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Elio Vittorini L’uomo e il mondo offeso


“L’uomo, si dice. E noi pensiamo a chi cade, a chi è perduto, a chi piange e ha fame, a chi ha freddo, a chi è ammalato, e a chi è perseguitato, a chi viene ucciso. Pensiamo all’offesa che gli è fatta, e la dignità di lui. Anche a tutto quello che in lui è offeso, e che era in lui, in lui, per renderlo felice. Questo è l’uomo”. Certamente, da questa citazione, estratta da Uomini e no, di Elio Vittorini può derivarci la convinzione che lo scrittore seppe intendere profondamente la condizione umana e sociale offese, il mondo offeso, come aveva iniziato a scrivere nel 1937 in Conversazione in Sicilia in cui qualitativamente poetico il suo discorso si incentra sul “genere umano perduto” che crede nell’offesa, nella guerra. Per questo e per altro che dirò continuo a sentire l’attualità di questo autore che riuscì a parlare a tanti nel recente ieri. Per i mali di sempre, gli offesi di sempre, i traumi della storia, Vittorini spese un’infinità di scrittura. Insegna con i suoi contenuti, insegna con il suo stile che spesso tradisce la concinnitas, ma rinnova la forma o – meglio  la inventa. L’uomo e il mondo offeso. Se l’uomo è offeso è offeso da un altro uomo, pertanto, si può pensare che Vittorini sentisse dentro la sua conoscenza sonante un verso della tragedia sofoclea Antigone, vale a dire: “Molte sono le cose terribili, ma niente è più terribile dell’uomo”. Le molte cose terribili che si sono verificate nelle sterminate stagioni trascorse e che si ripeteranno in quelle future, sono quelle che si identificano con gli accadimenti procurati dalla medesima, ineluttabile forza della natura, che punisce l’azione dell’uomo sbagliata.Questa nostra èra segna la più alta ripetitività di quella tragicità focalizzata nel lontano passato classico dagli scrittori tragici; è l’èra della tragicità sentita da Vittorini e fermata nella sua prosa lirica, poetica, aperta alle istanze sociali. Vittorini, che partiva “per vedere il mondo”, dalla Sicilia e che leggeva “per sapere del mondo”, per tanta scrittura prodotta (creativa, interpretativa) subì inevitabili polemiche, a volte, facili ed esagerate.