il suo metodo. E questa stessa impostazione hanno mantenuto tutti anche negli Statuti successivi, fin  quasi ai giorni nostri. Perchè come i Partiti funzionavano in modo graduale al loro interno, così il sistema elettorale Proporzionale premiava in base al numero dei voti ottenuti. In questo modo il Parlamento esprimeva le differenti scuole politiche in base alla maggiore o minore presenza dei Partiti sui luoghi di lavoro e nel territorio. E per fare il governo era sempre assolutamente necessario trovare il punto d’incontro tra partiti differenti per dare vita a una colazione di maggioranza, come per le forze democratiche all’opposizione dialogare e fare battaglie comuni. E questo per noi italiani era la democrazia: una politica tangibile, la certezza di contare per il proprio voto, la possibilità di vedere rappresentate in Parlamento le diverse opinioni.  Oggi non é più così: la politica si afferma e si realizza senza il necessario rapporto coi cittadini, quasi non debba rendere conto di quello che vuole decidere e attuare per la collettività. Oggi veniamo semplicemente informati delle scelte e degli orientamenti dei Segretari di Partito e chiamati ad esprimere il nostro consenso o il nostro dissenso. La partecipazione non c’è o è accessoria e nei Partiti maggiori il gradualismo interno è già scomparso.Ma diciamocela tutta: in questi anni è cambiata anche la legge elettorale. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, dopo la naturale crisi del PCI, vengono processati anche DC e PSI,  teorizzata la fine delle ideologie e  affermata una concezione pragmatica e tecnica della politica. Messo sotto accusa il sistema Proporzionale, col Maggioritario, dal 1993 in poi (partendo dal cosiddetto “Mattarellum’’ per arrivare al “Porcellum’’ e al tentativo del ”Vassallum”), viene premiato il partito vincitore a scapito della varietà espressa dall’elettorato, il potere decisionale di uno a scapito della consultazione delle opinioni degli altri e il rafforzamento del potere del leader della coalizione si impone come l’unico mezzo per gestire una maggioranza o un’opposizione. Questa è, secondo me, una deriva autoritaria che poco o nulla ha a che vedere con lo spirito della Sinistra e soprattutto con la storia del nostro Partito.Quando nascemmo, 116 anni fa, non a caso ci siamo chiamati Partito dei Lavoratori Italiani prima che Partito Socialista Italiano e ci siamo subito costruiti democraticamente al nostro interno: oltre alla centralità delle Sezioni nel lavoro sul territorio e alla gradualità  delle scelte del Partito, abbiamo sempre avuto un grande rispetto per le opinioni dei singoli compagni e delle singole compagne e abbiamo avuto molte correnti che hanno contribuito a costruire le scelte della Direzione. E soprattutto abbiamo un patrimonio enorme di sezioni, sparse su tutta la Penisola, radicate da decine di anni nelle città e nei piccoli centri che lavorano ogni giorno coi cittadini e gli iscritti, tra mille difficoltà. Per questo, oggi, davanti al drammatico vuoto parlamentare e alla legittima domanda del ‘’Che fare?’’, rispondo, a chi ancora pensi a una prospettiva di costruzione col PD, che questa non può essere la soluzione. Anzitutto perché proprio in questi giorni Veltroni (La Repubblica- 24 maggio 2008) ha affermato che in futuro il suo Partito non farà un'altra alleanza come l'Unione, poi perché francamente in questi mesi non mi è sembrato molto interessato a costruire qualcosa con noi, infine perché è un Partito che non può svolgere un’azione politica determinata dal confronto costruttivo coi problemi dei cittadini. E lo dico non solo avendone visto le prime mosse in Parlamento ma soprattutto avendone letto lo Statuto. Primo perché nel PD i cittadini e gli iscritti sono elettori diretti del Segretario e dell’Assemblea Nazionale ma non determinano il dibattito a livello locale, secondo perché la partecipazione di base è affidata ai Circoli, che sono indifferentemente luoghi fisici o virtuali della rete internet e che si connotano piucchealtro come luoghi di aggregazione e discussione ma con poco margine di intervento. Insomma, in questo momento difficile e cruciale, pensiamo davvero di poterci rivolgere principalmente ad un Partito che ha al suo centro la figura del Segretario e a monte il superamento di un ottica di Sinistra? Ad un Partito che porta avanti una politica parlamentare autoreferenziale  e non ha un rapporto organico con la base? Secondo me oggi, noi Socialisti, dobbiamo necessariamente guardare a Sinistra. Con il nostro patrimonio ideale, la capacità di costruire una società migliore, la concezione laica dello Stato, per trovare un’interlocuzione con quelle forze politiche che sono ancora attente ai problemi dei lavoratori, all’istruzione dei giovani, alla tutela delle garanzie sociali e alle battaglie per i diritti civili. Dobbiamo insomma guardare ai Partiti che hanno ancora un rapporto costante coi cittadini, perché sono agganciati saldamente alla realtà, presenti sul territorio e con una dialettica interna. Perché sono le forze politiche che oggi stanno pensando a come risolvere i problemi del Paese (che purtroppo sono una cosa reale)  che stanno cercando a una prospettiva di unità della Sinistra e che sono più simili a noi e nel metodo e nella pratica quotidiana. Per fare questo però abbiamo bisogno del Partito. Di un coraggioso Partito Socialista che decida di ripartire dalla concretezza, che  dialoghi a Sinistra e dia veramente centralità al lavoro quotidiano delle nostre Sezioni, appoggiandole nel loro intervento sul territorio e sostenendole nelle difficoltà. Marco Zanier Relazione al Convegno "Riformare la politica, Socialismo e Sinistra" del 29 Maggio 2008