come seta al vento

Post N° 365


Comminava a passo veloce, la testa era ben nascosta tra le spalle alte e ricurve cercando di non permettere al freddo di ferirle i lembi di pelle scoperti. Erano le venti e, visto il coprifuoco, era uscita di corsa, si era precipitata nella strada ormai desolata dimenticando sciarpa e guanti sulla sedia.Camminava con la solita paura che ormai accompagnava la sua vita. I sensi lottando contro il gelo erano tesi ad ascoltare ogni rumore innaturale di quella realtà troppo barbara.Erano i vicoli a farle veramente paura: quegli angoli che proiettavano giochi di ombre sul cuore e su quella via già poco illuminata.Tutti i suoi incubi si nascondevano dietro quelle viuzze perpendicolari, l’infanzia le sembrò lontana e ancora più triste fu ricordarla. Un vecchio cartellone pubblicitario in una cornice di ruggine, era lì la sera del suo primo bacio, aveva sentito le increspature della colla sotto la carta che le solleticavano la schiena mentre, appoggiata al muro, aveva aspirato a grandi boccate profonde odore di inchiostro, colle e Marcus.Due superstiti del tempo: a lui, ormai sbiadito, non erano rimasti che pochi pigmenti di passato e a lei qualche colorato ricordo tra il bianco e nero dei suoi giorni.Si fermo. Una voce... sembrava un bambino. Ascoltò più attentamente e si rese conto che le voci erano tante, urla, urla di gioia, risa, non era possibile, non a quell' ora, non in quegli anni. Si sorresse contro il muro, si sentiva confusa, i suoni diventavano più forti, era spaventata, riconobbe Tom, lui aveva un modo sempre calmo e pacato di parlare e anche quando giocando rideva, il suono era di una tale armonia che non sentirsi felice era impossibile, Peter che imitava un indiano mentre  Rogger lo inseguiva fingendo di sparargli, il suono sordo della corda che schioccava a terra, le filastrocche di Mary e Anne mentre, i piedi di  Julie scandivano il tempo con salti regolari.Portò le mani calde, che fino allora aveva tenuto in tasca, agli orecchi, scrollò velocemente il capo, racchiuse i pugni in testa, quasi a voler colpire in pieno viso i suoni del passato, riaprì i palmi e pigiò le dita contro il cranio, avrebbe spremuto quelle voci via come il succo in un’ arancia e poi improvvisamente, come erano apparse, tutto svanì, e lei ritornò alla sua solitudine, al presente e alla sua tristezza.Asciugò gli occhi umidi, sistemò la giacca e riprese a passo sostenuto la sua strada.Si girò solo una volta per essere sicura di aver lasciato indietro i sui fantasmi e proseguì.