Socialismo

Il Centro socialista interno (1934-1939)- parte 4


Eugenio Curiel Agitazioni spontanee si sviluppano nelle fabbriche e nelle campagne e prendendo spesso il carattere di sollevazioni antifasciste mentre Radio Madrid e Radio Barcellona e eccitano gli animi dando notizia della sconfitta delle camicie nere in Spagna, nella battaglia di Guadalajara. E’ in questa situazione che l’apparato repressivo fascista si mette in moto con l’obiettivo dichiarato di individuare e colpire i gruppi clandestini che potrebbero creare problemi al Regime.  Nella serie di arresti a catena che si susseguono in quel periodo, per la prima volta dopo più di tre anni cade anche il Centro socialista interno. E’ il 1937: tra gli arrestati c’é Lucio Luzzatto dei fondatori (verrà liberato nel 1942 si impegnerà di nuovo nella lotta antifascista e diventerà uno dirigenti del Movimento di unità proletaria, sarà nella Direzione del PSI nel 1943  dopo la Liberazione farà parte del Comitato centrale del PSI sino al 1957  poi sarà tra i fondatori del PSIUP) e Aligi Sassu del Gruppo Rosso ma soprattutto molti giovani. Al momento dell’arresto Rodolfo Morandi è fuori città per lavoro ma appena viene a conoscenza dell’accaduto torna rapidamente a Milano per farsi arrestare, per prendersi le responsabilità politiche davanti al gruppo e dare l’esempio ai giovani militanti. In prigione resterà fino al 1943 e pure tra mille privazioni e punizioni non smetterà di pensare alle condizioni della classe operaia e alla liberazione dal nazifascismo, insegnando il marxismo di nascosto ai detenuti e stringendo un’ amicizia fraterna coi comunisti imprigionati. Una volta libero, parteciperà attivamente alla Resistenza.  Se la repressione fascista era stata un duro colpo, per i socialisti milanesi che avevano teorizzato di porre la classe prima del partito e subordinato la ricostruzione del tessuto politico all’azione congiunta coi lavoratori, il fascino della mobilitazione spontanea delle masse cui avevano assistito lo era di più. E’ Eugenio Colorni, direttore del Centro socialista interno dopo l’arresto di Morandi, che per la prima volta dal 1926 scopre di essere “indietro rispetto alle masse” e in un articolo del Giugno 1937 pubblicato sul Nuovo Avanti! intitolato “La spontaneità è una forma di organizzazione” ragiona apertamente sulla maturazione delle masse e sui limiti dell’organizzazione dei partiti rivoluzionari, incapaci di creare una proficua collaborazione con esse quando siano in grado di sviluppare una lotta. E’ un passaggio importante: é il partito che guarda alle masse con  il rispetto di chi vuole capirne le istanze prima di comandarle (ma la lezione avrà scarsi echi nella politica italiana.Eugenio Colorni, intelligente e coraggiosa guida dei compagni milanesi, verrà catturato l’anno dopo nelle persecuzioni razziali, perché appartenente a una famiglia ebrea, e inviato al confino a Ventotene dal 1939 al 1941. Verrà ucciso a Roma dalla milizia fascista poco prima della Liberazione. Aveva comunque avuto il tempo di contribuire a gettare le basi del PSIUP. Lotta di classe e ResistenzaLeggere la storia del Centro socialista interno senza tenere conto della prospettiva di  lavoro di lunga durata che si prefiggevano per cambiare radicalmente la situazione italiana, sarebbe un grave errore. Nel momento stesso in cui prende corpo e si sviluppa la sua azione politica di opposizione radicale al Fascismo, la liberazione nazionale diventa non solo l’obiettivo per abbattere  il Regime ma anche il processo di unificazione del proletariato industriale e contadino contro un sistema di produzione e contro  una concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Lo dice chiaramente il massimo dirigente del gruppo, Rodolfo Morandi: “Il socialismo è anzitutto lotta di una classe, per la sua ascesa e la sua liberazione. La libertà proletraria sarà conquistata col radicale sovvertimento dei rapporti economici esistenti, su un piano d’estesa collettivizzazione. Le libertà proletarie saranno istituti che assicureranno una libertà non nominale ai lavoratori nel processo di produzione. Chiarire a noi stessi il senso, la concreta portata e figura di tutto questo, ecco precisamente quello che la nostra critica deve conseguire.” ( “Problemi di politica socialista”, 1935).La concezione del socialismo di Rodolfo Morandi è quindi quella marxiana: una società divisa in classi in cui il cui cambiamento sostanziale, cioé la redistribuzione della ricchezza dai pochi sfruttatori alla moltitudine degli sfruttati può attuarsi solo attraverso l’unità della classe unica degli sfruttati e il rovesciamento dei rapporti di produzione. L’unità della classe, in un periodo profondamente segnato dall’isolamento dei lavoratori, dalla mancanza dei diritti essenziali, dall’impossibilità di far sentire la propria voce, diventa la condizione preliminare per dare vita ad un’Italia non solo libera dal Fascismo ma anche profondamente democratica e giusta. Il lavoro a stretto contatto con la classe operaia prima e le masse contadine poi,  cogliendone i malumori e comprendendone  i bisogni reali, il modo di realizzarla. D’altronde, qualche anno prima, sempre Morandi aveva scritto: “Il nostro compito è di definire precisamente il denominatore rivoluzionario sotto il quale si  ha da operare quella unità, che ha da essere una formazione di lotta capace di una forza d’attrazione nuova nell’ambiente italiano. Perché tale realmente avvenga, l’unità auspicata non si dovrà acquistare a prezzo della chiarezza, della coerenza interiore, della rigorosa determinazione delle sue formule. Essa non si può risolvere nella semplice determinazione dei programmi, di vedute differenti, giacché non si tratta per noi di operare una semplice ‘concentrazione’ ancora tra i partiti di colore più acceso. Si tratta di dare al moto spontaneo delle più larghe masse della popolazione un orientamento chiaro e fattivo.” (Capisaldi di agitazione, 1932).