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Post n°1027 pubblicato il 08 Marzo 2012 da CAIOGIULIVO

Roma “ladrona” risponde: «che fine ha fatto il cappio!»

Il Pirellone cede, scricchiola, sembra la torre di Pisa. Il presidente del Consiglio regionale, Davide Boni, si è ritrovato ieri al centro di un’inchiesta che rischia oggi di diventare trasversale, coinvolgendo anche alcuni esponenti del Pdl e diversi imprenditori locali. I procuratori parlano di un sistema di tangenti Pdl-Lega Nord, basato esclusivamente sui rapporti fiduciari tra i politici del centrodestra lombardi e gli imprenditori rimasti invischiati nel fattaccio. Per il Carroccio invece si tratta di “attacco di Stato”. La Lega si difende come può, nascondendosi dietro un post che una militante leghista pubblica su Facebook («È un attacco a un uomo simbolo della Lega e al contempo alla Lega stessa. Davide Boni non si tocca, la Lega non si tocca»). Roberto Maroni, mentre invoca la faziosità della magistratura tutta, clicka “mi piace” sul post e per lui, probabilmente, la questione si chiude lì. I big della Lega si stringono forte nell’abbraccio virtuale a Boni e si arroccano, cauti. Quello che però né i “big” di via Bellerio né l’ex ministro Maroni sanno è che contemporaneamente c’è chi si sta muovendo per loro, anche se non necessariamente nel modo che i leghisti vorrebbero.

FUGA DAL PIRELLONE - Nel pomeriggio infatti Luca Gaffuri, capogruppo del Pd in Regione Lombardia, dopo una riunione fra i gruppi di opposizione, ha chiesto che si vada «al più presto al voto», invocando «subito le dimissioni di Boni». Al coro degli scontenti si associano subito Idv, Sel e Udc. Roberto Menia, coordinatore nazionale di Futuro e Libertà, non ha dubbi: «Le notizie che giungono da Milano e che i Pm descrivono come sistema tangentaro e corruttivo Pdl-lega – scrive in una nota – rafforzano in noi la convinzione di aver fatto bene a rompere per riaffermare i valori della legalità e del patriottismo repubblicano»Ieri la martellata di Angelino Alfano, segretario del Pdl, che ha dichiarato che il partito andrà alle amministrative senza la Lega. Oggi il fuggi-fuggi e domani, nella sede di via Bellerio, i vertici della Lega si incontreranno per discutere dell’inchiesta su Boni. Intanto gli inquirenti danno un prezzo al presunto “bottino” della Lega: la somma delle tangenti (date o promesse) ammonterebbe a circa un milione e seicentomila euro.

LO SCARICABARILE DI FORMIGONI - Il Pirellone oggi scotta, starne all’ombra non è più sicuro e tutti si allontanano, a turno. Secco il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni: «Boni chiarirà in termini molto precisi la sua estraneità oppure farà passi conseguenti». Insomma, se ne esce pulito “bene così”, altrimenti dovrà dimettersi, come già fecero gli ex-assessori Pier Gianni Prosperini, Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni, indagati per corruzione in tempi non sospetti. Per i meno arguti, Formigoni cerca poi di essere più preciso: «In passato, quando qualcuno è stato accusato di aver arrecato danno alla Regione, è stato messo fuori gioco».

CHI NON RUBA IN COMPAGNIA… - Coinvolti nel domino innescato dal franare del Pirellone ci sarebbero anche diversi appartenenti al Pdl, più una decina di imprenditori, tra cui l’immobiliarista Luigi Zunino, che avrebbero chiesto un “rinforzino” ai politici per dare il via ai loro progetti edilizi, residenziali e commerciali. Inoltre, stando all’accusa, i vertici regionali della Lega erano a conoscenza dei versamenti illeciti. Soldi che, sempre secondo gli inquirenti, venivano poi riutilizzati dal Carroccio come finanziamenti elettorali. L’accusa ha le idee chiare anche sulla zona (o almeno, una delle zone) interessata dallo scandalo: si tratta di Cassano d’Adda, alle porte di Milano. A Cassano, tra il 2008 e il 2009, la Lega Nord avrebbe finanziato iniziative elettorali con parte delle tangenti incassate da imprenditori. Ma siamo solo all’inizio e come è presumibile pensare l’inchiesta e quindi anche la zona interessata dal giro di tangenti si allargheranno a macchia d’olio.

Raffaele d’Ettorre

 
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