Socialismo

Le bugie hanno le gambe corte (di Brunetta)


                          Dalle colonne di Repubblica, Eugenio Scalfari pone due questioni:  di estrema rilevanza il primo, di doveroso approfondimento la seconda.            La prima questione posta alla nostra attenzione è più che altro un disperato appello contro lo sfascio del Paese; un “allarme rosso” come definito nell’editoriale di domenica.  L’editoriale denuncia il pericolo di sfascio del Paese cui un leader ricattato e ricattabile non è in grado di opporre un autorevole stop. Anzi, il premier di fronte all’attacco concentrico di Lega Nord e nascente partito del Sud non trova altra soluzione che promettere fondi a destra e a manca per comperare il consenso di tutti, vittima, egli stesso per primo, del “marketing del consenso” cioè di quella etica politica che egli stesso ha inventato e praticato, vincendo le elezioni con promesse suicide come l’eliminazione dell’ICI o il disastro CAI-Alitalia.            Ma lo sfascio del Paese passa anche da un lento, sommerso, dilagante smantellamento della Costituzione. Le leggi che passano a colpi di fiducia e che limitano i poteri delle Istituzioni che sono garanzia di libertà dei cittadini (Giustizie e Corte dei Conti); l’esautoramento del Parlamento che mette in discussione la costituzionalità del nostro stato dove sta scomparendo la divisione dei poteri. Il potere legislativo progressivamente inglobato dal potere esecutivo, il potere giudiziario sottomesso all’esecutivo pronti a rimpiazzare il Presidente della Repubblica e ad emarginare la Corte Costituzionale se mai dovesse cassare il lodo Alfano.            Insomma una denuncia estremamente seria, coraggiosa e pericolosa. Pericolosa nel senso che se nessuna la raccoglie diventa un boomerang rafforzando il bersaglio della denuncia stessa. Ma accoglierla significa due cose: a) che condividiamo la diagnosi, le preoccupazioni, lo sdegno morale, b) che la risposta non può essere la semplice solidarietà ma deve diventare un programma di resistenza con tutti i mezzi politici e di diffusione di un appello alla coscienza politica di chi ancora può fermare la deriva.            Propongo quindi che la nostra condivisione dell’allarme rosso lanciato da E.Scalfari si trasformi in diffusione di ricerca di adesioni sul blog diventi il punto centrale nel lavoro politico di Sinistra e libertà e delle forze di opposizione.           La seconda questione è quella dei 35 miliardi di spesa pubblica 2009  in più rispetto al 2008. Ora si sa la crisi genera spese aggiuntive che servono a rilanciare (o a cercare di farlo) l’economia. Obama negli States ha aperto i cordoni della borsa per una politica anticiclica e ha speso ben il 5.9% del PIL. L’Italia in fatto di interventi anticiclici è all’ultimo posto avendo impegnato in tale azione solo lo 0,3% del PIL. Il deficit a fine 2009, tuttavia, si avvicinerà al 6% ed il debito pubblico salirà al 118%. Tutta colpa della politica anticongiunturale? Assolutamente no! I fattori sono tre: 1) diminuendo il PIL (che è a denominatore) anche se il numeratore (sia esso il deficit o il debito) rimane fermo, l’indice peggiora; 2) deficit e debito aumentano non solo per le maggiori uscite, ma anche per le minori entrate. E la perdita di entrate (in particolare l’IVA) è più che proporzionale rispetto al calo dei consumi (base imponibile dell’iva) o dei redditi. Sintomo questo di una ripresa di evasione; 3) le spese aumentano ma nei conteggi di Bankitalia gli  ammortizzatori sociali incidono solo per un quarto dei 35 miliardi di maggior spesa. Scalari allora si chiede dove siano finiti 70.000 miliardi di lire, cifra che si avvicina al mitico intervento di Amato nei primi anni 90 del secolo scorso. I conti dello Stato possono così essere sintetizzati: personale + 3.881 milioni; consumi intermedi + 4.654 mln; pensioni + 9.334 mln, prestazioni sociali + 3.938 mln, spese in conto capitale + 8.976 mln, altre spese correnti + 3.980, per un totale di 39.930 che scendono a 34.763 grazie al diminuito tasso degli interessi passivi.            Commentavano queste cifre sia Di Pietro, che Bersani, che Franceschini che Ferrero. I commentatori, con toni diversi, lamentavano che il governo ha perso il controllo dei conti e che cerca di nascondere sotto la causale “crisi internazionale” grosse responsabilità interne nella gestione dei conti.            Risponde il ministro Brunetta su Repubblica del 5 agosto, e l’intervento è gustosissimo e dà un’esatta dimensione della statura (non solo fisica) di questo ministro.            