Socialismo

Berlusconi e la negazione della democrazia partecipativa e deliberativa


 
 Facciamo un passo indietro: Sabato 7 febbraio 2009 Silvio Berlusconi continuava il suo disegno strisciante attaccando la Costituzione perché, a suo dire, sarebbe di tipo sovietico. Poi aggiungeva che non si governa senza decreti. Evidentemente la sua cultura costituzionale e istituzionale è molto bassa. È quella di un imprenditore che confonde le istituzioni con una azienda dove, secondo uno schema aziendalistico ormai superato anche nelle imprese piccole e medie,  vige rigorosamente  il principio gerarchico e, cioè, comanda solo il padrone. La Costituzione italiana è liberaldemocratica e di tipo occidentale. Incorpora il principio della separazione dei poteri. Prevede una forma di governo parlamentare e non ha niente a che fare con quelle di tipo sovietico. Chiunque abbia un minimo di cultura costituzionale - direi di educazione civica - sa che nelle costituzioni di tipo sovietico si governava per atti di imperio del segretario del Partito comunista, del suo Comitato centrale e che il ruolo delle assemblee legislative pure esistenti nei vari regimi era molto limitato. Non c'era e non c'è separazione dei poteri e il partito comunista si riserva un ruolo egemone. Berlusconi, nella sua costante opera di disinformazione, nasconde che è proprio lui che vuole una costituzione di tipo non sovietico ma certamente autocratica: un uomo solo al comando; con un premier che decide da solo; con un Parlamento ridotto al ruolo di notaio che mette i timbri se e quando necessari.Nelle democrazie occidentali contemporanee, oggi non si tratta di tornare indietro ma di andare avanti. Le  democrazie più avanzate cercano di evolvere dal modello di democrazia partecipativa a quello della democrazia deliberativa - vedi recensione di Michele Ainis ad un libro di Cass R. Sunstein costituzionalista nord-americano, La Stampa 7.02.2009. Sunstein afferma tra l'altro che la regola della maggioranza è una caricatura della democrazia. Sappiamo invece che il Nostro afferma che chi vince piglia tutto e l'opposizione deve tacere perché recentemente si lamenta continuamente di qualsiasi critica che venga dall'opposizione. Ma torniamo alla democrazia deliberativa per dire che la sua essenza è il confronto pacato delle diverse posizioni. Le istituzioni hanno il compito di gestire il confronto promuovendo la mediazione ed il bilanciamento dei diversi interessi e punti di vista. A tale scopo maggioranze e minoranze devono cercare il dialogo e adottare un approccio bipartisan. Negli ultimi 15 anni in Italia abbiamo avuto un maggioritario malinteso e coatto e, ora, osserviamo una surrettizia intesa bipartisan che mira a imporre un modello bipartitico che induce una polarizzazione delle posizioni che, non di rado, sfocia nello scontro aperto soprattutto per responsabilità del capo dello schieramento di Centro-destra e/o del PdL.Sono convinto che l'Italia non è pronta culturalmente per il maggioritario né, tanto meno, per il bipartitismo. Quando un premier si permette di dire che lui è per la libertà e per la vita, accusando l'opposizione di essere portatrice di una cultura di morte e dello statalismo - senza rendersi conto che il ddl c.d. Englaro è proprio la negazione di un diritto fondamentale di libertà dell'individuo -  non si capisce quali margini di mediazione possano rimanere. Quando da 15 anni il Centro-destra nei fatti si ispira alla logica amico-nemico, come si fa a far prevalere la mediazione e l'approccio bipartisan? Se lo scopo della maggioranza è schiacciare la minoranza, il sistema e sottoposto a continue tensioni che scuotono le mura delle istituzioni. Se il dissenso è gestito come se fossimo in continua campagna elettorale, i margini di trattativa si riducono inevitabilmente.Nei mesi scorsi molti commentatori hanno parlato di scontro tra il premier e il Presidente della Repubblica Napolitano. Si, è vero c'è questo aspetto. Si controverte sulla natura del controllo preliminare degli atti del governo da parte del Presidente della Repubblica, su chi debba assumersi la responsabilità di ritenere un atto urgente e necessario.  C'è la strumentalizzazione impietosa e sconcertante del caso Englaro, ma c'è dell'altro. C'è anche la negazione del principio dei pesi e contrappesi incorporato nella Costituzione. Se, apertis verbis, Berlusconi teorizza di governare con il ricorso in via ordinaria alla decretazione d'urgenza a cui aggiungere ad libitum il voto di fiducia, il ruolo delle assemblee legislative si assottiglia progressivamente. Viene meno la sede del dialogo e del confronto. Si nega non solo la democrazia partecipativa, non si va verso quella deliberativa ma direttamente verso il premierato autocratico, il sultanato come lo ha definito in maniera sorniona Giovanni Sartori.E su questi aspetti del modello di democrazia e della sua prospettata negazione che le menti più sagge della maggioranza e della minoranza dovrebbero riflettere in un momento così buio della Repubblica. Vincenzo RussoDocente di Economia pubblica a "La Sapienza" di Roma