Socialismo

La lenta, impossibile restaurazione


   A Piazza Affari è caduto il divieto di vendere titoli allo scoperto, la decisione è stata presa con una delibera a maggioranza della Consob che ha dato così il via libera a un provvedimento che – sostiene l’articolista del Sole 24 ore- il mercato attendeva da tempo.            Molti operatori di borsa ritengono, e talora non a torto, che le vendite allo scoperto siano utili all’efficienza della borsa e facciano parte delle regole del gioco. Un operatore si chiede perché mai nessuno si sognerebbe di bloccare gli acquisti di titoli quando questi crescono di valore, mentre con il divieto di short selling (ovvero di vendite allo scoperto) si vorrebbero vietare transazioni in fase di declino. In fondo la vendita allo scoperto evita una perdita temuta ed enorme limitandola ad una cifra accettabile.            Qualcuno sostiene che le bolle speculative sono imprevedibili; tutti concordano che le bolle speculative fanno male. A me pare che sintomi della creazione di una bolla siano percepibili e individuabili; ad esempio quando il price/earning assume dimensioni incredibili (ma vere) un intervento che blocchi le transazioni non sarebbe una bestemmia. Certo troncare un sogno che può diventare un incubo non è popolare, non crea consenso, non porta voti.             Nel modo di far politica oggi il “marketing del consenso” non conosce pudore. Il centro destra sta “comprando” il consenso della chiesa e dei cattolici, fronte sul quale ha perso vistosamente posizioni,  operando spudoratamente sulle restrizioni sulla pillola abortiva.            Tornando al tema dello short selling, il punto su cui lavorare non è tanto la battaglia a questo strumento, quanto il ritorno ad una economia di finanza dalla quale, Marcegaglia in testa, si intendeva definitivamente allontanarsi. Si auspicava il ritorno ad una economia della produzione e del lavoro, si stanno lentamente ed inesorabilmente restaurando le condizioni che porteranno ad un nuovo crollo.            Il fatto vero è che il consumatore statunitense non può più tornare a consumare come prima; la ripresa da quel fronte ci sarà ma non sarà più una turbo-ripresa drogata dal credito al consumo. Il calo di domanda statunitense potrebbe essere sostituito dall’aumento dei consumi in Cina (ad esempio consumi pubblici per un welfare minimale per i lavoratori cinesi), o in India o in Africa, prima che diventi dominio dei talebani.            Le affermazioni per le quali noi ne usciremo prima e meglio fanno parte delle quotidiane illusioni medianiche create dai “marchettari del consenso”. Un sano e freddo realismo non può non vedere il progressivo deperimento della nostra economia che continua ad essere maglia nera nella produttività del lavoro e dei fattori della produzione.            Il premier ha affermato “chi doveva fallire è fallito, andiamo tutti al mare e aspettiamo che tutto torni come prima”. Un programma di governo come questo non ha bisogno di commenti. Così come allibiti lascia la volontà determinata di questo governo di imbavagliare il dissenso (ricordate la frase “bisogna tappare la bocca ai catastrofismi”), di castrare gli organi di garanzia (le norme stoppate dal presidente Napolitano sulla corte dei conti erano esplicite), di violentare l’informazione, di omologare le opinioni, di sterilizzare la dialettica. Un parlamento ormai ridotto a  stuoino dell’esecutivo, chiamato ad approvare con voto di fiducia un provvedimento che il governo stesso sta modificando.            Dov’è lo stato costituzionale? Quello in cui la divisione dei poteri è garanzia di una certa libertà dei governati? Stiamo lentamente scivolando in un fascismo rivisitato all’insegna del Vanity fair. Renato Gatti