Anzitutto il ministro contesta ai quattro rappresentanti dell’opposizione “il tentativo mal riuscito di affermare con diverse bugie convergenti una verità del tutto inesistente… evidenziando un presunto “buco nero” della spesa corrente ampliato rispetto al 2008, di 35 miliardi di €”. Quindi il buco da 35 miliardi sarebbe, secondo il ministro, inesistente e frutto di diverse bugie, tanto che “a Franceschini, a Bersani, a Di Pietro e a Ferrero do un consiglio – conclude il ministro- studino un po’ di più prima di parlare”.            Quindi il ministro entra nel dettaglio e afferma “E’ vero che il dato delle spese di personale passa da 171.160 a 175.041 mln nel 2009, ma ciò è dovuto al rinvio al 2009 di alcuni rinnovi contrattuali e dagli effetti di slittamento salariale inferiori a quelli ipotizzati (cfr. RUEF pag. 35)”. Il ministro quindi si smentisce subito affermando che ciò che è stato esposto non è un cumulo di bugie, anzi, come il ministro stesso dice la differenza di 3.881mln di € è vera. Il ministro non dice però due cose: a) che Bersani aveva fatto i suoi commenti  sulle cifre “Al netto degli incrementi delle spese obbligatorie”, non addebitava quindi all’incapacità del Governo questa specifica voce derivante da aumenti contrattuali obbligatori; b) il governo, anche se Brunetta lo dice tra le righe, aveva sbagliato i conti “sottostimando gli effetti di trascinamento”. Ma non vuol dire ciò anche perdere il controllo dei conti?.            Quanto poi ai consumi intermedi è ancora vero che sono aumentati di 4.654mln di €, ma, udite udite, “è doveroso per il governo svolgere un’azione di stimolo ai consumi attraverso la spesa corrente, proprio per sostenere la domanda in modo effettivo ed immediato per gli effetti moltiplicativi che tali consumi hanno sull’economia. Anche per questa voce lo sforamento è vero, ma quei malfidati dei critici dell’opposizione non hanno capito che questa non è perdita del controllo dei conti ma è una voluta e premeditata manovra anticiclica a supporto della domanda e dei suoi effetti moltiplicativi. Come Obama ha speso per le banche e per l’industria automobilistica così il governo ha speso per penne biro e carta igienica. La cosa se non fosse tragica, sarebbe ridicola, proprio perché sul contenimento degli acquisti intermedi era stata approntata una politica di accentramento degli acquisti per regolarne il quantum e per confrontare i relativi costi alfine di eliminare gli sprechi, il tutto, naturalmente in via telematica. Follia recessionistica ed il buco non è più tale ma è da attribuire ad una efficacissima misura anticiclica, cosa che nessun osservatore ha mai voluto o potuto immaginare.            Passiamo al capitolo pensioni. Qui riporto tutto il paragrafo perché temo di non avere ben capito, e chiedo quindi ai lettori un giudizio autonomo. Scrive Brunetta “Qualche considerazione, invece va fatta sulla crescita pensionistica (che quindi non viene negata ndr)…: l’effetto della crescita è dovuto principalmente allo snellimento e allo svecchiamento della pubblica amministrazione e quindi è coerente, insieme alla lotta ai “fannulloni”, con la crescita della produttività del lavoro all’interno del comparto pubblico che ha invertito, in un solo anno, una storica tendenza negativa”. Se ho ben capito le pensioni sono cresciute perché la pubblica amministrazione ha pensionato (o prepensionato) suoi dipendenti (fannulloni e non). Sconcerto! Da una parte si aumenta l’età pensionabile delle pubbliche dipendenti a 65 anni, dall’altra si prepensionano dipendenti. Ma uno si aspetterebbe che l’aumento delle pensioni sia il costo necessario per ottenere sul fronte costo del personale un maggior risparmio, altrimenti l’effetto combinato sarebbe una maggior spesa. Ma sul fronte delle spese del personale c’è stato un vistoso aumento (anche se dovuto all’aumento contrattuale), per cui sarebbe stato interessante che il ministro dimostrasse, conti alla mano, il benefico risultato dell’azione intrapresa.           Queste le argomentazioni del ministro che, entrato nel dettaglio, non solo non ha smentito i fatti denunciati da Scalfari (cioè i 35 miliardi di maggiori spese del 2009 vs, il 2008) ma ha dato giustificazioni assolutamente bizzarre, in particolare che la maggior spesa corrente (e la maggior evasione fiscale) siano da intendersi come furbissime azioni anticicliche che smentirebbero lo scarso impegno del governo nel contrasto alla crisi.            Fatto sta che la maggior spesa di 35 miliardi è tutta lì, evidente e tutt’altro che inventata; ne sia dimostrazione il fatto che i dati provvisori presentati ieri dal Tesoro fanno salire il fabbisogno di cassa a 53.600 milioni contro i 22.321  messi in conto fra i mesi di gennaio e luglio del 2008. RENATO GATTI