Socialismo

RIFLESSIONI SUL CONVEGNO SUL LAVORO


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.Riflessioni sul convegno sul lavoro .L’accordo quadro firmato tra Governo e le parti sociali con l’eccezione della CGIL, che sarà al centro del nostro prossimo convegno e sul quale l’auspicata alleanza tra le forze di sinistra dovrebbero ricercare un accordo comune comporta tre elementi fondamentali di innovazione:1.      La contrattazione a due livelli2.      La nuova indicizzazione dell’inflazione programmata3.      La contrattazione a secondo livello basata su minor fiscalità e maggior competitività. 1.      La contrattazione a due livelliL’innovazione può avere aspetti positivi delegando la contrattazione nazionale alla difesa del potere di acquisto dei salari e delegando alla contrattazione di secondo livello gli aspetti relativi agli effetti della produttività. Non è chiaro tuttavia come si integra la contrattazione di secondo livello, che riguarda presumibilmente il 5% delle aziende,  al restante  95% di aziende che non contemplano detto secondo livello. Il punto 14 dell’accordo prevede vagamente che “ per la diffusione della contrattazione di secondo livello nelle PMI, con le incentivazioni previste dalla legge, gli specifici accordi possono prevedere, in ragione delle caratteristiche dimensionali, apposite modalità e condizioni”. La vaghezza di tale formulazione rende molto cauti di fronte a quella che sembra essere una duplicazione del sistema produttivo tra imprese che ricercano la produttività e che sono premiate con incentivi e defiscalizzazioni e tutte le altre imprese (il 95%) che sono organicamente incapaci di aumenti di produttività, la cui competitività viaggia su un ormai sperimentato modello a basso costo del lavoro.Sarebbe stato preferibile in questo settore prevedere appositi accordi contrattuali premianti il raggiungimento di una dimensione aziendale che superi la massa critica atta a entrare nel territorio di una miglior produttività. Quel che si intravede invece, è che i salari del 95% delle altre imprese vedranno diminuire la loro difesa dall’aumento dell’inflazione e non accederanno ai miglioramenti derivanti dal secondo livello di contrattazione. 2.     La nuova indicizzazione dell’inflazione programmataLa nuova indicizzazione penalizza la difesa dall’inflazione con l’adozione di due parametri: a) passando dall’indice Ipc (indice prezzi al consumo) all’Ipca (Indice prezzi al consumo armonizzato) dove armonizzato significa “depurato dall’andamento dei prezzi energetici”; b) riducendo la quota di salario base cui è applicato il correttivo dell’inflazione. Tito Boeri ha calcolato che la copertura 2000/2007 che col vecchio sistema è stata di 3.133 col nuovo sistema sarebbe stata di soli 2.900.Ma ritardi nell’adeguamento tra indice programmato e indice effettivo peggiorano ulteriormente le finanze dei salariati, sino ad arrivare alla dilazione per il pubblico impiego in cui lo scostamento di un triennio viene verificata alla fine del triennio stesso ed erogata nel corso del successivo triennio. 3.     La contrattazione a secondo livello basata su minor fiscalità e maggior competitività.Su questo argomento devo fare tre osservazioni:3.1     Il gettito fiscale che si perde con l’introduzione di una imposta sostitutiva al 10% sugli incrementi derivanti dalla produttività, secondo un calcolo di Tito Boeri, potrebbe ammontare a 4 miliardi di €, e non c’è ombra di copertura.3.2    Sono estremamente convinto del fatto che i parametri su cui si calcola la produttività sono tutt’altro che neutrali. Occorre distinguere tra produttività e redditività sapendo che se il salario dipende da un parametro, quel parametro deve essere gestibile dal lavoratore altrimenti il meccanismo diventa un inganno. Rimando comunque al mio precedente intervento (vedasi il messaggio n. 65)3.3   Ma il punto politico più importante è che la coalizione che stiamo abbozzando per farne un nuovo soggetto politico della sinistra deve confrontarsi su questo punto: siamo o meno d’accordo che i salari debbono aumentare con la produttività? Io, personalmente, dai tempi di un famoso articolo apparso su Rinascita negli anni 70 sono convinto di sì, ed anche con tutte le implicazioni che ciò comporta a livello di rappresentanza e di gestione aziendale.Sono anche convinto che la formula 1/3 ai profitti da reinvestire, 1/3 ai salari, 1/3 ai consumatori, dopo essere verificata nei modelli simulativi, può essere una base di discussione.Certo c’è un problema di rimettere ordine ad un passato asimmetrico, ma per il futuro questo è un argomento caratterizzante il riformismo del socialismo europeo. Renato GattiDtt. commercialista- esperto in economia aziendale