come seta al vento

Post N° 184


E cosi alzò gli occhi assuefatti al buio, il corpo era intorpidito e la mente sembrava fissa sull’ultima immagine di vita che aveva vissuto.Poggiò i piedi sul gelido marmo, anche se ormai era quasi estate la stanza rilegata in quella perenne tenebra era fredda, di quello stesso fresco che si sente percorrendo i viottoli dei cimieri in agosto.Alzò la persiana su quel mondo che già da molte ore aveva cominciato a vivere, il sole era alto e i rumori quotidiani ora giungevano più forti ai suoi orecchi, una violenza che incrinava lo splendore di quel sogno ad occhi aperti, si rimise a letto.Dalla sua posizione guardava fuori, l’inclinazione della finestra le lasciava intravedere solo il tetto della vicina, il cielo azzurro e qualche cima di un albero troppo cresciuto…Ecco la visione che prendeva forma, da sempre faceva parte di lei, per anni aveva provato a capire il confine tra la realtà e l’immaginazione, tra il senso e la follia ma ogni risposta le risultava sempre troppo dubbia, sempre opinabile, sempre priva di quella certezza totale che lei invece tanto disperatamente cercava.Scivolò sempre più giù sotto il leggero copriletto, e le venne in mente che il giorno prima era stata sua madre a rifarle il letto, un cappio le strinse la gola, quando pensò alla sua vita senza di lei.Si rivoltò verso la finestra, il tetto e l’albero erano spariti ed avevano lasciato posto ad una collina coperta di grano con cima una casa bassa, bianca… una casa romana.Sorrise a quei due mondi che si erano incontrati ai suoi occhi, e si chiese per quanto altre estati avrebbe visto quella collina.Pensò alla notte prima, il ricordo la frastornava, quella donna seduta sul suo letto, lì immobile, si era spaventata aprendo gli occhi, nel vederla, indagò dentro se, chiedendosi se realmente li avesse aperti, se non fosse un altro sogno, un’altra collina, i pensieri la risucchiarono come un vortice e lei perse ogni cognizione travolta da tutti i suoi se.Non avrebbe avuto senso dichiararsi pazza, i pazzi non credono di esserlo, anzi, allora schizofrenica… non sapeva che nome dare a quella collina…Aveva smesso di guardare dalla finestra, ora il suo sguardo era stato attirato dallo schermo luminoso del suo cellulare, lo prese in mano, ma non mostrava segni di vita, si rintristì della sua solitudine e pensò che in fondo la pazzia l’avrebbe liberata dal suo dolore, da quei ricordi che la tormentavano di giorno e di notte. Guardo l’ora, era ormai tardi, si alzò nuovamente e salutò la sua tomba.