Socialismo

Il Centro socialista interno (1934-1939)- parte 1


 
Rodolfo Morandi    Il Centro socialista interno (1934-1939)appunti per un dibattito su antifascismo e unità di classeLe recenti affermazioni del Presidente della Repubblica Napolitano che, col necessario riconoscimento di tutti i partiti istituzionali della festa del 25 Aprile in quanto “festa di tutti”, del ruolo fondante della lotta partigiana e della Resistenza nella nascita della Repubblica italiana, pur nel rispetto umano dei caduti italiani della parte avversa, ha corretto la linea iniziale del Governo Berlusconi; la battaglia parlamentare portata avanti con successo dal PD per il ritiro del ddl 1360/08 che avrebbe equiparato repubblichini e partigiani; la presa di posizione della coalizione Sinistra e Libertà sull’attualità della discriminante antifascista e della lotta contro le politiche che restringono spazi e forme della democrazia rappresentativa; la centralità per il Segretario del Partito Socialista Riccardo Nencini del 25 aprile “come una festa di unità nazionale” legata alla nascita della nostra Costituzione e la sua proposta di fare nominare Senatore a vita  Giuliano Vassalli per aver partecipato alla Guerra di liberazione nelle fila della Resistenza romana e poi coerentemente costruito le istituzioni repubblicane; non da ultime le riflessioni di questo Blog sul concorso di tante componenti, socialista compresa, alla vittoria della lotta di liberazione dal nazifascismo, impongono al militante socialista e a chi semplicemente si riconosce nei valori del  Socialismo storico, la necessità di tornare a parlare di antifascismo e di approfondire  il metodo e il contributo dei compagni socialisti che contro il Fascismo lottarono duramente e ci consegnarono, pagando un prezzo altissimo, perdendo a volte anche la vita, un’Italia libera e una Costituzione repubblicana. Proprio in questa direzione vogliono andare questi miei scritti sul Centro socialista interno: per approfondire la lotta  di un gruppo di  socialisti coraggiosi che nell’illegalità delle forze politiche voluta da Mussolini vollero ricostruire una prospettiva per i lavoratori e gettare le basi dell’unità della Sinistra contro la Dittatura.Per la ricostruzione di quel periodo e di quella fase della politica socialista in Italia, mi sono avvalso essenzialmente di questi testi:“Fronte antifascista e politica di classe- socialisti e comunisti in Italia 1923-1939” a cura di Stefano Merli, ed. De Donato, 1975 (fra i quali soprattutto il saggio di Stefano Merli  “Fronte antifascista e politica unitaria di classe nel dibattito e nel lavoro del Centro socialista interno”); “La democrazia del socialismo” di Rodolfo Morandi, a cura di Stefano Merli, ed. Einaudi Reprints, 1975;“Rodolfo Morandi- il pensiero e l’azione politica” di Aldo Agosti, ed. Laterza, 1971. Il Centro socialista interno (1934-1939)Se guardiamo alla  Resistenza come all’elemento centrale della riscossa di un popolo oppresso contro un Regime dittatoriale e alla lotta di liberazione dal nazifascismo come  all’ultima fase di  una drammatica guerra civile portata avanti da comunisti, socialisti, e dalle altre forze democratiche, cattolici compresi,  per riconquistare la libertà perduta e ricostruire Paese migliore, allora dobbiamo domandarci come questo processo si sia generato, quali politiche lo abbiano determinato, quale lavoro clandestino lo abbia preparato.Come i libri di testo di Storia in uso nelle scuole anche l’enciclopedia virtuale Wikipedia circoscrive la Resistenza partigiana italiana all’ “opposizione, militare o anche soltanto politica, condotta nell'ambito della seconda guerra mondiale - dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e la conseguente invasione dell'Italia da parte della Germania nazista e la conseguente invasione dell'Italia da parte della Germania nazista - nei confronti degli occupanti e della Repubblica Sociale Italiana da parte di liberi individui, partiti e movimenti organizzati in formazioni partigiane, nonché delle ricostituite forze armate del Regno del Sud che combatterono a fianco degli Alleati”.  