Socialismo

sul convegno .


      
Il convegno del 5 Febbraio -parte primaIl  Socialismo europeo e la crisi del Capitalismo.Giovedì 5 febbraio, al centro congressi Cavour, si è svolto il preannunciato convegno organizzato dalla Sezione socialista S.Saba "Sandro Pertini", dal Circolo Socialista Ostia Antica "Andrea Costa" dall'Associazione "Socialismo e sinistra", dalla sezione socialista Tufello "Giacomo Matteotti" cui hanno aderito i "Democratici a sinistra". Il successo di pubblico è stato notevole, più della metà degli intervenuti ha seguito i lavori in piedi pur disponendo la sala di parecchi posti a sedere. La risonanza mediatica è stata nulla, ormai il duopolio dei due maggiori partiti, non solo con la legge elettorale, cerca di tacitare e ignorare ogni altra fonte di idee e critica.         L'interesse degli intervenuti è stato palpabile e soprattutto è parsa evidente la volontà di un nuovo protagonismo, non tanto di questo o quel partito, ma della sinistra come tale.         Senza entrare nella cronaca degli interventi di Franco Bartolomei, Renato Gatti, Paolo Leon, Giorgio Ruffolo, Antonio Foccillo e Piero Sansonetti,  che tutti potranno visionare direttamente attraverso il video dei lavori  che verrà presto inserito nel blog, vorremmo qui riassumere le posizioni condivise emerse dai lavori, aggiungendo per i lettori del forum di Socialismo e Sinistra alcune ulteriori considerazioni connesse ai temi discussi nel convegno.         La crisi economica in atto non è finanziaria né la causa è limitata all'area statunitense, da cui si è propagata, ma essa è comune a tutto il mondo globalizzato. Il fenomeno statunitense, che le forze liberiste vorrebbero confinare in un accidente che non mina la validità del modello liberista, è  un bubbone purulento che si è sviluppato su un cancro mondiale che è la vera causa della crisi. Il fenomeno statunitense per ragioni specifiche, avere la moneta di riferimento, essere oggetto dei reinvestimenti finanziari dei paesi che avevano disponibilità di dollari da parte dei paesi che esportano negli Usa, etc., ha esasperato l'aspetto finanziario generando, anche grazie a sviluppo di modelli econometrici non sperimentati, titoli tossici che hanno raggiunto volumi stratosferici (11 volte il PIL mondiale).       Ma il cancro di base su cui si è innestato questo bubbone è la contraddizione, di categoria marxiana, propria di tutte le economie più sviluppate tra volume desiderato di domanda aggregata che si vorrebbe far crescere indefinitivamente e insufficiente massa di redditi (in particolare salariale) che concorrono a formare questa domanda aggregata, che il modello di sviluppo economico mondiale affermatosi nell'ultimo ventennio ha allargato a dismisura, illudendo le società più sviluppate che la soddisfazione dei bisogni collettivi potesse essere assorbita con la rendita finanziaria diffusa, con la facilitazione del credito al consumo e l'indebitamento di massa, e non con una adeguata e progressiva crescita dei redditi da lavoro dipendente, e una crescita del valore aggiunto generato dalla produzione reale di beni e servizi, perseguita attraverso un reimpiego dei profitti in innovazione,  ricerca, investimento produttivo, e spesa sociale impiegata a copertura delle necessità derivanti da ristrutturazioni del mercato del lavoro, che reclamate originariamente per esigenze di competitività e produttività si sono progressivamente ridotte a momenti , quasi esclusivi, di trasferimento di ricchezza dai salari a redditi non più reinvestiti nel tessuto produttivo.  In sintesi i salari non sono sufficienti a consumare ciò che si produce, ed in tal senso la crisi in atto è una crisi di domanda a cui si risponde esclusivamente incrementando i fattori costituenti la domanda aggregata: consumi, spesa sociale ed esportazioni.