Socialismo

Da un'antica ferita ad una prossima resurrezione


Come interscambio con facebook, in cui è stato aperto uno spazio di discussione riferito al blog, questa volta trasferisco una mia nota da lì a qui offrendo, come spunto di riflessione, un brano del bellissimo libro di Nenni: “Sei anni di guerra civile” pubblicato in francese per la prima volta nel 1932 in Francia, quando lui era esule, tradotto una sola volta in italiano nel 1945, e purtroppo mai più ristampato.L’episodio di oggi riguarda la scissione di Livorno, l’inizio di una rovinosa tragedia che spalancò le porte dell’Italia alla dittatura e al fascismo.“Quando il partito si riunì di nuovo a congresso a Livorno, la situazione era sotto molti aspetti cambiata. L’attivo del partito appariva ancora formidabile con 216.327 iscritti, l’ “Avanti” a 300.000 copie; 156 deputati sedevano in parlamento; 2.162 comuni e 26 provincie amministrate dai socialisti. Ma dietro questa facciata di forze, la crisi del movimento socialista era profonda.Il contrasto tra le parole e i fatti, l’incapacità di oltrepassare le formule per passare all’azione, il fatale acuirsi della lotta interna delle tendenze, contribuivano più dell’offensiva fascista al latente disgregarsi del partito. Solo l’azione può unire un grande partito; le eterne discussioni di tendenza sono un sintomo di impotenza e di confusione.Livorno fu la culla della scissione.Il partito socialista si divideva proprio nel momento in cui aveva più che mai bisogno della sua unità. Mosca esigeva che si accettassero i famosi “ventun punti” che in quell’epoca fecero tanto parlare di loro. Chiedeva inoltre e soprattutto l’espulsione dal partito di tutta l’ala riformista. Le sedute furono appassionate e tumultuose. Sinistra e destra si accusavano reciprocamente delle difficoltà della situazione. Il congresso avendo rifiutato di espellere Turati e i riformisti, fu l’ala di sinistra che si ritirò per fondare il partito comunista.Fu un disastro. Da quel momento ogni azione d’insieme divenne impossibile per il proletariato. Centomila compagni scoraggiati non rinnovarono la tessera, rifiutandosi di scegliere tra socialisti e comunisti. La lotta tra i due partiti operai prese un carattere di violenza inaudita, e si vide lo spettacolo, forse unico, di una classe che si dilacera proprio nel momento in cui è attaccata da un nemico spietato ed implacabile.Dal gennaio del 1921 il partito socialista passò di crisi in crisi, senza del resto che dal suo interno disfacimento potesse trarre profitto il nuovo partito comunista che aveva la caratteristica di una setta faziosa. Le incertezze di cui il partito aveva dato prova nel formulare le prospettive della rivoluzione, si aggravarono quando fu inchiodato su posizioni difensive per la tutela delle libertà pubbliche, e quando dovette risolvere il problema di un’eventuale coalizione parlamentare o di governo..” Quella che avete letto dunque non è altro che la cronaca della morte annunciata, non solo di tutta la sinistra italiana, che allora era solo il partito socialista, ma della stessa libertà degli italiani, dato che le fratture insanabili e perdurate per oltre mezzo secolo, hanno solo impedito, prima la costruzione di un valido argine allo straripare del fascismo e della dittatura nel nostro Paese, e poi, sino ad oggi, la possibilità di avere una solida democrazia dell’alternanza. Sul modello di tante, già affermate da decenni in Europa, in cui dei partiti laburisti o socialisti moderni, democratici ed europei, si alternano al governo dei vari Stati, senza che ciò possa costituire minimamente un problema, e nel pieno rispetto della democrazia e del pluralismo.Noi abbiamo invece, ancora oggi, una sorta di “monopartitismo” imperfetto, perché nessuna forza autenticamente di sinistra e solidamente socialista al suo interno, ha ancora dimostrato di potere autonomamente governare.Oggi Sinistra e Libertà nasce anche per cercare di sanare questo antico vulnus, per rimarginare definitivamente una ferita che ogni tanto si riapre e non smette mai di sanguinare. E’ un progetto molto ambizioso quasi da “spes contra spem” e forse illusorio, ma solo per chi è ancora legato al passato prossimo o remoto, ed è incapace di misurarsi con i grandi passaggi epocali, quelli con i quali la storia abbatte inesorabilmente i muri, non solo ideologici ma anche psicologici.Ci sono infatti ancora alcuni che non capiscono o non vogliono capire che la strada imboccata, per ridare respiro e dignità ad una democrazia profondamente malata di clientelismo, immobilismo e corruttele di ogni genere, è senza ritorno. E’ infatti inevitabilmente segnata, per una Sinistra che vuole essere contemporaneamente libera e forte al suo interno. Non si può dunque fare cartello solo per passare tre mesi, sperando di evitare l’agonia e la morte. Perché questo, cari compagni, è solo accanimento terapeutico.Si deve invece pensare in grande, in termini nuovi e perfettibili. Si può migliorare tutto, a partire anche dal simbolo, il nome no, credo sia perfetto. Ma non ci si può illudere di tornare al proprio “cantuccio”, né in sede nazionale e nemmeno in sede locale. Perché quelli che interpretano il socialismo solo come forza locale, in grado di spostare qualche piccolo equilibrio di potere ed ottenere qualche vantaggio nella infinita rete delle mafie e dei clientelismi locali, dei vassalli, valvassini o valvassori nell’infinito medioevo in cui la stessa civiltà italiana sta miseramente sprofondando, trascinando con sé tutti gli italiani verso la barbarie, beh quelli, cari compagni, sono solo i becchini del socialismo, quelli che si arricchiscono col suo funerale e fanno di ciò la loro professione.Noi invece dobbiamo ricostruire la sinistra che fu, era e sarà sempre una sinistra libera e anche socialista, senza fossilizzarci sui nomi o sulla difesa ad oltranza della identità o delle etichette, ma sapendo piuttosto far risaltare la cultura ed i valori delle persone, le sole che contano, con il loro coraggio, la loro coerenza e la loro onestà, per segnare finalmente la differenza rispetto al passato, e saper incarnare e costruire un Paese più libero e più progredito.Per questo Sinistra e Libertà deve avere un futuro, perché il suo futuro è anche quello di un’Italia migliore, è soprattutto quello di tanti italiani che agiscono, e non si immobilizzano sulle sterili discussioni o sulla difesa ad oltranza del loro piccolo feudo.Sono quegli italiani che vogliono attuare la rivoluzione silenziosa, pacifica, tenace ma inesorabile delle coscienze, per restituire all’Italia la sua grandezza e la sua dignità, per dare luce e sbocco alla risorgiva di un fiume carsico che non si è mai esaurito, ma attende solo di essere scoperto e di sgorgare da ciascuno di noi.C.Felici