Socialismo

Post N° 45


.Le crisi - parte prima.1.     La crisi della sinistraLa crisi della sinistra italiana, così come drammaticamente esplosa con le ultime elezioni, non è sola; essa si accompagna alla crisi della crisi in Europa (UK dopo tre legislature di Tony Blair si profila una vittoria dei conservatori – Germania dove l’SPD ha lasciato la leadership alla Merkel, Francia con la vittoria di Sarkozy, paesi nordici etc.) Gli Stati Uniti paiono essere in controtendenza, primo sul piano di un elettorale dove il popolo sa rinnovare il suo orientamento innovatore, secondo con una personalità quale quella di Obama che è già un “mito” prima ancora di esser stato messo alla prova.  Le cause di questa crisi vanno ricercate in molti elementi strutturale e sovrastrutturali, ma non occorre dimenticare che la crisi non è solo a sinistra, ma esiste una crisi di dimensioni mondiali che è quella del capitalismo.2.   La crisi del capitalismoNel terzo millennio abbiamo vissuto vari momenti di perdita di colpi del sistema capitalistico: dalla Enron alla new economy, dalla crisi del dollaro al crollo dei subprime.Mai si erano viste banche fallire, altre dichiarare defaults di portata gigantesca, crisi del credito al consumo che porterà necessariamente ad un rallentamento se non ad una recessione dell’economia statunitense. A ciò si accompagna l’altalena del prezzo del barile di petrolio, a ciò si accompagna la concorrenza dei nuovi paesi emergenti Cina, India e paesi del Sud America. Siamo in una fase in cui abbiamo difficoltà a scrutare il futuro. Dalla certezza che il modello capitalista, se esteso a tutto il mondo, lo farebbe collassare, alla povertà crescente nell’Africa, all’orgoglio mussulmano dei paesi del medio oriente, alla costituzione di un cesarismo russo. Sono tutti elementi che rendono difficile l’interpretazione del momento e paralizzata la propensione al futuro. Il che si accompagna,specie nei paesi occidentali, con una crisi antropologica.3.   La crisi antropologicaL’uomo, i suoi valori, le sue certezze sono sottoposte ad uno stravolgimento epocale. Quello che è scomparso è il concetto di comunità lasciando posto ad un individualismo diffuso che riclassifica i concetti di responsabilità e accresce l’insicurezza. La recente proposta di annullare i contratti collettivi di lavoro per passare a contratti individuali è un segno della caduta di una visione di classe dei rapporti economici, o meglio è un tentativo di un capitalismo familistico nostrano di continuare a persistere nella ricerca della competitività nella riduzione del costo del lavoro. Non è bastato alla Confindustria la riduzione di un cuneo fiscale che vale 5 miliardi di €, non basta la riduzione dell’imposizione sulle imprese del 20%, non basta la detassazione degli straordinari e premi di produzione (provvedimento quest’ultimo – quello sui premi di produzione-  che condividiamo) si cerca con l’alleanza di un governo di destra di portare a casa gli unici elementi di competitività che essi sono in grado di esprimere: meno costo del lavoro e meno tasse. Con risultati che ci vedono affondare negli ultimi posti nella classifica di produttività e competitività. (Con le debite eccezioni di una manciata di imprese medie che invece puntando sulla ricerca esprimono eccellenza).La crisi antropologica sta nel fatto che l’uomo del terzo millennio non si indigna, non si ribella, non reagisce, cerca solo di curare il suo particolare al di fuori delle solidarietà di classe ed accetta come ineludibile ciò che i suoi policy makers fanno se non addirittura esaltandoli quando, come sul tema della sicurezza, prendono atteggiamenti forti. Invece di mettere al primo punto un valore cristiano ma anche laico (penso a Kant) come la dignità della persona umana con i suoi diritti che gli vengono consegnati fin dalla nascita, oggi si esalta la tolleranza zero che prescinde dai diritti universali dell’uomo. Siamo diventati gretti, razzisti, egoisti, meschini. L’uomo da cittadino è diventato consumatore, da una vocazione comunitaria della polis di cui era cittadino, ha acquisito una vocazione edonistica solitaria. 4.   Nessuna rispostaA questo complesso di crisi la sinistra non sa dare alcuna risposta. La crisi della sinistra è la crisi della cultura di sinistra spiazzata dai nuovi sommovimenti del mondo contemporaneo.Non è una risposta quella del Pd, che si riassume in una semplice operazione di potere, e che si è dimostrata fallimentare in questo inizio di vita.Io ero contrario all’Unione perché con l’ambizione unica di battere Berlusconi (vincere il derby) si presentava agli elettori incapace di vincere il campionato.Fui contestato per la mia proposta di stare (come fece Blair) qualche anno all’opposizione con l’esclusivo scopo di costruire nel centro-sinistra allora Ulivo onnicomprensivo (salvo Rifondazione) una cultura di governo, elaborazioni filosofiche e politiche condivise (per esempio sull’art.11 della Costituzione), puntare alla unificazione dei sindacati, elaborare un nuovo modello di sviluppo, insomma un alleanza di forte struttura governativa e riformista.Gli uomini e le donne dei DS che hanno battuto la mia proposta, dopo soli venti mesi di governo (oltrettutto molto meno peggio di quanto temessi) dichiarano che quella strada è sbagliata, da cancellare e non più ripercorrere, si fermano alla prima osteria (come dice Parisi) e fondano un partito sciapo e senza alcuna identità.Gli uomini e le donne dei DS che hanno respinto la mia proposta, accortisi del terribile errore che avevano fatto invece di riconoscere l’errore e prenderne le dovute conseguenze (come Boselli e Bertinotti) cambiano abito, cambiano nome, cambiano packaging e rimangono a dimostrare ancora una volta l’immobilismo della classe dirigente di quel partito.Quando poi alle europee dovranno scegliere con che gruppo parlamentare europeo sedere, scoppierà il botto che comincia a dare i primi crepitii.Ma anche la sinistra riformistica non ha risposte che non si limitino ad una gestione dell’esistente più umanitaria ed umana che non quella del turbocapitalismo.