come seta al vento

Post N° 417


“Quando?” Il suo tono ondeggiava nell’aria come  una supplica rivolta a Dio, ma davanti a lei solo Lei.  E Lei  non sapeva davvero cosa rispondere mentre la rabbia lasciava spazio alla tenerezza ad intervalli incostanti. Le stava rendendo ogni cosa più difficile, non avrebbe mai dovuto osare metterla contro un muro, non a Lei.“Quando?” “ Non so, ma poi che domande  fai? Certo non mi sono svegliata una mattina e mentre sceglievo la maglietta ho deciso fosse finita. No. Non questo. Ma ora siamo qui perché è successo.”Tremava, si muoveva nervosamente sminuzzando in piccoli pezzi, la carta plastificata della gomma, preferiva tenere occupate le mani, si illudeva così di ingannare la mente. Ma le  parole di Lei si erano ben stampate in ogni angolo del cervello e poco importava cosa facessero le dita.La risposta ricevuta non esauriva la sua disperazione, non ritrovava in quelle parole nulla della Lei che amava, anche il Suo sorriso era sparito dietro il Suo viso contrariato.La conosceva abbastanza bene da sapere che Lei non amava obiezioni, le Sue decisioni erano piccole leggi imposte all’interno di un mondo circoscritto che era Suo regno indiscusso.Ora quelle domande, quella richiesta di spiegazioni la stavano innervosendo. Decise che era inutile continuare,  sapeva che qualsiasi cosa chiesta non avrebbe che aizzato la bestia in Lei.Aprì la portiera ed usci dalla macchina, mentre la chiudeva pensò che sarebbe stata l’ultima volta.La mano la diresse lentamente, non importava se la pioggia cadeva dal cielo come tante secchiate lanciate da un alto balcone, avrebbe assaporato per l’ultima volta quel gesto che aveva accompagnato gli ultimi due anni.Il suo pensiero fu risvegliato dal  clic sordo della chiusura . Era finita. Si trascinò verso il portone di casa.Passò sotto l’arco che aveva visto il loro primo bacio e l’ultimo addio e non si guardo dietro mentre sentì i motori riaccendersi e una macchina allontanarsi.Camminava sotto i cornicioni ampi e vecchi per proteggersi dalla pioggia, poi capì di essere morta, e proseguì tra i palazzi dove si poteva vedere il cielo.La pioggia cadeva e mentre il freddo si accaniva sul corpo bagnato, lei non percepiva nulla, sentiva solo un grande vuoto dentro.Era stata derubata. Lei le aveva rubato il futuro. Avevano dei progetti, insieme, come aveva potuto dimenticarli? Era colpa sua? O era colpa di Lei? Perché non l’amava più? Parlavano di sempre eppure ora camminava sola sotto la pioggia.Un impeto di odio l’avvolse e per pochi secondi le sembrò distintamente di sentire un caldo tepore, ma era odio senza radici, costruito sotto la pioggia, nato per salvarla, ma che mai le avrebbe cancellato i ricordi che si affacciavano da ogni angolo di quelle vie, che avevano insieme percorso in lungo ed in largo scoprendosi mentre scoprivano.Lacrime calde. Piangeva.Non era pronta. E i Suoi libri, il Suo odore, i Suoi disegni, il sole tra le persiane dopo che avevano fatto l’amore la domenica mattina, i Suoi vestiti, il Suo sorriso, i Suoi sogni, le Sue candele, la Sua musica… esisteva uno scatolone abbastanza grande in cui riporLa cercando di mettere ogni ricordo fuori dalla porta? Ora non sapeva ben distinguere chi l’avesse ingannata per prima, se la vita che le aveva concesso di credere che esisteva un Per Sempre o Lei che aveva smesso di amarla prima che  fosse pronta, pronta a pronunciare Addio senza sentirsi vuota dentro.  Era arrivata.Si sedete sul gradino in marmo consumato dal tempo, e poggiò la schiena contro il portone massiccio di quelle vecchie case.Senti il Tevere il lontananza o almeno preferiva credere di sentirlo.Un uomo in impermeabile e ombrello si affrettava verso di lei, ora le stava davanti mentre cercava qualcosa  al suono di parole farfugliate. Trovato l’oggetto dei desideri, aprì tenendo salda la presa della piccola chiave bagnata.“Signurì e lei non entra? Ca da fa’ sotto sta pioggia?”“Aspetto”. Sospira. “Vuoi  giovini siete tutti con la capa strana. Io chiudo allora.”“Chiuda chiuda. Non si preoccupi.” Tanto sono morta, pensò, mentre il pesante portone sbatteva chiuso contro la sua schiena.