come seta al vento

Ventura 1


L’ho appesa finalmente. Se ne sta lì, immobile, a fissarmi.Ho quasi trentaduenni, nessun segno di stempiatura precoce e  una laurea appesa al muro.Scrivere un libro era il mio sogno da bambino,  e quando si viene trascinati in un paesino di mille anime, ripescare dal cassetto impolverato un vecchio sogno, appare un’alternativa quasi allentante.Ero scappato, come tutti d’altronde, ma la tenacia materna dopo due anni di onorevole carriera da barista, si è munita di ombrello e cappotto ed è venuta  a riprendermi:“Un bar lo abbiamo anche in paese” ha sentenziato sedendosi comodamente nel suo posto sul treno.Eccomi qui, giovane e senza nessuna prospettiva.Ventura è alla fine del mondo, un check-point prima della vita o della morte, un’anticamera  dove sostare solo: qui o si nasce o si muore, niente altro.Da tre giorni sono seduto davanti al pc, alternando lo sguardo tra lo schermo luminoso e la finestra; dividendo equamente la mia attenzione tra il gatto virtuale del desktop e quello reale sul tetto dei vicini. Dicono che l’ispirazione arrivi all’improvviso e io aspetto.Ripercorro tutta la mia vita in cerca della giusta ispirazione e mi rendo conto che in tanti anni non c’è stato un solo evento degno di nota, uno che valga la pena  non dico di ispirare un libro, quantomeno un paragrafo, e così attendo mentre mia madre al di là della porta consuma il pavimento.Credo che una parte di lei si sia pentita  di essermi venuta a riprendere, in fondo la mia vita senza prospettive lontano dagli occhi, doveva certamente ferirla meno della mia schiena curva sul vecchio computer fisso di casa in contemplazione del nulla come dice lei, o in attesa della giusta ispirazione come preferisco definire la cosa io.Sopravviviamo in casa, ognuno consapevole dell’altrui presenza, pronti a scambiarci sguardi di rimprovero, ma incapaci a comunicare. Non so quando sia successo, quando abbiamo smesso di avere qualcosa da dirci o forse, quando le cose da dirsi sono diventate così tante da preferire il silenzio. Posate, piatti, bicchieri che tintinnano, giornalisti del tg: solo a pranzo i rumori infrangono la monotomia del  silenzio estivo disturbando i pensieri delle lucertole; voci affollano lo spazio, percorrendo veloci i vicoli,  si perdono nella piazza, l'unica.Ogni giorno assisto allo stesso spettacolo, tutto avviene senza attori e sono le voci a guidarmi, a tracciare un quadro chiaro anche se privo di figure.Zi’ Maria vive in due piccole camere di rimpetto alla Chiesa. Figlia di un comunista convinto e di una suora mancata, si è sempre sentita più Lara che Maria. Fu la prima a divorziare in paese, prima ancora che lo Stato contemplasse la possibilità, lei aveva lasciato il marito fannullone  e si era trasferita nelle due piccole camere dove aveva cominciato a modellar vasi.