come seta al vento

Post N° 427


Snodò la busta di plastica e con cura versò acqua e pesciolino nella vaschetta. L’esserino disorientato impiegò pochi minuti per familiarizzare con la sua nuova prigione e presto ogni cosa riprese i ritmi  usuali.Trenta anni. I capelli sulle spalle, secchi e rovinati da troppe tinte bionde, la pelle priva di luce e profumata di tabacco, la bocca grande sempre vestita di un rossetto rosso aggressivo e quel filo di ombretto chiaro  indossato di fretta sopra occhi spenti. Questi erano i trenta anni di Ariel.Era pensierosa Ariel mentre involontariamente tirava le somme della sua vita seduta sul  divano di pelle marrone, preso anni prima in un mercatino dell’usato.Quindici anni . Aveva passato esattamente metà della sua vita nella grande città. In tutti questi anni aveva continuato a sognare come da piccola tra il fieno. Sognava quella opportunità che non era mai arrivata, una calda accoglienza tra luci e fama e soprattutto sperava con il tempo di potersi lavare di dosso il puzzo di sterco, mosto e sangue caldo di maiali appena uccisi che aveva portato con se e che l’accompagnava anche quando lo smog della città annullava qualsiasi altro odore.E gli anni erano passati inesorabili. Si guardava allo specchio e rivedeva sua madre, bella come non mai, con il suo viso sempre stanco, ma felice. Prese dal cassetto disordinato un vecchio laccio blu e annodò i capelli in una coda, indossò una vecchia giacca di pelle rossa e una borsa di tela nera e si precipitò per le vie sotto un cielo grigio, tra alti palazzi grigi e sotto una grigia pioggia.Le mancavano i colori della sua terra.“ Io vado. Sono stufa di questo posto, di te, delle persone di qui. Siete solo dei codardi, avete paura mentre io voglio di più e mi merito di più. Guardati, sei sempre stanca, fai le stese cose da una vita e le farai per sempre, io non voglio finire come te.”“ Vai. Hai preso una decisione. Solo il tempo ti darà ragione o torto. Scrivimi ogni tanto.”Si fermo davanti la grande cassetta blu, estrasse dalla borsa una lettera e facendo attenzione che non si bagnasse la imbucò. Attese due minuti  a volersi assicurare che le sue parole fossero in buone mani, come una madre, che con lo sguardo accompagna il figlio che attraversa la strada, e poi proseguì verso la pizzeria, fra dieci minuti sarebbe cominciato il suo turno. Cara mamma,un altro compleanno senza la tua torta di crema.Ogni anno mi propongo di venire a farti visita, ma  non trovo mai la forza di comprare quel biglietto.Dicevi sempre che nella vita scegliere non è mai sbagliare, f a parte dell’esistere, sbagliato è fermarsi al bivio per paura.Mi ripeto queste parole ogni giorno cercando di convincermi che trovarmi qui ora, non è stato uno sbaglio, eppure non ci credo più.Arial.