Il rospo

e giacomino si sposa


"Si ma non è una cosa seria."Parafrasavo quel celebre film, anche se il Giacomino in questione sta realmente facendo una cosa seria. Prima di tutto si è presentato dal genitore maschio della futura sposa, una tenera donzella con cui condivide i sospiri da oltre quindici anni, e da tre condivide pure il tetto e il mutuo cointestato. Il genitore, ascoltata la richiesta ha posto un unico ed essenziale quesito “ma mica pensavi di portarmela indietro vero?”. E la sottoscritta si è sentita in dovere di rimarcare il concetto, spiegando al futuro cognato che “un mutuo per i prossimi venticinque anni è una garanzia sicura per non lasciarla mai”. E così Giacomino si sposa…La macchina infernale dei preparativi si è già messa in moto, con buona pace di tutti noi che dovremmo assecondare le richieste (extraordinarie) della sposina. Perché noi la sposina la conosciamo bene, sappiamo di che pasta dura sia fatta, sappiamo che tentare qualche rimostranza ci costerebbe assai, anche se, a dirla tra noi, mi farei più di una decina d’anni di galera per non dover assistere a tutto ciò. Fermata già la chiesa, la villa con l’annesso corpo catering, l’orchestra sinfonica per l’entrata in chiesa e il concerto bandistico per quando uscirà, affittato un discreto numero di bodyguard per prevenire che qualcuno osi sciupare il vestito “meringa chic” della donzella, addestrato i fanciulli addetti al lancio del riso. C’è pure l’(in)sana idea di far pervenire due colombe con le fedi nuziali. Ora, visto che l’acquisto di quei due cimeli verterà in toto sul mio esangue conto corrente, credo di poter aver voce in capitolo e oppormi fermamente che “due cosi da cinquecento euro l’uno vengano messi nelle falangi di due uccelli scagazzanti”. C’è un limite a tutto. Al massimo posso provvedere all’arrivo delle manett…ehm fedi scortandole personalmente al seguito di una muta di cani incazzati. Però l’idea non è stata di gradimento dalle Generalesse che non solo mi hanno bocciato l’ideona, ma ne hanno aggiunta un’altra. Tre erano le piccole damigelle scelte per: a) la distribuzione petali, b) scorta con la vita del sacro cuscino con le fedi, c) piccola vedetta lombarda del secondo mazzo di fiori (perché uno non basta, ce ne vogliono due in previsione che uno si secchi aspettando che la sposa si degni di arrivare). Una delle tre (un nome a caso: Iena) ha presentato la giustificazione su pergamena intestata, prestata da Sia Patata recante il sacro timbro di broccolandia, che “non intendo farlo per la quarta volta”, le altre due candidate non hanno i requisiti imposti dalla Sposa (sono sotto i 36 mesi e non hanno superato la prova “portare il cuscino ad occhi chiusi saltando su un piede solo”). E così, indovina indovina, chi sarà mai quella povera fessa che dinnanzi a 138 persone, varcherà la navata vestita di tulle rosa con in testa una graziosa coroncina di fiorellini? Esatto. Proprio così. Io. Alle mie rimostranze gli occhioni della futura sposa si sono riempiti di lacrime, mi ha accusato di non volerle fare un favore, l’unico (…) Quindi ho un anno di tempo per: farmi depennare dalla lista famiglia, far perdere le mie tracce e stabilirmi in Brunei, farle cambiare idea, diventare secca come un’acciuga in modo che lo svolazzante rosa pesca non mi faccia somigliare a pigly pig, contattare un sicario affinchè mi elimini senza lasciare traccia. Perché non è tanto per il pruriginoso vestito rosa, nemmeno per la coroncina di fiori bianchi assolutamente in rigor mortis da un giorno, nemmeno per i guantini di velo, no non è per quello, è per le scarpe. Pare che, se io sono un metro e una vigorsol, la FS sia ancora meno e l’altezza che raggiungo con i tacchi non è consona e porterei via spazio alla festeggiata. Come se a 35 anni essere bardata a festa come un tacchino, indossare una corona di fiori,  non sia già di per sé sintomatico di dito puntato. Aiuto.