Il Fascismo storicamente inizia con la marcia su Roma nel 1922, la Resistenza partigiana inizia ufficialmente l'8 settembre 1943, il periodo compreso tra quelle due date è necessariamente da identificare con il lavoro politico clandestino degli antifascisti italiani che hanno preparato la lotta di liberazione.La nascita e l’affermazione  del FascismoAndiamo per gradi. Nel 1922 Mussolini marcia su Roma con decine di migliaia di squadristi pretendendo il potere politico del Regno d’Italia. Al suo arrivo a Roma il Re d’Italia Vittorio Emanuele III  gli dà l’incarico di formare un nuovo Governo. Solo in un secondo momento quel Governo ottiene il voto di fiducia da parte delle due Camere e quindi anche la  necessaria giustificazione formale della sua presa del potere. Nella descrizione del Ventennio, gli storici distinguono di solito  due fasi.La prima fase del Fascismo comprende il periodo dal 1922 al 1924 e va sotto il nome di “Fascismo parlamentare”: nel 1922 il Governo Mussolini ottiene dal Parlamento i pieni poteri per le riforme amministrative e fiscali; quello stesso anno viene creato il Gran Consiglio del Fascismo, organo posto sotto la diretta dipendenza del Presidente del Consiglio (da quel momento cioè organi dello Stato con organi di un solo partito coincidono); nel 1923 le squadre d’azione (o Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) vengono assimilate all’esercito regolare e con la Legge Acerbo (Legge 18 novembre 1923 n° 2444) si stabilisce che devono essere attribuiti 2/3 dei seggi della Camera alla lista vincitrice (cioè un forte premio di maggioranza); nel 1924 le elezioni vengono  vinte dai fascisti dopo forti pressioni ed intimidazioni, quello stesso anno il deputato socialista Giacomo Matteotti  che ha denunciato i brogli viene brutalmente assassinato. Per protesta molti deputati abbandonano il Parlamento e si ritirano sull’AventinoLa seconda fase del Fascismo  comprende il periodo che va dal 1925 al 1939 e si caratterizza per la  costruzione ed il rafforzamento del regime attraverso  leggi costituzionalmente rilevanti (“leggi fascistissime”): nel 1926 vengono  dichiarati decaduti i deputati che si erano ritirati sull’Aventino, inizia la soppressione del pluralismo politico. E’ il 1926 ll’anno da cui iniziare il nostro discorso. Perché se  prima, Mussolini aveva portato avanti  un sistematico processo di fascistizzazione dello Stato, delle sue strutture e del suo ordinamento, gettando le basi della dittatura è solo nel 1926 che scioglie il Parlamento, costringe al confino tutte le forze democratiche lasciando al Governo solo il Partito Fascista. Sempre quell’anno, sui luoghi di lavoro abolisce le rappresentanze dei dei sindacati liberi sostituendole coi sindacati fascisti (uno dei lavoratori e uno dei datori di lavoro per ogni settore) direttamente controllati dal regime, abolisce la libertà di stampa, sopprime i giornali antifascisti, istituisce la pena del confino, introduce la pena di morte, crea la polizia segreta (OVRA) e il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, col compito di reprimere i reati politici, cioè gli oppositori del Fascismo.  Senza la libertà di parola, senza rappresentanza parlamentare democratica e pluralista, senza organizzazioni sindacali libere con cui costruire percorsi coi lavoratori, ma soprattutto senza la direzione e l’organizzazione territoriale dei rispettivi Partiti, i comunisti e i socialisti rimasti in Italia, dal 1926 si devono organizzare necessariamente in gruppi clandestini, controllati da vicino dalla polizia segreta e sotto la costante minaccia della prigionia.Tutto questo mentre  il Fascismo continuava il suo terribile cammino: schiacciando i diritti e l’unità dei lavoratori in patria; muovendo guerra ai lavoratori che nel 1936 in Spagna erano insorti contro la dittatura franchista;  proclamando la nascita dell’Impero d’Italia dopo aver aggredito l’Etiopia e condotto contro di essa una guerra feroce; emanando nel 1938 le vergognose leggi razziali in cui vennero vietati ai cittadini italiani di religione ebraica i diritti elementari tra cui il divieto per i bambini frequentare le stesse scuole degli altri bambini italiani, per gli insegnanti di esercitare la professione nelle scuole del Regno. Leggi razziali che, è bene ricordarlo, spianarono la strada alle successive deportazioni di milioni di italiani di religione ebraica nei campi di sterminio hitleriani. Oggi noi sappiamo che negli anni seguenti quel Regime avrebbe maledettamente legato il  destino italiano a quello tedesco, trascinando l’Italia in una guerra assurda e sanguinosa e gli italiani nella miseria più nera.